Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Amarcord … Mezzo secolo dal match del secolo !

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(Adolivio Capece)
Che strana sensazione ripensare dopo 50 anni a quell’estate del 1972, soprattutto a quei mesi di luglio e agosto che resteranno probabilmente irripetibili nella storia degli scacchi…

La sfida di Reykjavik in cui lo statunitense Bobby Fischer strappò il titolo a Boris Spassky, interrompendo la pluridecennale supremazia sovietica, attirò l’attenzione anche di coloro che non erano appassionati di scacchi e di coloro che neppure conoscevano le regole base del gioco, e per due mesi trasformò il mondo in una immensa scacchiera.
Le bizze iniziali di Fischer che fino all’ultimo momento sembrò non voler giocare, l’inattesa e sorprendente cifra in dollari che alla fine costituì la ‘borsa’ in palio, la sconfitta dell’americano per forfait nella seconda partita, il successivo clamoroso recupero e la vittoria conclusiva ‘prima del limite’, ovvero dopo sole 21 delle 24 partite previste, crearono in tutto il mondo un interesse quasi morboso intorno agli scacchi, avvolgendo Bobby in un alone di leggenda.

Possiamo dire che in quell’estate tutto il mondo imparò almeno i rudimenti di base, la ‘febbre’ per gli scacchi coinvolse persone di ogni età e ceto sociale e coinvolse pure molti celebri personaggi, basti citare Bono e Madonna che hanno successivamente dichiarato di aver imparato a giocare proprio durante il match.

E anche l’Italia non fu da meno: l’interesse per gli scacchi suscitato dal match Fischer-Spassky fu enorme, durante il mondiale i quotidiani con le partite e le notizie dall’Islanda andavano a ruba, e dopo l’estate vennero pubblicati molti libri, a volte scritti da autori che degli scacchi sapevano e capivano ben poco.
Inoltre in tutta la Penisola nacquero moltissimi nuovi club e non solo. Per esempio a Milano tra la fine del 1972 e il 1975, oltre ad alcuni Circoli veri e propri, si formarono sezioni scacchi nei Dopolavoro dei principali enti e delle principali società milanesi: dai Postelegrafonici ai Bancari, dalla RAI all’Enel. Perfino nel Tribunale venne creata una Sezione Scacchi che raccolse una quarantina di appassionati tra giudici, avvocati e procuratori.

In quei due mesi dell’estate 1972 ho commentato le partite nella sede della Scacchistica Milanese, ‘in diretta’ grazie al fatto che le mosse arrivavano via fax o telescrivente e devo dire che l’attesa tra una e l’altra mossa era davvero spasmodica e si sentiva la tensione nell’aria!
Inoltre ogni giorno raccontavo le partite, cercando soprattutto di spiegarle ai meno esperti, e commentavo le vicende del match per il quotidiano La Stampa di Torino.

A proposito, chi fosse interessato a questi articoli li può trovare nell’archivio storico del giornale.

Non è facile dare l’idea di quella che ho definito la ‘febbre’ per gli scacchi.
La sede della Milanese era allora al primo piano di un bel palazzo antico in pieno centro città, in via San Maurilio.
Immaginate un grande salone capace di ospitare un centinaio di persone, con in fondo la scacchiera murale …
Ad ogni partita tutto pieno! E chi arrivava tardi si affollava nel cortile sottostante da dove ovviamente sentiva solo il commento a voce, cercando di sbirciare coloro che seguivano la partita con piccole scacchiere tascabili o magnetiche.
E quando c’era la “partita sospesa”, tutti si mettevano a discutere sul possibile esito finale, restando spesso fino a tardi.

Nei giorni in cui in Islanda non si giocava ci si trovava comunque a rivedere le partite precedenti per commentarle, oppure si leggevano gli articoli dei tanti inviati per conoscere quelli che oggi definiremmo ‘gossip’.

Durante il match la sede della ‘Scacchistica Milanese’ fu anche affollata da giornalisti che cercavano spunti per un articolo: ricordo tra gli altri Natalia Aspesi, che oggi tiene una rubrica di posta con i Lettori sul ‘Venerdì’ di Repubblica. E poi molti altri che purtroppo ci hanno lasciato negli scorsi anni.
Per esempio c’era Ernesto Calindri, che girò nella sede uno spot del Cynar: gli scacchi erano uno dei suoi due hobby, l’altro i trenini elettrici, come risulta da un articolo su ‘Oggi’ del 12.01.1991.
E poi i ‘vip’ che sapevano giocare: politici come il radicale Gianluigi Melega, industriali come Giordano Zucchi (telerie), scrittori come Giuseppe Pontiggia, e molti artisti capeggiati da Arturo Schwarz.
A fine estate la ‘Scacchistica Milanese’ arrivò a contare oltre 800 soci, tra i quali il futuro sindaco Gabriele Albertini.

Io parlo per Milano, ma anche altre città, da Torino a Roma, da Firenze a Palermo, da Genova a Trieste, non furono da meno.
Ha scritto per esempio così Mauro Barletta ne ‘Una partita lunga un secolo’, il libro realizzato per il centenario di fondazione della Scacchistica Torinese:
Il 1972 è l’anno in cui milioni di persone imparano che quello strano gioco chiamato ‘scacchi’ non è soltanto il pretesto per passare una serata in casa con un amico. Una singolare concentrazione di fattori trasforma un incontro tra due fortissimi grandi maestri, Bobby Fischer e Boris Spassky, in un evento politico, mediatico e sociale: c’è l’americano contro il russo (in un pianeta ancora diviso tra blocco occidentale e blocco sovietico), c’è la favola del cavaliere solitario che sfida un intero apparato, ci sono i dollari, le manovre sotterranee, i capricci di Bobby.
Giornali e tv ci inzuppano il biscotto e per mesi gli scacchi compaiono nei titoli di testa. La febbre per il Nobil Giuoco sale a temperature mai registrate dai termometri: è l’effetto Fischer, che in Italia si traduce soprattutto nella moltiplicazione esponenziale dei praticanti.
Torino naturalmente viene presa dal vortice; non c’è un bar che non organizzi il suo piccolo torneo di scacchi per attirare clienti e farsi un po’ di reclame. E nel giro di poco più di un anno i soci della Torinese balzano da poche decine di unità a 380. Trecentottanta!”

La cosa più incredibile fu che in quei mesi di luglio e agosto si giocava davvero dovunque, nei bar e nei giardini, sulle spiagge e nelle baite alpine, ed era davvero divertente vedere chi aveva fatto un minimo di attività agonistica esibirsi per esempio in ‘simultanee’ improvvisate contro avversari che sapevano a mala pena come muovevano i pezzi, richiamando l’attenzione dei giornalisti della carta stampata e delle televisioni locali, che cercavano ogni occasione per parlare di scacchi …

Perfino Mike Bongiorno a fine 1972 sull’onda degli echi del match, volle gli scacchi nella trasmissione televisiva “Rischiatutto”: partecipò il milanese Angelo Cillo, che per 6 settimane rimase campione.
Possiamo ricordare che molti anni prima, nel 1959, alla trasmissione “Lascia o Raddoppia” aveva partecipato il celebre artista John Cage, che pure inizialmente si era proposto per il tema ‘scacchi’. Ma allora a Mike (e non solo a lui) il tema non interessava e Cage fu dirottato sui funghi.

Per dare un’ulteriore idea della atmosfera, mi piace ricordare quanto disse nel 2018 l’allora Presidente della Federazione Gianpietro Pagnoncelli in una intervista televisiva che gli venne fatta in occasione del decennale della morte Fischer:

“Ricordo bene quell’estate del 1972 quando Fischer strappò il titolo di campione del mondo a Boris Spassky a Reykjavik, in Islanda, dove Fischer oggi è sepolto: ero universitario, iscritto al Politecnico; abitavo fuori Milano e nel pomeriggio per tornare a casa andavo a prendere il bus in Piazza Castello.
C’era uno strillone che vendeva i giornali, allora c’erano quotidiani che uscivano nel pomeriggio: li compravo quasi solo per le notizie sul match che leggevo avidamente durante il viaggio.
Per gli scacchi quella sfida fu di eccezionale importanza: termini scacchistici come stallo, arrocco, salto del cavallo, da allora entrarono nel linguaggio comune”.

Purtroppo poi Fischer cominciò a non farsi più vedere, e così l’interesse dei ‘mass media’, soprattutto in Italia, e già pochi giorni dopo la conclusione del match, cominciò pian piano a scemare: si tornò ai problemi di tutti i giorni, soprattutto riprese il campionato di calcio …

Sintomo evidente che già qualcosa stava cambiando, almeno da noi, furono le Olimpiadi di Skopje in settembre: senza Fischer e senza Spassky non suscitarono interesse, così come non ebbe particolare risonanza la vittoria della squadra sovietica (in cui ricordiamo esordì Karpov).

Ma se su giornali e televisioni, salvo poche eccezioni, gli scacchi passarono presto in secondo piano, molti di coloro che avevano seguito il match continuarono ad occuparsi del gioco, a frequentare i circoli, a partecipare ai tornei, a trasmettere la propria passione ai figli.
Insomma, era la ‘moltiplicazione dei praticanti’ come l’ha definita Barletta. E presto il seme germogliò, portandoci campioni come Godena e Arlandi, tanto per citare solo due nomi.

L’arbitro Lothar Schmid si congratula con Fischer annunciandogli l’abbandono di Spassky nella 21ª partita (AP Photo/J. Walter Green)

Finito il match tra Fischer e Spassky, da molte parti si ipotizzò un incontro di ‘rivincita’, anche se questa possibilità era stata cancellata dalla Federazione Internazionale nove anni prima.
Comunque ci provarono la Scià di Persia, che offrì una ‘borsa’ di 2 milioni di dollari, Ferdinando Marcos delle Filippine, che offrì 3 milioni, e un ricco appassionato spagnolo, rimasto anonimo, che offrì addirittura 4 milioni per far disputare la ‘rivincita’ in terra iberica.
Ma non se ne fece nulla.

In compenso nel 1973 Fischer, come campione in carica, propose di modificare il regolamento del mondiale. La proposta prevedeva l’assegnazione del titolo non più al meglio delle 24 partite bensì al giocatore che per primo avesse ottenuto 10 vittorie, senza limite alle partite da giocare, ma con il match da considerare pari (con titolo al detentore) in caso di 9 a 9.

Nel 1974 una apposita commissione istituita dalla FIDE annunciò il regolamento per il mondiale 1975: match al meglio di 36 partite, vince chi per primo ottiene 10 vittorie, ovvero chi ha più punti al termine degli incontri previsti.
Fischer dichiarò subito che non avrebbe giocato.

Nel tentativo di salvare il mondiale, la FIDE convocò un congresso straordinario ai primi del 1975. Qui si accettarono tutte le proposte di Fischer, ad esclusione della clausola del ‘9 a 9’. Ma Bobby fu irremovibile, dichiarò che rinunciava al titolo e poi letteralmente scomparve.

Così il 12 aprile 1975 il presidente della FIDE, l’ex campione del mondo Max Euwe, lo dichiarò decaduto, assegnando il titolo per forfait al giovane sovietico Anatolij Karpov, che aveva vinto il torneo dei Candidati battendo Viktor Kortschnoj; quest’ultimo protestò per la decisione e chiese che la loro sfida fosse ripetuta e considerata valida per il titolo: richiesta respinta dalla Federazione Sovietica, per cui Kortschnoj decise di lasciare l’Urss.

Il ritiro di Fischer provocò nuovi cambiamenti al regolamento, su proposta sovietica, ratificati dal Congresso FIDE del 1976. Fu deciso di non porre limite al numero di partite da giocare, ma di assegnare il titolo alla sesta vittoria, senza possibilità di pareggio.
Con queste regole, come molti ricorderanno, si svolsero i match mondiali del 1978 e 1981 tra Karpov e Kortschnoj, e poi la prima sfida tra Karpov e Garry Kasparov, quella che fu fermata dopo 48 partite e anzi ‘annullata’. Ma questa è un’altra storia.


P.S.: le due immagini che vedete sono rispettivamente appartenenti a F.Olafsson e a J.Walter

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