Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

La “Scacheide di Michele Mazzanti, prete di Arezzo”

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Giulio Campi, Partita a Scacchi, 1530-1532

(Riccardo M.)
Oggi vi parliamo di un antico manoscritto italiano sugli scacchi. E, quando si parla di manoscritti di scacchi, il nostro pensiero non può non andare a colui che è stato il massimo esperto italiano, Alessandro Sanvito, scomparso il 19 ottobre 2020.

Nell’introduzione al suo benemerito lavoro “Scacchi manoscritti – raccolta di antichi documenti scacchistici europei” (ed. Caissa, 2008), il maestro “ad honorem” e storico milanese Alessandro Sanvito accennava al proprio desiderio di “di strappare a un divoratore insaziabile come l’oblio importanti lembi scacchistici del passato e salvare territori della memoria altrimenti insidiati lentamente ma inesorabilmente dall’abulia”.

Alessandro ha svolto in questo senso un lavoro ammirevole, a partire dal 1985 con “Scacchi in Lombardia” (FSI) per finire nel 2014 con “L’antica storia della Società Scacchistica Milanese” (ed. Le Due Torri, Bologna) con “i Codici scacchistici del Bonus Socius e del Civis Bononiae” (ed. Messaggerie Scacchistiche, Brescia). E tanto altro ancora. Giustamente il nome di Sanvito è assai conosciuto a livello internazionale, al punto che una raccolta di suoi lavori è stata pubblicata a Vienna nel 2011 dalla “Ken Whyld Association” col titolo “Festschrift Alessandro Sanvito” (“in onore di Alessandro Sanvito”).

Sanvito non è stato l’unico ad occuparsi di queste ricerche. Ricordiamo che “Messaggerie Scacchistiche” ha pubblicato nel 2017 anche un lavoro del professore fiorentino Franco Pratesi dal titolo “Scacchi dai manoscritti a internet” ed un altro dello stesso autore già nel 2006 (“Antichi documenti sugli scacchi a Firenze”). Sui pezzi in particolare del gioco, lo stesso Pratesi ha scritto “Scacchi da Venafro al futuro” (ed. Youcanprint 2017). Di Franco Pratesi noi abbiamo pubblicato “Scacchi italiani sulla retta via“.

E di manoscritti di scacchi, o meglio di uno dei più famosi, si è occupato anche, qui sul Blog, il nostro Roberto Cassano (fra l’altro autore, insieme a Mario Leoncini, de “L’Italia a scacchi, Guida turistica ai luoghi degli scacchi”, 2014): “Scacchia ludus del vida“.

E’ esattamente con lo stesso scopo espresso da Alessandro Sanvito, quello di strappare all’oblio lembi anche piccoli del passato degli scacchi del nostro territorio (e non solo) che sono stati pensati, preparati e pubblicati sul nostro Blog parecchi articoli che abbiamo presentato in questi anni su “UnoScacchista”.

Restando quindi nel campo degli antichi manoscritti, la rivista “La Scacchiera” (anno VI, 1954, n.1) faceva cenno ad un manoscritto di “54 carte” che era stato loro segnalato da un lettore di Imola (“ingegner Cacciari”), il quale a sua volta ne aveva avuto notizia dalla libreria antiquaria Galanti di Parigi.

In rete non ho trovato nulla intorno a quella libreria, pertanto potrei pensare ad un refuso e che il lettore di Imola, oppure il periodico milanese stesso, intendessero riferirsi alla ben nota libreria Galignani, sita in Rue de Rivoli 224, nelle vicinanze del Louvre. Questa seconda ipotesi è suffragata da alcuni elementi storici che la ricollegano all’Italia del 500 e che si leggono nel sito “iconmagazine.it”: “… le sue origini risalgono alla Venezia del ‘500 quando Simone Galignani pubblicò il primo libro, una grammatica latina. Nel XVII secolo Giovanni Antonio Galignani si trasferì prima a Londra e poi a Parigi aprendo una libreria …”. In rue de Rivoli la libreria Galignani si spostò nel 1856.

Qualunque sia la reale storia del manoscritto, prima e dopo il 1954, ecco cosa si scriveva in quel trafiletto anonimo della pregevole rivista milanese:

“… Esso porta il titolo “Scacheide di Michele Mazzanti prete Arq.no dove s’impara a giocare perfettamente a scacchi”. Il testo è preceduto da una dedica datata da Arezzo il 4 marzo 1583 ‘a Baccio Orlandini (*1) fiorentino, al presente Commissario deg.mo d’Arezzo, E’ diviso in dieci capitoli:

Come siamo d’ogni cosa illuminati,
Chi trovò li Scachi, in qual tempo, e perché,
Come si chiamano i Scachi et che forma hann,o
Come sia formato lo Scachiere, qual sia il luogo, il moto e l’offitio suo,
Qual sia il moto e l’offitio della Regina,
Qual moto degli Alfili et offitio loro,
Idem del moto, della forma et offitio del Cavallo,
Del moto, forma et offitio del Rocco,
Della forma et offitio di ciascheduna pedina,
Come si deve fuggire lo scaccomatto.

Il manoscritto non porta diagrammi né figure. Si tratta evidentemente di un trattatello di non grande importanza, contenente precetti elementari sul movimento dei pezzi. All’epoca della sua stesura stava per essere pubblicata in Italia la traduzione del Tarsia (*2), mentre alla corte estense il Romei (*3) già aveva dedicato alla principessa Eleonora d’Este il suo piccolo trattato. Il manoscritto del Mazzanti si inquadra in quell’epoca di rifioritura degli scacchi, che doveva portare i giocatori italiani del XV-XVI secolo alla più alta eccellenza nella scienza del gioco”.


Note:

  • (*1) Baccio Orlandini era stato, intorno agli anni 1576-1580, l’ambasciatore a Madrid del Granduca di Toscana Francesco I de’ Medici.
  • (*2) L’estensore di quell’articolo si riferisce alla traduzione italiana, da parte di Domenico Tarsia, della celebre opera del Ruy Lopez “Libro de la invencion liberal y arte del juego del axedrez …”, pubblicata in Spagna nel 1561.
  • (*3) In Italia infatti già aveva visto la luce, presumibilmente fra il 1565 e il 1568, pochi anni dopo il lavoro del Ruy Lopez, un trattatello del conte ferrarese Annibale Romei dedicato, appunto, “alla sig.ra Donna Lionora d’Este sig.ra et Padrona sua colendissima”. Di conseguenza, come ci ricorda Roberto Cassano, nel XVI secolo di “Scacheidi” o “Scaccheidi” ne furono scritte (o “scopiazzate”) più d’una.

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