Uno Scacchista

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Amos Burn e la sua spettacolare 33… Dg4!!

6 min read

(Riccardo M.)
Eh, sì, il tratto 33… Dg4!!, avutosi nella partita MacDonald-Burn del gennaio 1910 è stato definito da qualche giornalista “uno dei 10 più straordinari tratti nella storia degli scacchi”.
Molto si è dibattuto su tale mossa e qualcuno ha avuto pure l’ardire di affermare che Burn la giocò in quanto “non aveva altro in quella posizione”, visto che stava per soccombere. Come se quella mossa potesse venire a tutti in mente con facilità!

Forse oggi molti Grandi Maestri la vedrebbero in pochi secondi, è vero, ma ciò non toglie nulla alla sua bellezza. Senza alcun dubbio 33….Dg4 è un tratto divino, una delizia per gli occhi, un tratto da mostrare ai principianti per far sì che s’innamorino definitivamente del nostro gioco.

Se siete degli attenti lettori del Blog UnoScacchista, e lettori della prima ora (ormai ci conoscete un po’ tutti nel globo, mancando all’appello -se non erro- solo Madagascar e Suriname), non vi sarà sfuggito che di lui ho già scritto tempo addietro in occasione di un post sul “The Field”, post dal titolo “The column of The Field”, un foglio glorioso per la sua lunghissima rubrica di scacchi. Queste le mie parole:

“I proprietari del “The Field” nel 1913 avevano bisogno di un successore all’altezza di De Vère, di Steinitz e di Hoffer. Riuscirono a trovarlo: fu Amos Burn (1848-1925), allievo di Steinitz e giocatore noto per le sue raffinate capacità difensive. Burn si trasferì da Liverpool a Londra e abbracciò per 12 anni quel lavoro con lo stesso amore dei suoi predecessori, mantenendolo, come fu per Hoffer, fino al momento della morte”.

Ma torniamo a 33….Dg4!! Lo so, lo so, alla fine di questo articolo voi andrete a veder subito cosa dice “Stockfish”, o qualche altro diabolico motore, e sarà finita per voi la poesia. Lasciate stare ogni tanto i motori, vi prego, altrimenti non sarete più capaci di ammirare la bellezza del nostro gioco, altrimenti il giorno che l’arte degli scacchi sarà definitivamente soffocata e nascosta dai computers, per il nostro gioco potremo declamare un triste “de profundis”. E ricordiamoci che questa partita fu giocata nel 1910, quando gli scacchi erano ancora dominio di spericolati e fantasiosi pionieri che non avevano il supporto di nessuno, forse nemmeno della teoria.

Ma, prima della partita, parliamo un poco della carriera di questo giocatore inglese.

Amos Burn nacque il 31 dicembre del 1848 ad Hull. La sua famiglia si trasferì presto a Liverpool, dove lui, da ragazzo, fece l’apprendista in una ditta che operava nel commercio navale. Imparò il gioco soltanto a 16 anni e frequentò il Liverpool Chess Club. In seguito prese lezioni da Wilhelm Steinitz. Le mise a frutto così bene che a Londra nel 1870 sorprese tutti in un piccolo torneo classificandosi primo, davanti a Blackburne e alla pari con John Wisker, col quale perse però lo spareggio. Da Steinitz aveva appreso soprattutto l’arte della difesa, tanto che Aaron Nimzowitsch ne “Il mio sistema” avrebbe indicato Burn come “uno dei sei migliori giocatori di difesa del suo tempo”.

Il primo suo torneo di rilievo fu a Glasgow nel 1875, dove giunse 2°. In seguito giocò dei matches con Owen (11 vittorie a 6, con 3 patte) e con Bird (9 vittorie a testa).

I migliori risultati in torneo di Burn furono il primo posto a Nottingham nel 1886, il primo a Londra nel 1887 (alla pari con Isidor Gunsberg e davanti a Blackburne e Zukertort), la vittoria ad Amsterdam 1889 davanti ad un giovane Lasker, la piazza d’onore a Breslavia 1889 dietro Tarrasch, il 3°-5° posto a New York sempre nel 1889 (dietro Chigorin e Weiss), il brillante successo di Colonia 1898, quando mise in riga Charousek, Chigorin, Schlechter, Janowski e Steinitz, Il suo nome lo si legge anche nella classifica del più forte torneo di quegli anni, Hastings 1895, dove però si fermò al 12° posto con 9,5 punti su 21. Nel nuovo secolo lo troviamo 5° a Parigi nel 1900 e poi in Olanda, a Ostenda, dove fu 4°-6° nel 1906 e 5° nel 1907. L’ultimo torneo di Burn fu a Breslavia nel 1912, dove giunse ancora 12°, con 7,5 punti su 17.

L’americano Adrew Soltis ci ricorda come Burn sia stato per parecchi anni “il più forte giocatore inglese” e come uno dei suoi punti deboli fosse quello di accettare sempre tutti i sacrifici “per principio”. Di Burn viene riportato sui media un simpatico aforisma: “non ho mai avuto la soddisfazione di battere un avversario completamente in salute”.

Amos Burn, a parte quella mossa straordinaria di cui sto per parlarvi, resterà per sempre nei libri di scacchi e nella storia delle aperture per aver dato nome alla variante Burn della difesa francese (1.e4,e6 2.d4,d5 3.Cc3,Cf6 4.Ag5,dxe4). Il primo ad aver utilizzato questa linea fu in verità Albert Clerc contro Adolf Anderssen (Parigi 1878), ma Burn la replicò 10 anni dopo a Bradford e numerose altre volte, con uno score positivo di nove vittorie, un pareggio e cinque sconfitte.

Su di lui esiste un voluminoso lavoro del maestro internazionale svizzero Richard Forster, pubblicato nel 2004: “Amos Burn, A Chess Biography”, che ebbe la prefazione di Viktor Korchnoi.

Si tratta di un’opera davvero importante, di ben 971 pagine, ed è stato proprio Forster che, avendo trovato la partita commentata su un numero del “Morning Post” del 17 gennaio 1910 e avendola mostrata alle pagine 689-691, ha reso famosa questa partita e questo tratto di Burn. Prima di allora era sfuggita ai più (come chissà quante altre centinaia di mosse spettacolari!).

Edward Winter, in un articolo apparso su ChessBase nel 2011, ricordava i nomi dell’articolista Tim Krabbé, che inserì “33… Dg4” fra “le 10 mosse più fantastiche mai giocate” e del GM olandese Hans Ree, il quale, in una recensione del lavoro di Forster, scriveva che “quella grande mossa deve trovar posto nella collezione delle più incredibili mosse mai giocate”. Lo stesso Ree, nei suoi commenti alla partita, faceva rilevare come MacDonald avrebbe dovuto replicare allo scacco in f3 con il tratto 35. Rg3, grazie al quale probabilmente sarebbe riuscito a far sua lo stesso la partita.

Insomma, gli scacchi a mio parere non sono soltanto “mosse”, sono anche “movimenti” e “momenti”, e sono in certi casi pure fortuna (come ammise subito lo stesso modesto Burn). Io certamente pagherei un bella cifra per un viaggio nel tempo che mi potesse riportare a quegli istanti di Liverpool del gennaio 1910 per vedere il movimento della mano di Burn prendere la sua Regina e posarla in g4, e vedere i movimenti del viso, e degli occhi in particolare, dei due protagonisti, e poi ascoltare a fine partita dalla loro voce i loro pensieri.

Amos Burn intorno al 1920

Dal “Morning Post” del 1910 passiamo al “West London Observer” del 27 novembre 1925 e leggiamo insieme: “il noto maestro di scacchi Amos Burn è morto improvvisamente nel suo appartamento a Brook Green, Hammersmith, mercoledì 25 novembre. La sera precedente aveva un amico a cena e stavano a tavola parlando di problemi degli scacchi…. allorché Burn si portava una mano alla testa lamentando di avere dolore. Alzatosi dalla sedia barcollava e cadeva, il suo amico lo ha sorretto evitando che finisse nel fuoco acceso. Un medico, residente nello stesso palazzo, è stato immediatamente chiamato: Burn aveva avuto un ictus…. le sue condizioni erano senza speranza ed è morto alle 14,00 del giorno dopo”.

Amos Burn aveva quasi 77 anni e stavolta non poté trovare la mossa miracolosa e fortunata in grado di far girare le sorti di questa difficilissima partita. Ma Dg4 resterà lì per sempre, spettacolare e immortale.

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2 thoughts on “Amos Burn e la sua spettacolare 33… Dg4!!

  1. Antonio, la ringrazio personalmente e a nome degli amici della Redazione. Vedrà che fra gli articoli che seguiranno nei prossimi mesi ne troverà ancora tanti altri di suo gradimento!

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