Il più forte torneo di tutti i tempi? (3)
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(Riccardo Moneta)
Eccoci alla terza puntata di questa rubrica. Le due precedenti sono state pubblicate il 6 e 28 gennaio del 2020. Perdonateci l’attesa (ma la bandierina non è ancora caduta!). Può essere questa la volta buona nella caccia al torneo più forte di ogni tempo. Conoscete un po’ di storia degli scacchi, sì? E allora vi brilleranno gli occhi nel leggere i nomi dei partecipanti così come sono apparsi ad un fotografo di Nottingham un pomeriggio di agosto del 1936:
Seduti (da sinistra a destra) ci sono: Thomas, Lasker, Capablanca, l’organizzatore del torneo Derbisher con a fianco la moglie, Euwe, Alekhine e Winter.
In piedi (da sinistra a destra) vedete: Fine, Tartakower, Vidmar, Bogolyubov, Taylor, Alexander, Flohr, Reshevsky, Botvinnik e il capo-arbitro Mackenzie. Si giocò dal 10 al 28 agosto presso l’Università di Nottingham.
Che torneo, signori! Uno scontro generazionale incredibile. C’erano già stati leggendari tornei nel secolo (come San Pietroburgo 1909, Londra 1922 e New York 1924), ma per la prima volta a Nottingham 1936 s’incrociavano quattro uomini che avevano detenuto il titolo mondiale: José Raul Capablanca, Alexander Alekhine, Max Euwe (in carica) ed Emanuel Lasker, più un quinto che lo avrebbe detenuto successivamente (Mikhail Botvinnik). Se a quei 5 aggiungiamo Fine, Reshewsky e Flohr, ecco che abbiamo i migliori 8 del tempo.
Peccato sia mancata la ciliegina sulla torta, ovvero la presenza di tutti i primi dieci al mondo con (secondo le successive valutazioni di Chessmetrics) la partecipazione di Keres e Lilienthal al posto di due dei 4 inglesi. Il ventunenne estone Paul Keres ebbe infatti un 1937 eccezionale, con i successi di Tallinn, Margate, Ostenda e Praga, mentre il moscovita Andor Lilienthal negli anni ’30 aveva soprattutto meravigliato coi risultati delle Olimpiadi per la sua Ungheria: 7 vinte e nessuna persa a Folkestone ’33, 11 vinte e nessuna persa a Varsavia ’35, 9 vinte e 2 perse a Stoccolma ’37. Sì, davvero troppi i quattro inglesi a Nottingham, e tra l’altro pattarono tutte le partite tra loro. Pazienza, sarà per un’altra volta.
“L’Italia Scacchistica”, nel numero di ottobre di quell’anno, titolò “Il torneo dei Campioni”, così commentandolo: “Questo torneo, tanto atteso, ha dimostrato che nel momento attuale non vi è nel mondo un giocatore che sia realmente superiore a tutti gli altri. I quattro campioni ed ex-campioni del mondo ed i quattro aspiranti al campionato si sono classificati ai primi posti, con la sola differenza fra di loro di un punto e mezzo. Botvinnik e Fine sono riusciti immuni da sconfitte. Capablanca, pur vincendo il torneo alla pari con Botvinnik, ha perduto la partita con Flohr ed ha corso seri pericoli in quella con Alekhine: anch’egli quindi non è ritornato l’invincibile campione di una decina d’anni or sono. Flohr ha deluso per le tre sconfitte ricevute, due delle quali con gli inglesi rimasti ultimi in classifica. Il veterano Lasker ha meravigliato il mondo con la sua resistenza, mentre Bogoljubov sembra in declino definitivo: con i primi nove classificati ha fatto solo due patte perdendo le altre 7 partite!”
L’avvio del torneo fu assai felice per il campione olandese Max Euwe, con Botvinnik e Capablanca a lungo ad inseguire. Narra un aneddoto che una sera il maturo Lasker (68 anni) sia andato a trovare il giovane Botvinnik e che con lui si sia espresso più o meno così: “Dal momento che ora vivo a Mosca e mi sento quasi un rappresentante dell’Unione Sovietica, penso che sia mio dovere giocare domani per vincere contro Euwe, anche perché avrò i pezzi bianchi ….”
“Caro dottor Lasker, penso che sarà buona anche una patta!” replicò Mikhail.
“Oh, ma allora il mio compito è più semplice!” chiosò Emanuel.
Lasker batté davvero Euwe, dando una mano decisiva ai suoi due inseguitori. Eccovi la partita, che è stata pure l’ultima partita di Lasker contro un campione (o ex campione) del mondo.
Bravo il maturo Lasker, ma la 23…. Aa5??, brutalmente perdente, davvero non è stata mossa da campione del mondo, e probabilmente Euwe non riuscì a digerire il colpo arrivatogli da questa topica e da questa sconfitta.
Lasker tuttavia terminò solo ottavo a Nottingham, rimanendo, a 68 anni, un po’ lontano dalla prova della sua gagliarda coetanea Edith Holloway (1868-1956), che in un salone a fianco, negli stessi giorni, vinceva per la seconda volta (la prima era stata nel 1919) il British Women’s Championship.
La Holloway passò alla storia per essere stata la prima donna, a Parigi nel 1924, a giocare in una Olimpiade “open” (e neanche tanto male: +2,=9,-2).

Torniamo a Botvinnik, co-vincitore con Capablanca, a sorpresa ma non troppo, di Nottingham 1936. Sintomatico delle attese che c’erano in Unione Sovietica fu il commento uscito sulla Pravda subito dopo la conclusione del torneo, il 29 di agosto:
“Questa vittoria del giovane sovietico è molto significativa… Gli scacchi sono diventati uno dei fattori più importanti nell’educazione culturale delle masse. E’ un gioco che si colloca al confine tra scienza e arte, sviluppa metodologia e coerenza, capacità analitiche e immaginazione creativa. Ma prima di tutto gli scacchi sono una lotta, che richiede resistenza, perseveranza, determinazione, volontà di ferro per raggiungere la vittoria. Il nostro Paese protegge i suoi campioni, li circonda con cura ed affetto, lo Stato offre loro l’opportunità di sviluppare il talento, di migliorare. E abbiamo il diritto di aspettarci che la vittoria di Botvinnik porterà a una nuova ondata di campioni, alla conquista di altezze ancora maggiori nell’arte degli scacchi”.
Normale l’entusiasmo della Pravda, essendosi trattato, per gli scacchi, del primo importante successo sovietico fuori dall’Unione Sovietica. Altrettanto normale era che Botvinnik, dopo tale articolo, si sentisse in obbligo di ringraziare il suo patron, ovvero lo Stato, ovvero Stalin. Questo fu il suo riscontro:
“Al comitato centrale del PCUS, al Compagno Stalin. Caro, amato nostro insegnante e leader! Consapevole della mia grande responsabilità, sono andato al torneo internazionale di scacchi a Nottingham per difendere l’onore dell’arte degli scacchi sovietica nella più importante competizione che il mondo degli scacchi ha conosciuto negli ultimi anni. Un ardente desiderio di sostenere l’onore dello scacchismo sovietico mi ha fatto mettere in campo tutte le mie forze, tutte le conoscenze, tutte le mie energie. Sono infinitamente contento di poter dire: il rappresentante dell’arte degli scacchi sovietica ha condiviso il primo posto nel torneo insieme all’ex campione del mondo Capablanca. E’ accaduto solo perché ho sentito il sostegno di tutto il mio paese, la preoccupazione del nostro governo e del nostro partito e, soprattutto, delle cure quotidiane che voi, nostro grande leader, mostrate per elevare a un livello senza precedenti la nostra grande patria ….. e la nostra costruzione socialista…. Sono contento di essere riuscito a rendermi utile in questa piccola area che il nostro Paese mi ha affidato”.
Caspita! Potevano essere parole uscite dal cuore e dalla testa di Botvinnik, sempre sensibile ai rapporti con la patria politica. La lettera fu scritta in verità da un suo accompagnatore, tal Nikolaj Vasilevic Krylenko (1885-1938).
Costui era niente altro che il commissario del popolo alla giustizia, un uomo potente che aveva introdotto il criterio secondo cui la pena poteva essere allungata o abbreviata direttamente dalle autorità dei lager senza alcun intervento di tribunali, e un uomo che aveva anche cercato di convincere Stalin che gli omosessuali non fossero semplicemente dei malati (pensiero comune per l’opinione pubblica ben pensante dell’epoca), ma dei veri e propri criminali. Krylenko verosimilmente alzava il tiro per paura, dal momento che sua sorella Elena, una nota pittrice, viveva negli Stati Uniti, dove nel 1924 aveva sposato un noto trotskista americano, Max Eastman. Nikolaj Krylenko fu tra coloro che caddero vittime delle purghe staliniane: arrestato, venne fucilato come “nemico del popolo” nell’estate del 1938 e sostituito nel suo ruolo da un nome ancor più noto: Lavretntij Berija. Krylenko sarebbe stato poi riabilitato nel 1956 (per mancanza del “corpus delicti”!) … così talvolta va il mondo.
Quei complimenti della Pravda facevano indubbiamente comodo a Botvinnik, ma forse Mikhail avrà apprezzato di più questo commento del campione in carica Euwe a fine torneo: “Botvinnik? Un giocatore di prim’ordine con un’assoluta padronanza di tutte le fasi del gioco”.
Ed è appunto ora di tornare, per concludere, al torneo di Nottingham, che vide svolgersi, tra tante belle partite, anche un fatto più unico che raro: due scacchisti che giocarono tutta la loro partita senza salutarsi e stringersi la mano né all’inizio né alla conclusione del gioco; non solo, ma evitarono accuratamente di stare alla scacchiera uno di fronte all’altro per un solo secondo: Capablanca faceva la sua mossa e lasciava il tavolo, subentrava Alekhine che faceva la stessa cosa e così fino alla fine, senza incrociarsi neppure una volta: vinse Capablanca quella strana partita.
Alexander Alekhine, autore di un bel volume sul torneo di Nottingham, tradotto in varie lingue, si sarebbe invece ripreso la sua rivincita molto presto, nel 1937, quando, alla sera dell’8 di dicembre, ad Harlem, Max Euwe fermò l’orologio che scandiva i tempi della combattuta ventiduesima partita del loro match, abbandonandola e lasciando di nuovo ad Alekhine il titolo di campione del mondo.
W.H. Watts nella introduzione al libro del torneo parlava esplicitamente del torneo di Nottingham come della “competizione di scacchi più importante finora vista nel mondo”. E ancora nel 1959 J.Hannack nella sua biografia di Emanuel Lasker scriveva che Nottingham ’36 era stato “il più grande torneo di scacchi di sempre”. Bene: un buon candidato per la nostra classifica finale. Alla prossima puntata!