Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Il Torneo Internazionale di Venezia del 1967

4 min read

(Tristano Gargiulo)
A distanza di diciassette anni dal grande torneo di Venezia del 1950, vinto da A. Kotov davanti a giocatori del valore di Smyslov, Szabo, Rossolimo, e, tra gli italiani, Nestler e Paoli, il circolo scacchistico veneziano “Carlo Salvioli” si propose di riportare nella città lagunare gli scacchi di alto livello, in concomitanza con il Congresso della Fide.

Organizzò pertanto un torneo internazionale ad inviti che, grazie al cospicuo sostegno finanziario offerto dal Casinò Municipale, si svolse, dal 21 ottobre al 5 novembre 1967, nelle prestigiose sale ‘Wagner’ (dove morì il grande musicista nel 1883) di Ca’ Vendramin Calergi, sede invernale del casinò, magnificamente affacciata sul Canal Grande.

Tra i 14 partecipanti, spiccava l’allora campione del mondo, l’armeno Tigran Petrosian. Il tabellone annoverava poi l’olandese J. Donner, il cecoslovacco L. Pachman, l’americano L. Evans, il peruviano E. Canal, lo jugoslavo D. Janosevic, l’ungherese L. Lengyel, lo svizzero J. Kupper, il francese S. Zinser, l’austriaco K. Robatsch, e gli italiani S. Tatai (fresco vincitore del suo terzo campionato italiano), E. Paoli, R. Calapso e A. Magrin. Tutte le partite furono raccolte nell’elegante libro del torneo, curato da Enrico Paoli, con molti commenti degli stessi partecipanti.

Attorno alla scacchiera gigante in vetro di Murano di Max Ernst: da sinistra Tatai, Janosevic, Donner, Pachman, Robatsch, Lengyel, Zinser, Evans, Kupper, Paoli, Canal, Petrosian, Magrin, Calapso (foto dal libretto del torneo)

Petrosian, già pronosticato sicuro vincitore fin dall’inizio, non attraversava un buon periodo di forma. Era un giocatore dallo stile roccioso, che concedeva poco agli avversari ed era considerato uno dei Grandi Maestri più difficili da battere. Ma veniva a volte superficialmente giudicato un po’ troppo incline alle patte, almeno da quando doveva sostenere, agli occhi di tutti, il peso non lieve della corona mondiale – soprattutto in un decennio in cui la platea dei giocatori più forti si era accresciuta dei nomi del danese Bent Larsen e dello statunitense Bobby Fischer, che sembravano avere tutte le carte in regola per aspirare a quel titolo che i sovietici detenevano dal 1937.

Petrosian al torneo di Venezia del 1967

Si sbaglierebbe però a pensare che il suo solido, profondo, raffinato e originale stile posizionale, per il quale era famoso, rifuggisse dagli spunti combinativi, che, se non frequentissimi, sapevano essere molto brillanti. Nel profilo che di Petrosian delinea nel 3o volume de I miei grandi predecessori, G. Kasparov identifica il suo ‘marchio di fabbrica’ nel sacrificio posizionale della qualità: «sacrificando la qualità ‘così per niente’, per un qualche vantaggio a lungo termine, Petrosian trovava delle risorse nascoste che nessun altro era in grado di vedere né di valutare».

Il libretto del torneo, curato da Enrico Paoli

L’inizio del torneo vide presto una fuga in avanti di Jan Donner e Larry Evans, che procedettero di conserva fino al settimo turno lasciando dietro di mezzo punto Petrosian. L’ottavo turno era quello dello scontro diretto. Avevano entrambi 6 punti. Prevalse Donner, dopo una combattuta partita d’attacco. Il turno successivo lo opponeva al campione del mondo, in un secondo, e ancor più determinante, scontro diretto. All’uscita dall’apertura Petrosian aveva due pedoni in più, che il Nero aveva sacrificato senza ottenere nessun reale compenso, e i giochi sembravano fatti. Ma nel seguito della partita Petrosian «giocò con grande insicurezza, restituì un pedone, rimanendo con gli alfieri di colore contrario, e ad un certo punto non era più possibile vincere» (L. Pachman). Donner seppe poi mantenere fino alla fine la testa della classifica da solo, chiudendo con 11 su 13, seguito da Petrosian e Evans con 10.

Tatai contro Kupper (Foto di Tristano Gargiulo)

Ecco le due partite che hanno deciso il torneo:


Tigran Petrosian (Foto di Tristano Gargiulo)


Magrin-Canal (Foto di Tristano Gargiulo)

Tra gli italiani merita una menzione speciale il Maestro palermitano Remo Calapso, che conseguì un risultato di assoluto prestigio pattando con il campione del mondo.


A questa partita è legato un divertente aneddoto, che lo stesso Petrosian raccontò così in una rivista russa di cui era direttore (Šachmatnaja Moskva): nel libro del torneo se ne legge questa traduzione  (p. 52):

«Non ero neppure rimasto molto turbato per la patta con il sessantacinquenne giocatore italiano Calapso, scacchista non di levatura internazionale.
Come avete fatto a pattare con lui?!
” – mi disse Janosevic – “Vi farò vedere io come si deve giocare con gli ultimi in classifica.

Pochi giorni dopo Calapso e Janosevic erano di fronte e già alla 20a mossa il Nero aveva il lato di Donna completamente paralizzato, e infatti dopo poche mosse il Grande Maestro jugoslavo abbandonava».


In quegli anni Calapso si vedeva spesso al circolo romano Branca. Quando su richiesta di qualcuno mostrava sulla scacchiera davanti a sé le mosse della sua patta con il campione del mondo, gli brillavano gli occhi.

About Author

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: