I Tornei Internazionali di Scacchi del Banco di Roma: Edmar Mednis
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(Antonio Monteleone)
Un americano a Roma o un americano a Parigi? Scelta dura, ma perché scegliere? Iniziamo dal secondo, perché non si può far a meno di chiudere gli occhi e pensare all’omonimo poema sinfonico di George Gershwin, che diede vita a una fusione tra la musica classica e il jazz nel tentativo di dar vita ad una musica moderna. Questo ebbe la sua massima espressione con la composizione “Rapsodia in blue” che è quella che più mi viene in mente quando penso a lui, soprattutto con il coinvolgente assolo di clarinetto iniziale letteralmente da brividi.
E passiamo poi al primo, con l’omonimo film anni Cinquanta con protagonista il nostro Albertone, dove venivano descritti il mito e il sogno americano che molti italiani, soprattutto i giovani, avevano all’epoca e in quelle immediatamente successive. Descrizione dell’italiano medio che Alberto Sordi sapientemente riuscì poi a dare in decine di film, alcuni scanzonati ed altri con dei finali agrodolci, rappresentando, ed in alcuni casi anticipando, alcuni fenomeni di costume che tanto ci hanno contraddistinto.
Ed eccoci al “nostro” americano: Edmar Mednis che partecipò all’ottavo Torneo Internazionale di Scacchi del Banco di Roma nel febbraio del 1984 e per questo, a tutti gli effetti, “Un americano a Roma”.
Giocatore di esperienza e non più giovanissimo, a noi romani evocava il famoso “Zio d’America” che ognuno sperava uscisse all’improvviso da qualche parentela lontana e dimenticata, figura immaginaria che ci veniva ricordata dal mitico locale omonimo di Talenti dove, negli anni Settanta, venne creato uno dei primi “All you can eat” che era letteralmente assaltato dai giovani; il locale è tutt’ora esistente.
Mednis era di origine lettone e si trasferì negli Stati Uniti nel 1950, come molti giocatori dell’Est Europa fecero e continuano a fare. Giocatore non di primissimo piano, si ricorda soprattutto per aver sconfitto, giocando con il Nero, il grande Bobby Fischer.
Vittoria di prestigio, ma ottenuta sicuramente contro un giovanissimo Fischer non ancora ventenne e ancora un poco acerbo.
Ma cosa ti fa quel furbone di Mednis? Nel 1975 pubblica il libro “How to beat Bobby Fischer”, riportando 61 sconfitte dell’oramai ex-Campione del Mondo e riportando questa sua unica vittoria contro di lui: chissà, forse tra i due non c’è stata poi una gran simpatia!
Nel nostro Torneo A, inizia bene sconfiggendo un poco fortunosamente, al primo turno, il GM spagnolo Rivas Pastor, autore di un autentico infortunio finale.
Cosa vi ricorda? Sì, lo so, quella è una partita rapid abbastanza recente con il Bianco in posizione completamente vinta, ma la similitudine con “l’auto matto” che il Re si va a prendere è veramente impressionante, con un Anish Giri pronto ad approfittarne e a esibirsi con il suo classico soffio a ratificare lo scampato pericolo.
Nella partita di Mednis l’errore del Bianco è ancora più eclatante, visto che era con tempi di riflessioni standard, a dimostrazione che a volte bisogna semplicemente accettare il risultato maturato sulla scacchiera senza intestardirsi nel tentativo di cercare di provocare l’errore dell’avversario, perché dietro l’angolo c’è sempre il Karma che ti aspetta.
Nei turni finali, due vittorie lo porteranno al ridosso dei primi, con la caratteristica che anche queste si avranno con la conduzione dei pezzi neri.
L’ottavo turno è quello che deciderà il torneo: Mednis sconfigge il nostro idolo, Jozsef Pinter, escludendolo dalla lotta per i primi posti e consegnando le prime due piazze a Sax e a Tatai.
Una bella vittoria che ha impreziosito il suo torneo e lo porterà ad arrivare sesto per spareggio tecnico a 5 punti, mentre il torneo lo vincerà Sax, con Tatai a parimerito, con 6 punti.
Certo, non una prestazione indimenticabile, ma Mednis era oramai a fine carriera e ha dimostrato che qualche buon colpo ancora lo aveva in canna.
Un americano a Roma che non ci ha entusiasmato, ma che poteva vantare quella vittoria prestigiosa con la quale raccontare con orgoglio di aver battuto un futuro Campione del Mondo che poi si è rilevato essere un autentico genio delle sessantaquattro caselle. Chapeau monsieur Mednis, chapeau.