Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

I Tornei Internazionali di Scacchi del Banco di Roma: Karl Robatsch

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Karl Robatsch a Utrecht nel 1961 (Foto dall'Archivio Nazionale olandese - ANeFo)

(Antonio Monteleone)
Nel 1980 e nel 1982 partecipò ai nostri Tornei del Banco di Roma, l’esperto Grande Maestro austriaco Karl Robatsch.
Diciamoci chiaramente che la sua apparizione non fu proprio da incorniciare, visto che nei due tornei finì nella parte bassa del tabellone, realizzando in entrambi appena sette punti equamente distribuiti per torneo, riuscendo a vincere solo una partita, pattandone ben dodici e perdendone cinque.

Era uno di quei giocatori maturi che avevano superato la cinquantina, come Benko, Unzicker e Soos, che vantavano il titolo di Grande Maestro, con un buon ELO, ma che avevano perso lo smalto dei giorni migliori e, forse, erano stati invitati per dare qualche chance in più ai nostri giocatori di poter raggiungere l’agognata norma di GM. Naturalmente, tra questi cinquantenni ce n’era uno che in realtà continuava a vincere e a giocare con lo spirito giovanile, ma fu un esempio di longevità scacchistica quasi unico e del “Terribile Victor” avremo modo di parlare in futuro.

In ogni caso, la storia di Karl vale la pena di essere raccontata perché fu il terzo giocatore, dopo Ernst Grünfeld e Erik Eliskases, a diventare Grande Maestro in Austria, nel 1961, e perché legò il suo nome ad una delle Difese Ipermoderne più elastiche a disposizione del Nero, quella identificata dalle mosse iniziali

con possibilità di tanti rientri in altre aperture, visto che la stessa sequenza può essere indifferentemente usata contro tutte le prime mosse del Bianco. Conosciuta anche con un altro nome quale Difesa Moderna (il più usato), la Difesa Robatsch fu da lui impiegata con un certo successo tra gli anni Cinquanta e Settanta, grazie anche alle notevoli doti tattiche del Karl giovanile, e questa rivisitazione, con l’aggiunta di qualche idea, fece sì che il suo nome venisse legato indissolubilmente a questa apertura, come per Benko con il suo famoso Gambetto.

Nel 1960, alle Olimpiadi di Lipsia, prese la medaglia d’oro per i risultati conseguiti in prima scacchiera, davanti a Tal e Fischer, realizzando ben 13,5 punti e uno strepitoso 84,4% di score! Certo, con l’Austria che navigava nelle parti basse del tabellone, sarà stato favorito negli accoppiamenti rispetto ai noti rivali, ma il risultato rimane notevole e in ogni caso resta lì nel palmarès dei risultati importanti, con la bella scritta “Medaglia d’Oro” e il suo nome accanto. Prestazione impreziosita da una sua prestigiosa patta contro Tal, fresco Campione del Mondo, conseguita giocandogli un sacrificio di pezzo, a dir la verità dubbio, in puro stile del suo grande avversario.



Però, che coraggio! Sacrifico un prezzo contro Tal, lo porto fuori dalla sua “Comfort Zone” e rischio anche di vincere. Non male per un giocatore che all’epoca era ancora un Maestro Internazionale!

Lo stesso anno, poi, Karl vinse il suo primo, e unico, Campionato Austriaco e quello successivo, come già citato, conseguì il titolo di Grande Maestro.

Insomma, un bel giocatore con una storia non banale che si presentava con la tranquillità di chi non aveva più nulla da dimostrare, ma con alcuni spunti ancora decisamente interessanti.



Eccolo esibirsi, poi, in una tagliente Siciliana contro il nostro GM Nazionale, dando vita a una partita interessante.


Che ne dite? Una partita finita patta ha i suoi spunti d’interesse? Una partita vera, ben interpretata dai due contendenti che non hanno avuto paura a giocarsela all’ultimo sangue, nonostante non fossero più giovanissimi. Bell’esempio di combattività.

Al sesto turno eccolo scontrarsi contro la “sua creatura”.


Infine, ancora un pareggio combattuto con una delle partite più lunghe del torneo.


Ci avete fatto caso? Tutte partite terminate con un pareggio, ma tutte a loro modo estremamente interessanti. Diciamo che la stoffa si vedeva che c’era, ma sicuramente lui aveva perso il suo momento magico e di forza maggiore, accontentandosi spesso di un pareggio quando poteva ancora tentare la strada della vittoria.

Diciamo non un grandissimo del panorama scacchistico, ma pur sempre un forte giocatore con tante idee e con il nome dato ad una apertura, cosa non comunissima anche per i grandissimi e che lo accomuna a nomi quali Alekhine, Nimzowitsch, il già citato Benko e al suo predecessore Grünfeld (anche lui un Ipermoderno portatore di un’idea all’epoca rivoluzionaria), per citare i primi che mi vengono in mente.


Ma non solo per gli scacchi era conosciuto il nostro Karl, visto che è stato un noto Botanico, specializzato nella classificazione delle orchidee.

Epipactis schubertiorum Bartolo, Pulv. & Robatsch (foto tratta dal sito https://www.actaplantarum.org/)

Ma come può un animo gentile di chi studia le piante, mischiarsi con quello più agguerrito di chi cerca varianti per sconfiggere l’avversario? Un interessante commento al riguardo lo troviamo sul sito di Chess.com, dove si cerca di mettere in relazione la sua passione per gli Scacchi con quella per la Botanica.

E la spiegazione data è che, come per gli scacchi lui era conosciuto per cercare delle mosse sorprendenti in apertura, operando spesso dei rientri in altre con una ramificazione complessa delle possibilità (come abbiamo detto, la sua Difesa è molto elastica e prevede rientri in altri tipi di schemi), lo stesso per la Botanica si specializzò nello studio di un genere di Orchidee chiamato Epipactis, ramificato in parecchie specie differenti che Karl studiò e classificò. E questo gli permise di aggiungere l’abbreviazione standard Robatsch nel nominativo delle piante da lui studiate e descritte, nonché di aver riconosciuto il titolo di Professore per meriti scientifici, nell’anno 2000, direttamente dal presidente austriaco.

Ecco la similitudine: le aperture da lui impiegate si ramificano in altre aperture simili ma sostanzialmente diverse, come un genere di orchidee si ramifica in tante altre specie.

Robatsch e le sue orchidee (tratto dal sito https://tartajubow.blogspot.com)

Non so, a me viene in mente l’idea di Kotov che non mi faceva dormire la notte: il complesso, mai capito fino in fondo, mai attuato nella sua interezza, ma sempre agognato come il giusto (?) modo di pensare alla scacchiera, Albero delle varianti, con una ramificazione delle possibilità che per lui era chiara e nella quale io mi perdevo in continuazione, facendo poi l’errore supremo di ricominciare ad analizzare dall’inizio le varianti. Ma che fosse stato un appassionato di botanica anche lui?

Insomma, un bel giocatore e un famoso botanico, un poco come “…’sta mano pò esse’ fero e pò esse’ piuma…“: voi quale versione preferite?


PS: per la citazione, penso che il 99% dei romani la conoscano e ne conoscano l’autore, gli altri non lo so!

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