Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Ricordi e Passioni

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La Rocca di Staggia

(Fabio Lotti)
Sono nato a Poggibonsi, in provincia di Siena, il 1° maggio 1946, ma subito trasferito nel paesino di Staggia. Un bel culo dato che non mi sono dovuto sciroppare la terribile guerra e ho visto la luce in un bel giorno di festa.

Vissuto per diversi anni dentro una casa in affitto, dove manco c’era il gabinetto con la tazza, ma solo un buco nel pavimento in cui andavano a finire tutti i nostri rimasugli. Comunque meglio che farla all’aperto.

Il paese era diviso quasi a metà tra comunisti e democristiani. Luoghi di ritrovo il bar Italia per i primi e il bar del prete per i secondi, due antagonismi come nei film di Camillo e Peppone. All’inizio bazzicavo entrambi, poi mi buttai definitivamente dentro il primo tra il fumo e i moccoli che si incrociavano nell’aria come le rondini a primavera.

Il Bar Italia

Passatempi: giochi di carte, il biliardo e la dama. Bravino con la stecca e la dama che mi fu insegnato da un paio di vecchiarelli. Protagonisti assoluti il Toselli e il Martini che se la vedevano ogni giorno e attiravano la curiosità di certe facce grifagne che facevano tifo ora per l’uno, ora per l’altro. Il primo era un vecchietto rinseccolito simpatico che biascicava in continuazione una caramella di menta; il secondo, un po’ più giovane e rubicondo, sorseggiava, sempre in continuazione, un allegro boccale di birra.

Tra le facce grifagne c’era pure il sottoscritto che cercava di carpire i segreti del giuoco (avrò avuto quindici anni) e sorrideva ai frizzi e lazzi che si scambiavano i contendenti. Il Toselli quando doveva “mangiare” qualcosa all’avversario, dama o pedina che fosse, la portava in alto e poi faceva finta di infilarla in bocca “gnam gnam” strabuzzando gli occhi di piacere; il Martini, invece, più compito (fratello del sindaco di Poggibonsi) era solito commentare le sue performance con un “Guarda, guarda questa damina tutta sola piccinina, vieni via con me…”, la prendeva in mano, la tirava in aria, la riprendeva al volo mettendola da una parte sul tavolo. Gli astanti dalle facce grifagne (scherzo un po’ sui miei paesani) a questo punto ridevano e commentavano.

Dopo qualche tempo che mi parve di averci capito qualcosa, incominciai a sfidare i vecchietti con l’animo in tumulto, il cuoricino che batteva a mille e la faccia rossa come un papavero. Molte sconfitte, qualche vittoria, diverse sconfitte, qualche vittoria in più. Me la cavavo. Il ragazzetto veniva rispettato “Bravo, Fabio!” e mi sentivo orgoglioso di appartenere quasi ad un gruppo privilegiato. Toselli e Martini.

A venti anni venni via dal mio paese per stabilirmi a Siena. Quando seppi della loro dipartita mi si strinse il cuore. Ancora oggi, in certi momenti di senile malinconia, li rivedo a giocare con la menta in bocca e con il bicchiere di birra tra le labbra. Ed io sono lì che li ammiro affascinato mentre spostano dame e pedine.

Gli scacchi

Solo più tardi vennero gli scacchi. Nella citata Siena. Più precisamente al dopolavoro ferroviario.

In questa magnifica città ricca di tanti tesori artistici ero arrivato per trasferimento di lavoro del mio cognato (morta la mamma quando avevo undici anni vivevo con mio padre e la famiglia di mia sorella). Lo stato gli aveva assegnato una casa proprio vicino alla stazione, per cui spesso e volentieri trascorrevo le serate al dopolavoro giocando con la stecca a biliardo, dove me la cavavo piuttosto bene (riuscii anche a vincere un torneo). L’avversario più difficile, onestamente pure più bravo, era un omettino piccolo e aggressivo che in certe posizioni di tiro, quando la palla restava a metà del campo di gioco, faceva fatica ad arrivarci alzandosi sulle punte dei piedi con uno sforzo sovrumano che lo rendeva pittorescamente paonazzo. Eppure aveva una delicatezza ed un tocco così dolce che faceva scomparire del tutto il problema dell’altezza.

La Stazione FS di Siena negli anni 70

Questo ometto di cui mi sfugge il nome (chiedo venia e gli mando un saluto in cielo) lo trovai una volta  in un angolo del bar a giocare su una scacchiera contro un suo coetaneo dal labbro storto che mi fece impressione. Solo che sulla scacchiera non c’erano dame e pedine ma una serie di “aggeggi” che mi incuriosirono insieme ai loro movimenti diversi. Tentai di capirci qualcosa osservando le loro partite, come avevo fatto con la dama attraverso uno sforzo tremendo ma con pochissimo sugo. Quando decisi di provare la nuova sfida il vecchietto era sempre contento di vedermi e bacchettarmi.

In aiuto venne la scuola, o meglio Alessandro Patelli, un mio scolaro del liceo scientifico “Galilei Galilei” di Siena, che mi introdusse al circolo degli scacchi della città e che sarebbe poi diventato un forte Maestro. Preso dalla passione mi buttai sullo studio di questo gioco meraviglioso e incominciai a progredire a sommo dispetto del terribile vecchietto che improvvisamente non si capacitava di perdere con un pivello come il sottoscritto. Così, quando ne buscavo a stecca, mi rifacevo immediatamente sulla scacchiera.

Ho conosciuto gli scacchi con ancora maggiore consapevolezza tardi, troppo tardi, durante l’epico incontro Fischer-Spassky nella gelida Islanda del 1972 e non li ho più lasciati. Mi sono buttato subito a capofitto nel giuoco per corrispondenza, quando ancora non c’era di mezzo il terribile computer a rompere le palle, mi sono fatto onore e dedicato anima e corpo ad uno studio matto e disperatissimo, come scrive il Poeta, della teoria collaborando a belle riviste e sfornando alcuni libri di impensabile, per me, successo.


Ecco qualche partita che ricordo con soddisfazione:

Giorgio Baiocchi – Lotti Fabio [B21]
Corr. Italia 1983

Lotti Fabio – Tirabassi Maurizio [A45]
Corr. Italia 1984

Giampiero David – Lotti Fabio [A29]
Corr. Italia 1985

Bresadola Guido – Lotti Fabio [B52]
Corr. Italia 1986

Bascetta Biagio – Lotti Fabio [B21]
Corr. Italia 1993

Lotti Fabio – Morais Gustavo Joao [B09]
V°Coppa Latina 1995

De Lagontrie Jean – Lotti Fabio [A89]
V° Coppa Latina 1995

La nostra nazionale A, di cui facevo parte, riuscì a vincere questa V° Coppa Latina.


Il giallo

La passione per il giallo l’ho avuta sin da piccolo quando, frugando per caso in una cantina di un mio cugino, mi sono ritrovato fra le mani una avventura di Perry Mason pubblicata dalla Mondatori sulla cui copertina campeggiava il volto del noto attore Raymond Burr (molti lo ricorderanno come uno dei protagonisti de “La finestra sul cortile” di Hitchcock, quello che ha fatto la felicità di tanti depressi mariti tagliando a pezzi la moglie) che è stato uno degli interpreti principali, se non l’unico, di questo popolare avvocato.

Da allora ho cominciato a fare incetta di gialli appassionandosi soprattutto a quelli di scuola inglese della Christie basati più sul lavorio delle cellule grigie, come direbbe Poirot, che non sull’azione come il giallo americano di Chandler, Hammet o Spillane, tanto per intenderci. Abbarbicato soprattutto al mitico G.M., ovverosia Il Giallo Mondadori. Quello che negli anni…negli anni…(e chi se li ricorda?) mi faceva compagnia sul treno per Siena (scuole superiori) e poi sulla littorina per Firenze (Università) tra il lusco e il brusco, con l’occhio assonnato (alzata alle sei!) e il sorriso ebete sulle labbra. E allora mi aggiravo imbambolato tra lungagnoni elementari, ciccioni orchideati, nobili monocolati, zitelle marpleolate, sferruzzanti e cavalline, pretucoli ombrelliferi, vocioni arcontoni, teste d’uovo, tracagnotti fumantini, dottoroni sanscritoni, scienziatoni belloni che avrei concesso un matto affogato all’avversario sulla scacchiera per essere lì, a seguirli nelle loro diaboliche imprese e via e via.

Giallo e scacchi, o viceversa. Un binomio indissolubile che mi ha portato lungo questa ricerca per molti anni, scovando rapporti impensabili espressi, poi, in diversi articoli e in un bel libro di conosciuti e stimati autori. Scacchi e giallo. Gli scontri, le battaglie, la morte. Scacco matto, il Re è morto.

La storia

La Storia, altra mia grande passione. Mi sono laureato addirittura con il mitico storico Giorgio Spini (lo cito dappertutto, perdonatemi, con una certa ingenua e infantile pomposità) sui cui libri di storia avevo studiato. Soprattutto quella antica e crudele narrata da nomi, strani, fascinosi e roboanti: Procopio (copio a favore di chi?) di Cesarea, Senofonte (una fonte uscita dal seno?), Plutarco e via su, su fino a Livio, Cesare, Polibio, Sallustio…E qui un brivido che mi rivedo davanti la terribile figura della professoressa La Macchia tesa a spellarmi su “Catilina, nobili genere natus…” e sulla guerra contro Giugurta con il sudore che scendeva a rivoli e il cuore incazzato nero. La Storia, anche quella delle Rivoluzioni dovunque fossero (francese, russa, americana) tra scontri, intrighi, tradimenti. E ancora morte e morte. Una fissazione. Chissà…

Passioni e Ricordi. Ricordi e Passioni.


Fabio Lotti è nato a Poggibonsi (Siena) nel 1946. Laureato in Materie Letterarie, è Maestro per corrispondenza e collaboratore di riviste scacchistiche specializzate. Ha pubblicato vari testi teorici, tra i quali “Il Dragone italiano“, “Gambetti per vincere” e “Guida pratica alle aperture“.

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5 thoughts on “Ricordi e Passioni

  1. Fabio, hai fatto bene a mettere per iscritto i tuoi ricordi. La memoria di tanti piccoli episodi di vita “minore” spesso sono in grado di descrivere un’epoca più delle gesta dei grandi condottieri e lo stesso vale per gli scacchi.

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