Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

“Gli scacchi sono tutta la mia vita!” (*)

Enrico Paoli a inizio gennaio 2009 (Foto di Giorgio Gozzi da Wikipedia)

(Massimo Cecchini)
Il 15 dicembre 2005, vent’anni fa, si spegneva a Reggio Emilia un uomo che ha attraversato l’intero Novecento portando con sé, in ogni sua fase, un inconfondibile amore per gli scacchi. Oggi, 15 dicembre 2025, ricordiamo Enrico Paoli non soltanto come uno dei più importanti scacchisti italiani del XX secolo, ma come una delle figure più autorevoli e longeve della cultura scacchistica nazionale: giocatore, studista, insegnante, scrittore, organizzatore e persino arbitro internazionale.

Tra i ricordi legati alla sua scomparsa, ce n’è uno che per me ha un valore particolare. Nel week-end immediatamente successivo alla sua morte, avvenuta di giovedì, ero impegnato in un torneo. Prima del primo turno venne osservato un minuto di silenzio in onore di Paoli, a testimonianza del profondo rispetto che la comunità scacchistica nutriva nei confronti di un uomo che aveva dedicato quasi un secolo al “nobil giuoco”. Quel minuto non fu un semplice gesto formale: fu un momento intenso, in cui la comunità degli scacchi riconobbe collettivamente ciò che Paoli rappresentava, ben oltre i risultati sportivi.

Enrico Paoli nacque il 13 gennaio 1908 a Trieste, allora parte dell’Impero austro-ungarico. Crescere in quella città significava vivere in un crocevia di lingue e culture, un ambiente che favorì lo sviluppo di una mente aperta e rigorosa, qualità preziose negli scacchi. Paoli imparò col tempo molte lingue, sviluppando una personalità internazionale che lo rese capace di relazionarsi con giocatori e organizzatori di tutto il mondo.

Dopo gli studi all’istituto nautico di Fiume, ottenne il diploma di capitano marittimo, e negli anni successivi lavorò come comandante di rimorchiatore per la società Lloyd di Trieste, conducendo navi all’attracco e in uscita dal porto: un lavoro che richiedeva senso di responsabilità, sangue freddo e visione d’insieme: qualità preziose anche sulla scacchiera.

L’amore per gli scacchi nacque a nove anni, quando un cartolaio gli insegnò le prime mosse nella latteria gestita dalla madre. Da quel momento il gioco lo accompagnò ovunque, persino tra una navigazione e l’altra. Nel corso degli anni riuscì anche a laurearsi in economia, sposarsi e diventare padre di una figlia, Livia, che in età avanzata lo avrebbe accompagnato nei suoi ultimi tornei.

Il secondo dopoguerra segnò una svolta radicale nella sua vita. La tragedia della cessione di parte dei territori italiani alla ex-Jugoslavia lo costrinse ad abbandonare Fiume, dove viveva da qualche tempo. Grazie all’aiuto di amici scacchisti trovò rifugio a Reggio Emilia, che sarebbe diventata la sua città d’adozione e, grazie a lui, una delle capitali mondiali degli scacchi. Qui decise di diventare maestro elementare, una professione che gli consentiva tempo e serenità per coltivare i suoi molteplici interessi scacchistici.

La carriera agonistica di Paoli iniziò a emergere negli anni Trenta. Il suo primo grande risultato arrivò nel torneo di Merano del 1937, dove chiuse al secondo posto dietro Vincenzo Nestler, uno dei più forti giocatori italiani dell’epoca. Nel 1939 partecipò per la prima volta al campionato italiano, piazzandosi al terzo posto alla pari con Napolitano. Alla fase finale del massimo torneo nazionale partecipò per ben 18 volte e si classificò secondo e terzo in altre occasioni.

Il curriculum di Paoli è straordinariamente ricco, soprattutto considerando l’epoca e le limitate opportunità del nostro Paese. Il 1951 fu il suo anno magico: in pochi mesi  vinse tre competizioni di rilievo – Vienna, Venezia (dove divenne per la prima volta campione italiano) e Firenze. Nel 1957 bissò il successo a Reggio Emilia e nel 1968, a Milano, lo ottenne per la terza volta, a 60 anni, senza dimenticare il primo posto a Perugia nel 1960, condiviso con Guido Cappello, Alberto Giustolisi e Federico Norcia.

Con la squadra di Reggio Emilia vinse anche il campionato italiano a squadre nel 1975 a Castelvecchio Pascoli, insieme a Tullio Trincardi, Dario Anceschi e Paolo Bagnoli.

Nel 1979, a 71 anni, vinse il campionato italiano seniores disputato a Trento, ripetendo l’impresa nel 1982 ad Arco.

Paoli prese parte a quattro Olimpiadi degli Scacchi (1954, 1970, 1972 e 1976), ricoprendo nelle ultime due il ruolo di capitano. Il suo miglior risultato fu ad Haifa 1976, all’età di 68 anni, con un ottimo 64% dei punti.

Nel 1996 la FIDE gli conferì il titolo di Grande Maestro ad honorem, un riconoscimento che avrebbe meritato, e che nel 1969, al forte torneo di Vršac (nell’attuale Serbia), gli era sfuggito “sul campo” solo per mezzo punto.

Paoli affrontò alla scacchiera alcuni dei più grandi giocatori del Novecento: Smyslov, Petrosian, Spassky, Euwe, Tal, Bronstein, Korchnoi, Polugaevsky, Beliavsky…e molte altre stelle internazionali. Un aneddoto rivelatore della sua reputazione internazionale vuole che nel 1975 Fischer e Karpov fossero concordi solo su un punto nella scelta dell’arbitro del match mondiale che poi non si disputò: entrambi erano favorevoli a Enrico Paoli, a testimonianza della sua autorevolezza internazionale e della sua capacità di interagire con giocatori di culture diverse.

Il contributo più duraturo di Paoli all’organizzazione scacchistica italiana è senza dubbio il celebre Torneo di Capodanno di Reggio Emilia, da lui ideato e lanciato nel 1958. Come scrisse lui stesso: «L’idea del torneo mi balenò nella mente una notte d’estate; lo spunto mi venne da un torneo che si svolgeva a cavallo del nuovo anno a Lucerna.»

Con il sostegno dell’allora direttore dell’Ente Provinciale per il Turismo, Alcide Spaggiari, nacque così una delle competizioni più prestigiose d’Europa. Il torneo crebbe con passare degli anni, arricchendosi di sponsor e costruendo una popolarità internazionale che avrebbe toccato il suo apice con l’edizione 1991/92, classificata XVIII categoria FIDE: la più forte mai disputata al mondo fino ad allora. Tra i partecipanti figuravano nomi leggendari come Kasparov, Karpov, Ivanchuk, Gelfand, Polugaevsky, un giovane Anand – che quell’anno avrebbe vinto il torneo battendo Kasparov – e molti altri top player.

L’atmosfera di quell’edizione rimane ancora oggi indimenticabile. Reggio Emilia si trasformò in un piccolo centro mondiale degli scacchi: servizi speciali di trasporto, folla ovunque, schermi a circuito chiuso per seguire le partite quando la sala principale era colma, e gigantesche scacchiere murali che permettevano di seguire ogni mossa. Lo scontro diretto tra Kasparov e Karpov era in programma per il 29 dicembre, una domenica, un giorno che rimase impresso nella memoria di tutti i presenti, me incluso.

Reggio Emilia, 29/12/1991 – Un’immagine entrata nella storia: Paoli osserva le analisi del dopo partita tra Kasparov e Karpov (foto di Luca Zanoni, dal libro 34° Torneo di Capodanno, ed. Messaggerie Scacchistiche 1992)

Nonostante l’età avanzata lo avesse costretto a cedere gran parte dell’organizzazione, Paoli continuò a contribuire in maniera preziosa. Tra le iniziative più significative, organizzò una conferenza storica che riunì quasi tutti gli ex campioni del mondo viventi: Botvinnik, Tal, Smyslov, Spassky e Karpov.

In merito al Torneo di Capodanno, Paoli si dimostrò un profeta lungimirante quando scrisse su L’Italia Scacchistica del febbraio 1981: “[…] purtroppo [il torneo] sarà destinato a morire in piena giovinezza, poiché «mio figlio» perirà con me, giacché è difficile immaginare che qualcun altro si addossi le fatiche organizzative che comporta una manifestazione di tale genere”. Le sue parole, pur malinconiche, si rivelarono profetiche: l’ultima edizione del Torneo di Capodanno si disputò nel 2011/12, chiudendo un capitolo straordinario della storia scacchistica italiana, nato dalla passione e dalla visione di un uomo che seppe trasformare una semplice idea in un’istituzione internazionale.

Accanto alla carriera agonistica e organizzativa, Paoli fu un eccellente studista e un grande divulgatore. Come compositore di studi, Paoli ottenne numerosi premi. La sua sensibilità problemistica, nutrita da decenni di analisi e riflessioni, era apprezzata anche fuori dall’Italia. Le pubblicazioni principali in questo campo degli scacchi furono 54 studi scacchistici (1947-1957), uscito nel 1959, e 96 studi scacchistici, edito nel 1983, oltre a vari articoli in molte riviste specializzate. E’ stato anche giudice in svariati tornei di composizione.

Fu a lungo collaboratore de L’Italia Scacchistica e di altre riviste specializzate e autore di libri fondamentali per la didattica del gioco oltre a resoconti su alcuni tornei di scacchi:

Nella presentazione di uno dei suoi libri si legge una frase che sintetizza perfettamente la sua vocazione pedagogica:

“E’ mia opinione che ogni libro, scritto a scopo eminentemente didattico, deve anzitutto – oltre che insegnare – essere facilmente consultabile sugli argomenti che desideriamo rivedere o rinfrescare.”

Il suo obiettivo era chiaro: rendere gli scacchi comprensibili, offrire a ogni appassionato gli strumenti per migliorare con gradualità e metodo. Grazie alla sua chiarezza espositiva e alla capacità di rendere semplici concetti complessi, i suoi libri sono diventati dei veri classici dell’editoria scacchistica italiana. La lunga esperienza maturata nel gioco gli  permise di sviluppare una profonda conoscenza teorica e pratica, che riversò nei suoi libri, a beneficio delle generazioni successive di scacchisti.

Lo Stato italiano e il mondo sportivo hanno più volte espresso la loro gratitudine per la sua opera e il suo impegno, conferendogli diversi riconoscimenti:

1981 – Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana
1982 – Premio “Gioacchino Greco – Una vita per gli Scacchi”
1993 – Stella di Bronzo al Merito Sportivo del CONI

Enrico Paoli si spense a Reggio Emilia il 15 dicembre 2005, un mese prima di compiere 98 anni. L’anno precedente, a 96 anni, disputò il suo ultimo torneo, l’Open internazionale di Saint-Vincent, confermandosi il più anziano scacchista in attività al mondo. Quella partecipazione fu molto più di un risultato sportivo: fu una testimonianza silenziosa e potente, la dimostrazione che gli scacchi non sono solo un gioco, ma un compagno di vita, capace di accompagnare e arricchire l’esistenza.

Foto tratta da Torre&Cavallo – Scacco!, gennaio 2004

Oggi, a vent’anni dalla sua scomparsa, il suo nome resta scolpito nella memoria di tanti scacchisti italiani. Molti non lo conobbero di persona, ma hanno studiato sui suoi libri o hanno partecipato ai tornei da lui creati. La sua eredità continua a vivere nelle pagine che ha scritto, nella comunità che ha contribuito a formare e, per chi ha avuto il privilegio di essere presente in quei giorni, nel ricordo di quel minuto di silenzio che tanti scacchisti italiani – me incluso – dedicarono alla sua memoria.

Enrico Paoli non fu un campione nel senso tecnico più stretto: non vinse titoli mondiali e non dominò la scena internazionale. Tuttavia, fu un “grande” in senso più profondo e forse più significativo. Fu un costruttore nel senso più ampio del termine: costruì giocatori attraverso i suoi libri e il suo insegnamento; costruì eventi, come il celebre Torneo di Capodanno di Reggio Emilia; costruì reputazione internazionale per l’Italia; costruì legami umani e culturali, promuovendo con umiltà e passione il gioco dei Re.

Paoli e Korchnoi all’open di Saint-Vincent
(Torre&Cavallo – Scacco!, marzo 2003, pag. 29)

Nel ventennale della sua scomparsa, ricordiamo non solo ciò che fece, ma ciò che permise ad altri di fare. E nel ricordo che accompagnò i tornei del week-end successivo alla sua morte, possiamo forse cogliere la sintesi perfetta del suo lascito: un minuto di silenzio per un uomo che dedicò quasi un secolo di parole, partite, idee e passione agli scacchi, lasciando un segno indelebile nella storia del nostro gioco.

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Per concludere, presento una partita da lui giocata nel “suo” Torneo, cinquant’anni fa, contro lo statunitense Edward Formanek, allora trentaduenne maestro internazionale, mentre Paoli avrebbe compiuto 67 anni la settimana successiva. È una partita in cui l’iniziativa cambia più volte padrone, soprattutto nel mediogioco, riflettendo alla perfezione il suo carattere combattivo. La posizione, complessa e instabile, oscilla di continuo, mantenendo il risultato appeso a un filo. Un confronto in cui basta un attimo, un errore o una combinazione improvvisa, perché l’intera valutazione si ribalti.

Edward W Formanek (2420) – Enrico Paoli (2280)
Reggio Emilia, 6 gennaio 1975
17° Torneo di Capodanno, 11° turno – Siciliana (B69)


(*) Frase tratta da una breve intervista pubblicata su Il Corriere della Sera del 11 maggio 2003.


Post precedenti su Enrico Paoli pubblicati su UnoScacchista:


Massimo Cecchini è nato a Vigevano (PV) nel 1966. Dopo il conseguimento della laurea magistrale in Economia, ha ripreso a cimentarsi nei tornei e al termine del 2008 ha conseguito la 1^ categoria nazionale. Istruttore FSI dal 2006, ha insegnato e insegna il gioco alle giovani generazioni. Da sempre appassionato della storia di questo gioco.

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2 thoughts on ““Gli scacchi sono tutta la mia vita!” (*)

  1. Ringrazio l’autore di questo bellissimo articolo, ha fotografato benissimo il GM Enrico Paoli. Non aggiungo una parola alla descrizione, ma ci tengo a dire che Paoli hs oartecipsto a molte edizioni di San Giorgio su Legnano Scacchi. Grazie Grande Maestro per noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo semplicemente Enrico Paoli

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