Boris Spassky a 2(80)0 anni-Elo
2 min read
(Riccardo M.)
Fra pochi giorni compirà 80 anni uno degli scacchisti più famosi dello scorso secolo: Boris Vasilievich Spassky. Spassky il grande perdente del “match del secolo” a Reykjavik 1972, Spassky il campione gentile, Spassky che in una recente intervista ha dichiarato di sentirsi nel finale di partita della sua vita ma di “guardare ancora gli scacchi con gli occhi di un bambino”.
(Spassky contro Fischer alle Olimpiadi de L’Avana del 1966)
Spassky. Un grande uomo, prim’ancora di essere un grande giocatore. Ricordo queste sue altre parole: “Dopo il 1969, quando divenni Campione del mondo, ho avuto tutto dalla vita. Denaro, fama, donne. Non è bello che in un Paese con tanta povertà una sola persona abbia tutto questo”.
Boris Spassky, da Leningrado 30.1.1937, oltre ad aver conseguito numerose vittorie individuali in torneo e oltre al titolo di campione mondiale, è stato per ben cinque volte oro olimpico per l’Unione Sovietica. In gioventù insegnante di educazione fisica, è anche stato un appassionato di tennis e di ping pong. Ha vissuto a lungo in Francia, dove si era sposato. Oggi, superati due infarti (il primo nel 2006) e il matrimonio, è tornato in Russia. Se capitate a Mosca e vi va di andare a trovarlo, prendete la metropolitana, scendete in Ryasansky Prospekt e lì chiedete di lui.

Nel 2015, con la regia di Edward Zwick e con i due attori Tobey Maguire (Fischer) e Liev Schreiber (Spassky) uscì un film, “Pawn Sacrifice”, incentrato appunto sullo “incontro del secolo”.
Di come si possano guardare gli scacchi sempre con gli occhi di un bambino ci possiamo render conto, ad esempio, guardando questa posizione, in cui possiamo apprezzare molte di quelle emozioni e di quegli aspetti che può regalarci il nostro gioco: coraggio, inventiva, movimento, arte, calcolo.

E’ una posizione dinamica, che vede determinante un ulteriore fattore: il fattore tempo. Se il tratto fosse al conduttore dei neri, che ha già sacrificato un pezzo per un pesante attacco, la partita sarebbe ancora da giocare. Ma il tratto è al bianco. E il giovane Spassky come sfrutta “il tempo”?
Lo sfrutta brillantemente così:
30. Dxf6+! Axf6 31. Ac5+ Ae7 32. Tdf1+ Re8 33. Tg8+ e poi matto. Il tutto ben costruito sul pedone avanzato “e6” e sull’apertura violenta della colonna “f” .
Spassky è stato da sempre uno dei miei campioni preferiti, per il suo stile come scacchista e come uomo; addirittura, nel 1972, arrivai a tifare per lui invece che per Fischer.
Non era sicuramente tra i miei idoli di quando ero ragazzo, quali Alekhine, Botvinnik, Fischer, Karpov e Kasparov, ma era quello che più mi sembrava una persona qualsiasi: fuori dai riflettori, una vita “normale”, grande sportività, mai atteggiamenti arroganti, non schierato con il sistema politico come altri. Insomma tra tutti quasi il più simpatico, da mettere nella mia lista dei “perdenti” (lui che perdente non fu) dopo il match con Fischer, per i quali io ho sempre parteggiato: i Keres, i Bronstein, i Korchnoi ed ultimo, ma primo della mia particolare lista in ordine cronologico, Nimzowitsch che mi conquistò con il suo essere anticonformista e con le sue idee, per l’epoca, innovative.
Tutti grandi giocatori che, a sua differenza, non riuscirono a raggiungere, alcuni per un soffio, l’ambito alloro, ma che lasciarono più di altri un’impronta indelebile nella storia degli scacchi.
Spassky, un gentiluomo ed un grande scacchista non ossessionato dagli Scacchi, ma innamorato degli Scacchi.