David Bronstejn, un artista
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(Riccardo M.)
Il 19 febbraio del 1924 nasceva a Bjelaja Tzerkov (o Bila Cerkva), in Ucraina, uno dei “geni” della metà dello scorso secolo: David Ionovič Bronštejn.
Vinse l’interzonale di Saltsjobaden nel 1948, poi a Liverpool (1952), Hastings e Belgrado (54), Goti e Mosca (57), Berlino e Mosca (68), Sarajevo e Tallinn (71), San Josè (74), Hastings e Stoccolma (76), Budapest (77), Jurmala (78). Vinse poi due campionati URSS (48 e 49), il Torneo dei Candidati del 50, fu quattro volte medaglia d’oro alle Olimpiadi con la squadra sovietica.
Nel 1951 era considerato il migliore giocatore al mondo, ma il campione del mondo Botvinnik, in una sfida memorabile a Mosca, riuscì di un soffio a salvare il suo titolo pareggiando il match 12 a 12.
Bronstejn si riprese da quella delusione e tentò di nuovo la scalata al titolo, ma nel 1958 al torneo interzonale di Portorose inciampò in un malaugurato temporale all’ultimo turno: andò via la corrente per qualche minuto e alla ripresa, deconcentrato, commise una svista notevole, andando a perdere da uno sconosciuto filippino ultimo in classifica, Rodolfo Tan Cardoso, il quale, molto sportivamente, fu il primo a dolersi per quel punto: “mi ha rattristato ancor più di tutte le mie sconfitte”.
E stavolta fu un colpo tremendo. Sarebbero occorsi oltre dieci anni per rivederlo sul massimo gradino di un podio. Ma ormai era troppo tardi per sfide mondiali. “Dove posso avviarmi io che ho già superato i 40 anni?” disse un giorno ad un suo intervistatore a Belgrado, e continuò lamentandosi delle tattiche già esasperate dei tornei di quegli anni ’60: “Guardate questo torneo: neanche un sacrificio di pedone, tutti giocano secondo i consigli dei libri, nessuno rischia. Non mi piacciono più questi scacchi, imprigionano l’artista, il creatore”.
Nel 1990 ebbi la fortuna di giocare con lui in una simultanea a Roma, in Piazza Navona. Neppure riuscii a sollecitare la fantasia dell’artista: emozionato (o forse quello è sempre stato il mio livello di gioco), mi sgretolai immediatamente.
Cito dal nostro “i luoghi degli scacchi”: “era simpatico e straordinario, con le stesse stranezze dell’artista: una volta, contro Boleslavsky, fissò la scacchiera per 50 minuti prima di fare la prima mossa della partita. E’ anche l’autore di uno dei più bei libri di scacchi in circolazione, quello sul grande torneo internazionale di Zurigo 1953”.
David Bronstejn si spense a Minsk il 5 dicembre del 2006. Lo ricordo con immenso piacere e dedico a lui, alla memoria di un grande artista, questi due piccoli omaggi.

1.d7!!
Eh, già, il Nero non può prendere la Donna in a3 perché seguirebbe 2. d8=D+ Rg7 3. Dg8+ Rf6 4.Df7 matto. E non può giocare nemmeno 1. … Cxd7 perché seguirebbe 2. Dxf8+ Cxf8 3. Ae5+ Rh7 4.Ad3. Ma non c’era troppa scelta. E’ seguito 1. … Cd6 2. Ae5+ Rh7 3. Ad3+ 1-0

I due grandissimi maestri sono giunti al trentanovesimo tratto. Tocca al Bianco. Sulla testa di Viktor piove una randellata letale: 39. Txh6+!! 1-0.
Non ha scampo il nero, vediamo le tre principali varianti:
39. … Rxh6 40. Dh8+ Rg6 41. Dh5+ Rf6 42. g5+ e quindi 43. Dxf3
39. … gxh6 40. Dg8+ e poi 41. Df8+ guadagnando la Donna
39. … Rf7 40. Dc7+ Rg8 41. Dc8+ Rf7 42. De6+ e vince
Grazie, David!
È stato forse quello che più avrebbe meritato il titolo mondiale, perso per un soffio alla penultima partita del match con Botvinnik, che tra l’altro finì in parità. Da ragazzo ho rivisto quella partita più e più volte, non capacitandomi di come avesse potuto perdere quel finale con un pedone in più. Botvinnik dimostrò al mondo la potenza dei due Alfieri in finale, costringendo alla fine Bronstein allo zuwzang ed all’abbandono. L’artista contro la solidità pragmatica, chi non parteggerebbe per il primo? Eppure il match non fu perso solo qui, ma anche in un altro drammatico finale, dove per un errore di calcolo, inusuale per l’artista, Brostein lasciò sfuggire un pedone verso la promozione, non riuscendolo più a fermare con il suo cavallo mosso erroneamente in una casa sbagliata. Qui Botvinnik dimostrò la superiorità della sua ferrea logica e della sua tenuta nervosa, pur avendo vacillato più volte sotto i colpi del suo avversario. Fantasia contro logica, attacco contro difesa, intuizione contro puro calcolo, l’eterna lotta dove la maggior parte di noi vorrebbe avere le prime delle qualità elencate, ma dove bisogna riconoscere che alla fine i risultati più importanti vengono spesso raggiunti dai giocatori con le seconde. D’altronde è una logica che si può tranquillamente trasferire nello sport più seguito in Italia, il calcio, dove vince i campionati chi, oltre ad avere un ottimo attacco, ha la difesa più forte. Ma il fascino del genio, dell’irrazionale, della fantasia ha sempre attratto l’uomo è reso Bronstein uno dei giocatori più amati del panorama scacchistico internazionale.
Bronstein: uno dei miei personaggi scacchistici preferiti, sia per la creatività di gioco che per le sue caratteristiche umane