La Sala delle Scacchiere nel Palazzo dei Papi di Anagni
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(Roberto C.)
La piccola cittadina di Anagni in provincia di Frosinone, a meno di 60 Km. da Roma, ha dato alla storia ben quattro Papi: Innocenzo III (1198-1216), Gregorio IX (1227-1241), Alessandro IV (1254-1261) e Bonifacio VIII (1294-1303); questi è passato alla storia non soltanto perché organizzò il primo Giubileo nel 1300 ma anche perché, nella notte tra il 7 e l’8 settembre 1303, subì il cosiddetto “schiaffo di Anagni”; molto probabilmente uno “schiaffo morale” piuttosto che vere percosse fisiche: quel gravissimo affronto che dovette subire all’interno del suo palazzo dagli inviati del Re di Francia Filippo il Bello, fatto reso celebre dal Sommo Poeta [1].
Ma torniamo ad oggi: allo scacchista del nostro secolo che si trovasse a passeggiare nelle stradine del borgo medievale consigliamo di entrare nel Palazzo dei Papi. Fu costruito nei primi decenni del XIII secolo dalla famiglia Conti e nel 1295 passò a Pietro Caetani, nipote di Bonifacio VIII; questo palazzetto, seppur ricco di decorazioni pittoriche non contiene alcun riferimento alla dignità papale, come ad esempio il palazzo papale di Viterbo che fu sede del papato per 24 anni dal 1257 al 1281, ma nonostante questo viene spesso ricordato come il Palazzo di Bonifacio VIII (al secolo Benedetto Caetani).
Questa di Anagni è una tipica residenza baronale con la scala esterna che porta alla loggia del piano superiore, dal quale si accede ai due grandi ambienti rettangolari affrescati da grandi dipinti murali: la Sala delle oche e la Sala degli scacchi, i cui nomi evocano immediatamente i rispettivi temi pittorici presenti oggi, purtroppo, parzialmente perduti.
Il primo ambiente conserva gli affreschi solo su due pareti; metà della parete Sud contiene ancora dei motivi floreali mentre quella Ovest, che dà il nome a questa sala presenta, all’interno di campiture romboidali, dei volatili; a parte il bianco piumaggio e le zampe sempre uguali, questi volatili presentano molte differenze, soprattutto nel becco e nel collo: dall’autorevolissimo testo di riferimento di Federico II di Svevia [2], risultano un minimo di 9 ed un massimo di 12 uccelli (oche certamente, ma anche anitre selvatiche, pernìci, pivieri, trampolieri, ecc.) che riportano alla diversa cacciagione dell’epoca.
Il secondo ambiente conserva gli affreschi su tre pareti: quella Ovest è decorata con fiori, quella Sud con fiori e volatili, mentre in quella Est (Figura 1) che dà il nome alla sala ci sono raffigurati dei fiori e delle scacchiere con 64 caselle ed il riquadro bianco in basso a destra.

Le scacchiere sono inscritte in forme quadrilobe dai contorni in ocra gialla e dai colori di fondo alternati verde e bruno; l’interessante schema geometrico, ottenuto con cerchi intrecciati, che decora la parete è completato da fiori con otto petali elicoidali raffigurati negli spazi intermedi, i cui colori alternati sono il rosso e verde.
Anche la decorazione di questa parete ha grosse lacune, le scacchiere più in basso sono abbastanza integre ma, nella parte centrale della parete, ve ne sono alcune con frammenti mancanti o con solo qualche decina di caselle residue; nella parte superiore dell’affresco, invece, possiamo solo immaginarle perché sono andate irrimediabilmente perdute.
In ogni modo, c’è ancora molto da ammirare perché contando anche quelle incomplete, ce ne sono ancora ben visibili 19, della grandezza di circa 50 cm. di lato e le 64 caselle dai colori bianco e rosso pompeiano; osservando dal basso verso l’alto, nella 1ª fila ci sono 8 scacchiere: 5 complete, una con qualche casella mancante e due scacchiere a metà (una per la fine della parete verso destra e l’altra, forse, è stata “dimezzata” per la successiva realizzazione della porta ad arco, situata in posizione eccentrica verso destra.
Nella 2ª fila altre 8 scacchiere: 3 complete, 4 con alcune caselle mancanti ed una con meno di 15-20 caselle (sempre per via della fine della parete verso destra) mentre nella 3ª e 4ª fila è rimasto davvero poco, appena 4 frammenti con meno di 100 caselle.
Come indicato nello studio della Prof.ssa Mola [3], questi affreschi si inseriscono nella tradizione medievale che dava largo spazio alla pittura parietale così da sostituire, per motivi economici, gli arazzi e i tendaggi delle dimore più fastose, come documentato da dipinti e miniature del tempo; dei motivi decorativi si può dare anche una precisa collocazione cronologica perché trovano riscontro in altri dipinti murali: un frammento di una casa fiorentina datato alla fine del XIII secolo [4], la decorazione con al centro un fiore a otto petali degli affreschi di una sala del Castello di Sermoneta costruito nel XIII secolo dalla famiglia Annibaldi e venduto proprio a Pietro Caetani nel 1297 [5] ed il drappo che fa da sfondo alla scena di Isacco che respinge Esaù, nella Basilica Superiore di San Francesco d’Assisi, affresco datato all’ultimo decennio del XIII secolo.
Inizialmente le oche (stemma della famiglia De Papa) e anche le scacchiere (per i riferimenti agli stemmi dei Conti di Anagni e dei Caetani) furono messe in relazione all’araldica [6] ma sembrano avere un altro significato: i volatili sono sicuramente riferiti alla caccia, data la diversità degli uccelli raffigurati mentre, le scacchiere con il bianco in basso a destra, rappresentano il gioco degli scacchi, esclusivo svago ludico della classe nobiliare medievale; difatti, nel Medioevo, il gioco degli scacchi (anche se condannato dal clero, perché giocato con i dadi) è quello che più si addiceva ai cavalieri, come dimostrato dai numerosi poemetti amorosi medievali nei quali il tema centrale della narrazione è proprio la partita a scacchi tra un cavaliere ed una dama di corte [7] (Figura 2).

La sala delle scacchiere pare una “fotografia d’altri tempi”: la sala medievale di una dimora nobiliare ingentilita con i decori floreali e le scacchiere dove si potevano invitare le dame di corte a partecipare oltre che alle discussioni sulla caccia, all’arte del “Nobil Giuoco”.
Questo testo è ripreso dall’articolo pubblicato su L’Italia Scacchistica n. 1191 del Marzo 2007
[1] Dante, Purgatorio, canto XX
[2] Federico II (1194-1250), De Arti Venandi cum avibus (L’arte della caccia con gli uccelli)
[3] Emma Caniglia Mola, La decorazione pittorica del palazzo di Bonifacio VIII ad Anagni (estratto da Latium n. 7 Roma 1990)
[4] G. Marchetti-Longhi, Ricerche sulla famiglia di Papa Gregorio IX, 1944
[5] L. Bollosi Il Museo dello Spedale degli Innocenti, Milano 1977
[6] G. Marchetti-Longhi, Il Castello di Sermoneta, Roma 1960 e G. C. Bascapè-C. Perogalli, Castelli nel Lazio, Milano 1968
[7] “Tristano”, manoscritto fine XIII secolo (Tristano gioca a scacchi con Isotta)