Spagnola contro Catalana
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(UnoScacchista)
Non c’è troppo da scherzare su quello che è successo domenica e sulla situazione in generale che la Spagna e la Catalogna stanno vivendo. La foto che vi mostro, scattata ieri durante lo sciopero generale nella Regione Catalana, mi è solo di spunto per una riflessione sul processo decisionale che dovrebbe adottare chi è chiamato a governare.
Non posso e non voglio entrare nel merito della rivendicazione indipendentista catalana, perchè non ho la conoscenza della cultura e della storia delle regione, né ho gli strumenti giuridici per comprenderne i risvolti costituzionali, ma voglio commentare la decisione presa dal governo Rajoy su come gestire la votazione (non un referendum!) sulla richiesta di indipendenza della Catalogna. Richiesta che Puigdemont (presidente catalano) a questo punto avanzerà di sicuro, senza considerare l’opinione di coloro che, catalani, sono contrari a separarsi dalla Spagna e dall’Europa ma che domenica non sono andati a votare.
Di fronte a una situazione spinosa e di gestione complicata, Rajoy ha deciso di inviare la Polizia e usare la violenza per impedire lo svolgimento della votazione.
Ora, mettiamoci nei panni di un giocatore di scacchi (dovrebbe essere facile per noi, no?) e vediamo quale processo decisionale avremmo usato per decidere cosa fare di fronte ad una minaccia dell’altro giocatore. Analisi, identificazione delle mosse candidate, calcolo delle conseguenze e decisione sulla mossa che ci dà più possibilità di ottenere un vantaggio o minimizzare lo svantaggio.
Cosa ha fatto il premier spagnolo? Ha deciso per una mossa che fondamentalmente apre solo due possibili scenari: i catalani rinunciano al voto a causa della minaccia di intervento della polizia oppure i catalani vanno al voto lo stesso, con conseguenti azioni repressive. Vediamo il semplice albero delle varianti.
Nel primo scenario, la richiesta di indipendenza non è bloccata, ma solo arginata e, come tutti sanno, un argine serve solo a far aumentare la pressione a monte. Ergo: a meno di improbabili azioni politiche in grado di far scendere il livello di conflittualità, la Catalogna avrebbe semplicemente trovato un altro momento per organizzare di nuovo la stessa votazione, dichiarando urbi et orbi che lo Stato spagnolo è uno Stato oppressivo che limita la libertà dei propri cittadini.
Nel secondo scenario, quello che si è concretizzato, la polizia spagnola attacca i cittadini catalani (anch’essi spagnoli!), di fatto rafforzando il voto indipendentista con i voti di tutti quei moderati che altrimenti non sarebbero andati a votare e generando un caleidoscopio di immagini, video e commenti che hanno fatto il giro del mondo immediatamente. Risultato: la Catalogna e i catalani possono proclamarsi vittime di uno stato violento e repressivo contro i suoi stessi cittadini.
Quale strategia aveva in mente Rajoy? Quale “best scenario” si era prefigurato assieme ai suoi ministri? Come pensava di gestire uno qualsiasi di questi risultati?
Mi è venuto in mente quello che disse Kramnik in una intervista qualche anno fa: “Non capisco i politici, perchè spesso prendono decisioni senza prevedere quali azioni potrebbero essere necessarie a seguito delle conseguenze derivanti da quelle decisioni. Semplicemente improvvisano o giocano d’azzardo e questo semplicemente non è logico. Nessuno scacchista lo farebbe mai.” (NdA: le parole tra virgolette sono una mia sintesi e interpretazione).
Ecco, appunto: quale scacchista che si rispetti avrebbe fatto l’errore che ha fatto Rajoy?
Un errore al quale la Spagna, la Catalogna, e di riflesso anche l’Europa, sono adesso chiamate a trovare una difficile e rapida soluzione.

Bell’articolo. Forse Rajoy dovrebbe leggerlo e farne tesoro!
Mi ha colpito il fatto, testimoniato dalle foto, che per bloccare la strada in occasione dello sciopero generale indetto ieri abbiano pensato ad installare dei tavolini per giocare a scacchi.
Lodevole idea. Quando mai è capitato in Italia qualcosa di simile durante uno sciopero generale?
Evidentemente in Catalogna il gioco degli scacchi è ben diffuso e, in questa occasione, usato addirittura come “mezzo di protesta”.
Grazie Mrs. P.
La potenza simbolica degli scacchi è sempre elevata e in questo caso vuole anche trasmettere una idea di riflessività e calma di fronte alle azioni del governo. Ma penso sia solo una immagine costruita: le azioni di rivendicazione (di qualunque tipo) necessitano di passione e dinamismo che mal si associano all’idea popolare del gioco degli scacchi. Insomma, non mi aspetto che gli scacchi diventino un simbolo della lotta dell’indipendenza, nè mi piacerebbe se fossero strumentalizzati in tal senso come già sta succedendo per il calcio.
Condivido in pieno la logica dell’articolo; sarebbe interessante (io non ho informazioni sufficienti per farlo) applicarla anche ai responsabili della “Generalitad” catalana, per capire se ci sono stati ( come mi sembra) errori gravi anche da parte loro. Ho proprio timore che dalla vicenda non se ne uscirà tranquillamente e senza danni.
Hai ragione Fabrizio, errori da parte catalana ce ne devono essere stati per forza. Soprattutto perchè sono catalani anche coloro che non si riconoscono nell’idea di indipendenza dalla Spagna. Il semplice meccanismo della previsione delle reazioni dell’avversario si può anche applicare a Puigdemont: cosa si aspettava che avrebbe fatto il governo? Sono sicuro che lui contava esattamente su questa reazione.
Proprio qui secondo me sta l’essenza dell’errore strategico di Rajoy: aver permesso che la discussione sul merito venisse messa da parte, sovrastata dalla discussione sulla violenza del metodo. E se si perde di vista il merito delle cose, si scivola rapidamente verso contrapposizioni ideologiche e idealistiche, di solito anicipatrici di brutti sviluppi.
Curiosamente, ma non troppo, il Corriere della Sera riprende, con un articolo della sua inviata a Barcellona Sara Gandolfi, il parallelo scacchistico presentato dal nostro Blog, individuando adesso ben 7 possibili “mosse” di Rajoy, al quale ora dovrebbe spettare di nuovo il tratto.
Le sette mosse sono: articolo 155, sicurezza nazionale, intervento militare, cybersicurezza, la Chiesa, mediazione europea, il Re. Mi permetto di commentare, al riguardo, che Kramnik ed altri grandi maestri difficilmente si allontanerebbero dalla prima di queste sette mosse.
Se leggerete l’articolo citato, comprenderete infatti l’azzardo o la scarsa efficacia di parecchie delle altre sei. Speriamo comunque, mosse a parte, che prevalga prudenza e ragionevolezza da parte dei protagonisti di una partita che forse sarebbe stato meglio non giocare affatto.
Concordo con Riccardo che rispondere secondo quello che apprendo chiamarsi “Articolo 155” sembri la strada più ragionevole vista da qua, ma oggi assomiglia tanto a decidere di giocare posizionalmente un gambetto Muzio. Ognuna di queste opzioni era disponibile anche nei mesi passati, fino al momento in cui Rajoy ha deciso di inviare la polizia in Catalogna, quando ha scelto l’opzione “sicurezza nazionale”. Adesso tornare indietro è più difficile.
Leggo che anche da parte catalana si richiede una mediazione, ma con una controparte diversa (e qui finisce il parallelo con gli scacchi), ma vedo anche questa strada difficilmente percorribile: se il mediatore deve essere approvato dalla parte che rivendica, la negoziazione nasce già sbilanciata.
Nella vita non sempre siamo noi a scegliere quale partita giocare e quando, ma è in quei momenti che si misura lo spessore di una persona (o di un politico): avere un governante buono solo per una stagione (tipico esempio un tecnico o un populista) è sicura fonte di guai quando la stagione cambia. Ed è molto raro che non cambi durante un mandato.