“Signora d’ingegno” di Giacomo Leopardi
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(Riccardo M.)
“La sera del Venerdì i miei fratelli giocavano alle carte con lei; io invidiandoli molto, fui costretto a giocare agli scacchi con un altro: mi ci misi per vincere, a fine di ottenere le lodi della Signora (e della Signora sola, quantunque avessi dintorno molti altri), la quale senza conoscerlo facea stima di giuoco. Riportammo vittorie uguali, ma la signora intenta ad altro non ci badò; poi, lasciate le carte, volle ch’io le insegnassi i movimenti degli scacchi: lo feci ma insieme cogli altri, e però con poco diletto, ma m’accorsi ch’ella con molta facilità imparava, e non le si confondevano in mente quei precetti dati in furia (come a me si sarebbero senza dubbio confusi) e ne argomentai quello che ho poi inteso da altri, che fosse Signora d’ingegno.
Intanto l’aver veduto ed osservato il suo giocare coi fratelli m’avea suscitato gran voglia di giocare io stesso con lei, e così ottenere quel desiderato parlare e conversare con donna avvenente …. L’indomani nella mia votissima giornata aspettai il giuoco con piacere ma senza affanno né ansietà nessuna: o credeva che ci avrei trovato soddisfazione interna, o certo non mi passò per la mente ch’io ne potessi uscire malcontento. Venuta l’ora, giuocai. E uscii scontentissimo e inquieto. Avea giocato senza molto piacere, ma lasciai anche con dispiacere, pressato da mia madre, La Signora m’avea trattato benignamente, ed io per la prima volta avea fatto ridere con le mie burlette una dama di bello aspetto, e parlatole, e ottenutone per me molte parole e sorrisi”.
(Giacomo Leopardi, da “Diario d’amore” in “Scritti vari”)
Più largamente qui.
Leopardi (1798-1837) scrive queste righe nel dicembre 1817. La “Signora d’ingegno” che provoca l’innamoramento del grande poeta è una “Signora Pesarese” ospite in quei giorni in casa Leopardi: Geltrude Cassi (1791-1853), cugina del conte Monaldo (il padre di Giacomo) e sposa del conte Giovanni Giuseppe Lazzari, di 31 anni più anziano di lei.

La “Signora d’ingegno” è uno dei suoi primi amori non corrisposti. Giacomo ha 19 anni, soffre di disturbi nervosi e di una deformazione alla colonna vertebrale. Già in questi suoi primi “Scritti vari” traspare da un lato l’aspirazione del giovane ad una felicità infinita e dall’altro, via via, la consapevolezza che l’intelligenza non serve ad altro che a percepire la distanza fra quella felicità infinita e il dolore della vita. Una consapevolezza che di lì a breve lo porta, sopraggiunta anche una grave malattia agli occhi, a meditare più volte il suicidio.
Nei prossimi mesi torneremo a parlare del contatto, non casuale, del poeta con il gioco degli scacchi, presentandovi un prezioso scritto su di lui dello storico Adriano Chicco.