“El ajedrez americano” di Roberto Grau
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(Riccardo M.)
Roberto Gabriel Grau (Buenos Aires 1900-1944) è stato un giocatore e giornalista argentino, nato da padre catalano di benestante famiglia e scacchista dilettante.
Sei volte campione d’Argentina, Grau è stato anche il fondatore del Circolo di Buenos Aires, il fondatore della Federazione Argentina ed uno dei co-fondatori, nel 1924, della FIDE.
[Nella foto: Robert Grau, a destra, contro Nimzowitsch a Sanremo 1930]
Insomma, a buona ragione egli viene considerato “il padre degli scacchi argentini”, pur non essendo mai stato ritenuto tra i primi trenta giocatori al mondo (e probabilmente era anche meno forte del suo connazionale Carlos Guimard).
Alle Olimpiadi di Parigi del 1924 ottenne il suo miglior risultato olimpico, il 61,5% dei punti, con un +6 =4 -3. Vi sconfisse, tra gli altri, anche Max Euwe. Curiosamente, come raccontò poi la figlia Gloria Grau, a Parigi lui incontrò una chiromante, la quale gli predisse che sarebbe morto d’infarto esattamente dopo 20 anni. E questo davvero accadde, dal momento che proprio nel 1944, a soli 44 anni, Robert Grau cadde vittima (pare) di un infarto.
Fu grande amico di Alexander Alekhine, del quale è stato allenatore nel famoso match contro Capablanca a Buenos Aires nel 1927, e riuscì a convincere il campione russo ad allenare la squadra nazionale argentina per le Olimpiadi del 1939.
Roberto Grau fu campione argentino fra il 1926 e il ‘30, poi dal ‘34 al ‘36 e ancora nel 1939.
Il nome di Grau è importante e conosciutissimo in Sudamerica, grazie soprattutto a due eccellenti opere di divulgazione del gioco, opere che furono un punto di riferimento basilare per diverse generazioni di scacchisti d’oltre oceano. Si tratta di “Cartilla de ajedrez”, indirizzato ai neofiti del gioco, e dei quattro eccellenti volumi del “Tratado general de ajedrez” (del 1930), tradotti in numerose lingue e l’ultima volta presentati in Spagna addirittura nel 2000.
La foto sotto il titolo ha sempre ricordato a Grau, che era un patriota e nazionalista convinto, un significativo particolare di quel torneo di Sanremo 1930. Così egli raccontava: “Yo tenía a mi lado la bandera argentina. Y en voz baja, yo le hablaba a ella. Era la única que podía entenderme”. Non c’è bisogno di traduzione!
Grau era una persona amabile, loquace e gioviale. Carlos Guimard così lo ricordava: “…ese inolvidable titán simpático y dicharachero, que reducía a cero cualquier complicación”. (..quell’indimenticabile personaggio amichevole e spiritoso, che riduceva a zero qualunque complicazione).
Un’ombra sulla Federazione Argentina, e quindi sullo stesso Grau, si allungò dopo il famigerato “Torneo delle Nazioni” (Olimpiadi) del 1939 (da lui fortemente voluto e organizzato al Teatro Politeama di Buenos Aires), quando numerosi giocatori europei decisero di restare là in conseguenza delle nostre sciagure e dell’imminente guerra.
Della squadra estone, medaglia di bronzo a Buenos Aires, ad esempio, fecero ritorno tutti in Europa (Keres, Schmidt, Friedemann e Turn) tranne il giovane Ilmar Raud (1913-1941), campione di Estonia nel 1934. Ebbene, mentre alcuni giocatori trovarono in Argentina aiuti, fama e fortuna (vedere Najdorf e Stahlberg), altri non ebbero le stesse possibilità e, dopo qualche tentativo di sopravvivere con l’insegnamento, furono in breve emarginati fino a mendicare e a soffrire la fame. E di fame (o forse di polmonite) morì in manicomio il 13 luglio del 1941 il povero Raud, una persona terribilmente modesta e fragile, trascinato il giorno precedente in una stazione di polizia di Buenos Aires e non assistito a dovere perché considerato un semplice ubriaco. Ma di questo disgraziato e brillante scacchista estone verremo in altra occasione a parlare.
Torniamo a Roberto Grau e alla sua principale attività, quella di organizzatore e giornalista. Non fu amato da tutti, tutt’altro.
A chi volesse approfondire gli eventi dello scacchismo argentino in quegli anni tormentati e discussi è da consigliare un poderoso testo di Juan Sebastiàn Morgado, dal titolo “Luces y sombras del ajedrez argentino” (ed. Dunken, Buenos Aires 2014), oltre 330 pagine che partono dagli anni 1918-19, con la visita a Buenos Aires di Marcel Duchamp, e arrivano agli anni ’50 di Miguel Najdorf e Oscar Panno e poi a Che Guevara e Fidel Castro. Un intero capitolo di oltre 40 pagine è dedicato ai “nemici” di Grau, tali Adolf Jacob Seitz ed Henrique Boero (editore di altra pubblicazione: “Caissa”).
“El Ajedrez Americano” era la rivista di Grau. Fu pubblicata, non ininterrottamente, fra il 1927 e il 1941.
El ajedrez americano fu assai pubblicizzata in Italia dalla “Italia Scacchistica”. Eccola come la presentavano sul numero di agosto 1929:
Grau fu anche responsabile della rubrica scacchi “Frente al Tablero“, contenuta nel quotidiano La Naciòn di Buenos Aires e di “Entre las Torres” della rivista “Leoplan”.
Cosa erano gli scacchi per Robert Grau? Questo: “El ajedrez es no sólo un juego de la inteligencia, sino un ejercicio de la inteligencia” (“gli scacchi non sono solo un gioco d’intelligenza, ma un esercizio di intelligenza”).