Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Scacchi e ipnotismo

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(Riccardo M.)
Cosa c’entrano qui da noi i pesci? Beh, era un’antica e ben nota tradizione mediterranea quella della “pesca con le lampare”, che venivano utilizzate per far cadere in “ipnosi” i pesci e così catturarli senza eccessivo sforzo.
Venendo agli scacchi, più di una volta alcuni giornalisti notarono come il campione del mondo Mikhail Tal fosse solito fissare a lungo i suoi oppositori durante la partita.

Il “diavolo di Riga” ipnotizzava forse gli avversari? Era certamente una leggenda, ma ad alimentarla contribuì una mossa “dubbia” di Pal Benko, il quale, durante una partita con Tal nel Torneo dei Candidati del 1959, inforcò ad un certo punto un paio di occhiali scuri “per difendersi dallo sguardo demoniaco di Tal”. Poi in realtà Benko rettificò il tiro, asserendo che a fare quella mossa, cioè a chiedergli di mettere gli occhiali, sarebbe semplicemente stato un fotografo per ragioni artistiche.

Molto tempo dopo si ebbe il caso-Zukhar, nel mondiale di Baguio 1978, quando l’intelligentissimo Viktor Korchnoi, temendo di essere ipnotizzato da quello strano personaggio (un parapsicologo) dell’entourage di Anatoly Karpov, pretese e ottenne che il tipo si sedesse lontano dalla scacchiera, in settima fila, e, non contento, anche lui si difese indossando comodi occhiali da sole.

In quei giorni sul New York Times si leggevano queste parole del GM Robert Byrne: “Karpov ha preso Vladimir Zukhar, con gli occhi presumibilmente simili a carboni ardenti, e lo ha piantato nelle prime file di spettatori”. 

Non gli bastò la settima fila, e allora “il terribile Viktor” decise di fargli sedere a fianco un suo uomo di fiducia (pare un filippino indagato per tentato omicidio!), il quale avrebbe annullato la nefasta influenza del parapsicologo-ipnotizzatore facendogli roteare un cappellino intorno alla punta di un piede.

Non gli bastò ancora, poverino, e allora prima della diciassettesima partita chiese che il dr. Zukhar fosse espulso dalla sala, altrimenti non avrebbe giocato. Gli organizzatori si limitarono a far retrocedere lo Zukhar in ultima fila. Il sempre più nervoso Viktor giocò lo stesso e giunse nella posizione del diagramma:

Korchnoi-Karpov, Baguio 1978, R17
Korchnoi-Karpov, Baguio 1978, 17^ del match

I grandi maestri in sala erano concordi nel dire che per pattare gli era sufficiente spingere il pedone “g”. Invece Korchnoi, a corto di tempo come spesso gli accadeva, giocò l’infelice 39. Ta1??, prendendo matto dopo 39. … Cf3+ e andando sotto per 1-4 nel computo delle partite. Proviamo a dare una spiegazione a quella infelice mossa? Sì? Ebbene, forse a sbagliare fu il tizio del cappellino: avrebbe dovuto farlo roteare sul piede sinistro anziché sul destro, nel senso inverso e per diciassette volte anziché una sola …..

Karpov vinse quel mondiale col minimo scarto: 6 a 5 con 21 patte. Disse un giorno Garry Kasparov: “Mi chiedo quanto Korchnoi avrebbe potuto far meglio in quel match se non avesse investito tanta energia per ribattere le provocazioni di Karpov”.

E’ interessante, a proposito di provocazioni di Karpov/Korchnoi, guardare cosa scrive Jan Timman nel suo libro  (“Timman’s Titans”, 2016) . Timman ricorda quanto accadde nel primo match fra i due, quello del 1974 a Mosca che avrebbe dovuto designare lo sfidante di Fischer. Fu Korchnoi a iniziare la battaglia (para)psicologica ingaggiando un tal Rudolf Zagainov, al quale il team di Karpov rispose poi con Vladimir Zukhar. Pertanto, come dire?: “chi di spada ferisce, di spada perisce”. E infatti arrivò Baguio….. La cosa incredibile, racconta ancora Timman, è che lo stesso Karpov ingaggiò in seguito Zagainov per uno dei match contro Kasparov (Lione 1990).

Le leggende in verità si propagano come il vento. Oggi si propagano ben più che ai tempi di Tal o di Korchnoi, tanto è vero che raggiungono milioni di persone in un batter di ciglio (o meglio, di tasto, grazie o per colpa soprattutto di Facebook) e che quelle che si chiamano “fake news” vengono da taluni utilizzate come una letale arma politica, e purtroppo con largo successo visto che in giro pare siano in tantissimi a credere che “i pesci volano” oppure a credere alle rotazioni dei “cappellini filippini”.

Eppure sull’ipnotismo negli scacchi si è discusso spesso. Fra i primi a parlarne fu Siegbert Tarrasch, oltre mezzo secolo prima delle vicende Tal/Benko e Karpov/Korchnoi. Tarrasch, dopo il torneo di Hastings 1895, non esitò a trovare la spiegazione di certi eccellenti ma imprevisti (da lui) risultati di Emanuel Lasker nei sospetti poteri parapsicologici del tranquillo Emanuel.

Tarrasch, che vedeva Lasker come il fumo negli occhi, accusandolo di vincere solo grazie ai suoi “sporchi trucchi”, non trascurò mai questa sua fissazione. Però dopo il loro match del 1908, che Tarrasch perse nettamente per 3 a 8 (5 patte), egli non ebbe il coraggio di accusarlo più di tanto, e trovò un diverso colpevole per la sua debacle: “il clima umido”.

Nel 1910 si ebbe il match mondiale fra Lasker e David Janowski. Quest’ultimo fu annichilito dal campione, ma in una di quelle partite Tarrasch individuò in un mancato sacrificio di Donna di Janowski, per solito un combinativo implacabile, la prova dell’influenza ipnotica di Lasker.

Lasker-Janowski, Berlino 1910, R5
Lasker-Janowski, Berlino 1910, 5^ del match

Scrisse Tarrasch: “E’ incredibile che un giocatore come Janowski abbia optato per la perdente 17. … Ae7-h4+ invece della brillante e vincente 17. … Dxc3+! Volenti o nolenti, si deve pensare all’ipnotismo, all’incantesimo, perché è insolito vedere una simile indolenza in un giocatore risoluto come Janowski. Dobbiamo credere realmente che Lasker sappia esercitare un’influenza sui suoi avversari: è difficile altrimenti spiegare come parecchi validi maestri abbiano perduto con Lasker delle partite già vinte”.

Per la cronaca, e messe da parte (per ora) alcune perplessità su quei commenti tecnici  così decisi di Tarrasch, il buon Janowski abbandonò la partita alla mossa n.29 e Lasker poté allungare sul 4-1 (finale 9,5-1,5).

Lasker, pur irritatissimo da quel perdurante e ostile atteggiamento del “Praeceptor Germaniae” (sic!) nei suoi confronti, pare non abbia mai voluto pubblicamente replicare all’invidioso connazionale.

Insomma, perché si perde a scacchi? Ipnotismo o “clima umido”? E’ qui evidente un altro aspetto psicologico: la più parte degli scacchisti attribuisce quasi sempre le proprie vittorie ai propri meriti e alla propria forza e superiorità, mentre i risultati negativi dipenderebbero spesso da altre circostanze (come in tutti gli sport, del resto).

In proposito basta leggere tutte le cronache nazionali dei tornei europei negli anni fra il 1920 e il 1960, allorché la spiegazione ai ricorrenti ultimi o penultimi posti degli italiani (quando invitati) risiedeva costantemente nelle “non ottimali condizioni di salute” o negli “impegni di lavoro” o nella “cattiva cucina dell’albergo” che aveva procurato qualche “fastidiosa indisposizione” o, più semplicemente, era individuata nello “aver buttato via posizioni vantaggiose”.

E’ divertente come quegli stessi che s’inventano scuse e accuse, come Tarrasch, poi non si rendano a loro volta conto di quanto le stesse scuse/accuse potrebbero essere utilizzate contro di loro. Prendiamo proprio Tarrasch. E’ curioso che ad Hastings 1895 Lasker abbia perso un finale con Tarrasch in una maniera veramente assurda:

Tarrasch-Lasker, Hastings 1895
Tarrasch-Lasker, Hastings 1895

Nella posizione del diagramma penso che qualunque principiante avrebbe giocato la spontanea 41. … c2,  mettendo il Bianco di fronte a problemi difficili da risolvere (“assicurandosi la vittoria” scriveva ben sicuro il noto problemista italiano Vittorio De Barbieri). Lasker invece ebbe un abbaglio clamoroso e optò per 41. … Rd3??  subendo la naturale 42. Cxc3 e finendo poi per perdere dopo: 42. … Rxc3 43. g5 Ab6 44. h4 Ad4 45. h5 b5 46. h6 b4 47. g6 a5 48. g7 a4 49. g8=D 1-0.

Quale la spiegazione di quel fattaccio? Una congiunzione astrale negativa? Malocchio o fenomeni mistici o altre idiozie del genere? O forse Emanuel quel giorno premette il tasto sbagliato di una infernale “lampara” e ipnotizzò se stesso anziché Siegbert?

Comunque sia, io credo che osservare qualche secondo in più l’avversario e la scacchiera non sia affatto sbagliato. Altrimenti può succedere quello che successe al lituano Semën Alapin proprio in una partita (guarda caso!) contro Tarrasch, ovvero la Tarrasch-Alapin di Breslavia 1899: 1.e4 e5 2.Cf3 Cf6 3.Cxe5 d6 4.Cf3 Cxe4 5.d3 d5?? 6.dxe4 1-0.

Cosa accadde a Breslavia? Ipnotismo al contrario? O Lasker aveva prestato la sua infernale “lampara” al nemico di sempre? No, accadde che Alapin fosse convinto che Tarrasch avesse risposto a 4. … Cxe4 con il suo consueto tratto 5.d4, e quindi non alzò neppure gli occhi dal formulario e vi trascrisse due mosse consecutive. Quando li riposò di nuovo sulla scacchiera, si accorse che non c’era più il suo Cavallo in e4: un sacrificio involontario quanto assurdo! E naturalmente senza nessun incantesimo, vero Herr Tarrasch? Vero, perché tutto ha una spiegazione, e talvolta più di una.

Ebbene sì, si può anche essere grandi maestri, ma ciò non sempre evita di aggirare il saggio pensiero “Stultorum mater sempiter gravida est”.

Pesci al Gazometro - 2

Noi, che invece ci aggrappiamo ostinatamente alla prosaica realtà e alle antiche sane tradizioni, preferiamo mettere volentieri in calendario, nella seconda metà di luglio 2019, una visita alla bella cittadina di Cetara, sulla costiera amalfitana, per la 44ª edizione di un caratteristico e spettacolare evento: “La notte delle Lampare”. Venite con noi a divertirvi? Però non dimenticate a casa una scacchiera ….

p.s.: le due fotografie (“pesci al Gazometro”) sono di Riccardo Moneta.

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