Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Quei due piccoletti di Fischer e Kasparov

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(Riccardo M.)
Tutti i grandi sono stati per una volta piccoli. Per fortuna nessun uomo può dire di non essere stato bambino. Noi oggi possiamo sapere, se vogliamo, quasi tutto dei grandi, cioè dei grandi campioni di un qualunque sport.
A me invece piacerebbe sapere qualcosa di più su quei bambini che poi sono divenuti famosi, sono divenuti dei campioni, negli scacchi e non soltanto negli scacchi.

[Bobby Fischer nel 1957, foto di Robert Walker]

Erano forse dei predestinati? Quanto ha inciso il caso? Quanto la famiglia, o la scuola o la condizione sociale? E cosa pensavano, ad esempio, un Fischer ed un Karpov o un Carlsen da bambini? Quali erano i loro sogni? E le loro abitudini? E quali particolari hanno contribuito a far scattare la loro passione per il nostro gioco? E perché proprio gli scacchi?
Ecco qualche spigolatura intorno ad un paio di bambini che sarebbero da grandi diventati campioni (e che campioni!): Fischer e Kasparov.

La prima mossa, ovviamente, spetta all’americano. Che bambino era Robert James Fischer, nato a Chicago il 9 marzo del 1943?

Fischer imparò il gioco esattamente come me (forse l’unica cosa che ho avuto in comune con lui, ma con opposti risultati), ovvero leggendo, all’età di 6 anni, il libretto di istruzioni allegato ad una scacchiera che gli era stata regalata. E iniziò a giocare con la sorella undicenne Joan. La madre, Regina Wender, nata in Svizzera da una famiglia di origini ebraiche, ebbe un ruolo determinante nella educazione di Robert, in assenza della figura paterna.

H.C. Schonberg, in “Grandmasters of Chess” (1973), parlava così del piccolo Bobby: “ … si stabilì a Brooklyn, dopo aver girovagato senza pace tra Oregon, Arizona e California… non portava mai la camicia, ma tute, e non sopportava di vestirsi come gli altri, era del tutto anticonformista … alunno mediocre, ma di intelligenza superiore alla media, di famiglia povera, in quarta elementare ebbe una borsa di studio dalla scuola comunale Woodward … i suoi insegnanti notarono la sua anormale smania di primeggiare in ogni tipo di gioco”. La stessa madre ricordava come fin da piccolo Robert fosse interessato a qualunque tipo di gioco: ”si divertiva a separare gli anelli concatenati giapponesi e cose del genere che per me erano un vero rompicapo”.

Ma Bobby non faceva volentieri i compiti, l’unica cosa che lo occupava molto volentieri era imparare a memoria le partite pubblicate sui periodici “Chess Review” e “Sachmaty”. Il suo anticonformismo esasperato lo portò presto ad abbandonare la scuola (“ci insegnano roba che non serve a niente”) e a buttarsi sugli scacchi, frequentando ogni giorno il Brooklyn Chess Club.

Fischer non sopportava nulla che non fossero gli scacchi, soprattutto non sopportava le donne, e nemmeno la madre ancorché si chiamasse Regina. Ne abbiamo già parlato in un nostro precedente post di questo suo atteggiamento.

Ancora a proposito di donne, in una celebre intervista (1) rilasciata nel 1961 (quindi a 18 anni) a Ralph Ginzburg, Bobby esprimeva così il suo pensiero sulle donne: “Sono stupide se paragonate agli uomini, e non dovrebbero giocare a scacchi perché restano sempre delle principianti”, sulle donne nella scuola: “Non ci dovrebbero essere donne nella classe insegnante, non sanno insegnare; e non dovrebbero nemmeno farle andare a scuola”, e sull’unica donna che ha conosciuto bene, la mamma Regina: “Non la sopportavo, mi metteva i piedi in testa e me ne sono sbarazzato”. Nonostante ciò (come riferiva ancora H.C.Schonberg nel testo già citato) egli non disprezzava letture di alcuni rotocalchi come “Playboy”.

Non gli piacevano in verità anche certi uomini, cioè gli ebrei: “Sì, ci sono troppi ebrei che giocano a scacchi, pare che gli scacchi siano in mano loro; e poi non si sanno vestire”.

E non gli piacevano certi circoli scacchistici: “Oh, i bei circoli di una volta, dove gli uomini erano in giacca e cravatta e dove le donne non potevano entrare!“.

Successivamente Fischer smentì di aver mai rilasciato a Ginzburg alcune di queste, ed altre, dichiarazioni. Ma la loro sostanza non dovrebbe cambiare granché.

E che bambino era Garry Kasparov, nato a Baku (Azerbaijan) il 13 aprile del 1963? I suoi genitori, la mamma armena (Klara Kasparjan) e il padre azèro ed ebreo (Kim Moiseevič Vajnštejn), erano persone appartenenti alla classe benestante di Baku, colti ed educati. E brillante e intelligente si rivelò presto il loro piccolo “Garik”, al quale, al contrario di Bobby, non piacevano molto giochi e giocattoli; lui pareva più interessato a libri e giornali. Entrambi i suoi genitori conoscevano gli scacchi ed una sera, quando aveva appena 5 anni, fu lui a risolvere prima di loro un problema di scacchi. Era un segnale! Nel 1970 suo padre morì improvvisamente a causa di un linfosarcoma, e in seguito lui prese il nome “russificato” di Kasparov, per strategica decisione della madre, che non si risposò più e con la quale visse a lungo in un elegante appartamento al centro di Baku.

Con il piccolo Bobby, a parte la passione per gli scacchi, il piccolo Garry ebbe in comune anche una borsa di studio, che gli fu concessa all’età di 13 anni.

Lo scrittore serbo Dragoslav Andric riportò (in “L’Italia Scacchistica” n. 3/1991) un aneddoto sul piccoletto (7 anni) Kasparov che era stato raccontato durante le Olimpiadi del 1990 a Novi Sad da uno degli arbitri, Faik Hasanov:

Io vidi Garry per la prima volta al Palazzo dei Pionieri di Baku nel 1970 ed egli attrasse subito la mia attenzione per l’originalità del suo gioco…. Il suo primo allenatore, Oleg Privotorovsky, due anni dopo mi chiese di far partecipare Garry al torneo “May Lightning”. Il ragazzino era piuttosto piccolo e muoveva i suoi pezzi stando in piedi davanti al tavolo. Dava l’impressione di non impegnarsi, ma si piazzò per la finale superando alcuni Candidati Maestri….”

Garry allora aveva appena 7 anni. Hasanov proseguiva raccontando di essere stato il primo a scrivere (su un quotidiano serale di Baku) un articolo sul bambino Garry dal titolo “Bambino di 2^ categoria tra i finalisti” e che perciò ebbe sempre la riconoscenza del campione, il quale quando divenne campione sovietico junior gli regalò un libro con questa dedica: “Ad Hasanov, l’uomo che mi ha scoperto”.

Qualche mese dopo Hasanov volle presentare il piccolo Vajnštejn/Kasparov niente meno che a Mikhail Tal. Il grande Mikhail fu molto scettico in prima battuta (“Ma perché in ogni città dove metto piede mi dovete sempre presentare un promettente talento?”), salvo ricredersi alcuni giorni dopo, quando incontrò il piccolo Gary e “gli diede i suoi apprezzamenti più alti”.

Kasparov deve molto ad un altro personaggio, il mecenate azèro Heydar Aliyev, che spesso aveva ospitato nella sua dacia estiva il piccolo Garry con la mamma, e che prese sotto la sua ala protettiva il campione in erba. Kasparov lo riconobbe in un’intervista rilasciata ad “azerisport.com” nel 2012: “Ho sempre detto che Heydar Aliyev ha fatto molto per me e per la mia carriera. Se non fosse stato per lui, forse non sarei diventato il Campione nel 1982”.

Oltre ad Hasanov, ad Aliyev e ai suoi primi allenatori, Kasparov ricorda bene come ebbe da bambino la sua prima scacchiera. Lo ricorda anche in un’intervista realizzata dallo scrittore Roberto Saviano e pubblicata su “La Repubblica” il 13 marzo 2016:

Sono cresciuto giocando a scacchi. La mia prima scacchiera l’ho avuta da bambino, dono di un uomo che con i suoi racconti e il suo volermi bene mi ha indirizzato la vita. Si chiama Vittorio Marguccio. Perché quando qualcuno ti inizia agli scacchi ti sta regalando una nuova strada attraverso cui stare al mondo. I pedoni scardati, le caselle scolorite, le rigature sul legno, la sabbia o il terriccio testimoni dei luoghi in cui giocavo. Ricordo tutto di quella mia prima scacchiera”.

Può alzare a questo punto la mano (oppure digitare un “io” sulla tastiera) chi di voi lettori ha dimenticato la propria “prima scacchiera” di bambino … E, soprattutto, adesso non dimenticate di regalare una scacchiera ai vostri nipotini quando compiranno 5 anni!


(1) da “The Complete Chess Addict” di Mike Fox e Richard James, Londra 1987

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