Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

La Partita di Giacosa, le mosse di Dolci

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(Adolivio Capece)
Come già notava più di un secolo fa lo scacchista genovese Annibale Dolcispesso gli artisti senza curarsi delle leggi più elementari degli scacchi muovono i pezzi sullo scacchiere in modo del tutto arbitrario”.
Nel tentativo di ovviare a questo inconveniente lo stesso Dolci propose una sequenza di mosse che potesse accordarsi ai versi de “La partita a scacchi” di Giuseppe Giacosa; la prima pubblicazione fu fatta nel fascicolo di dicembre del 1907 da “La Rivista Scacchistica Italiana”.

[Nell’immagine di apertura, Giacomo Puccini con Giuseppe Giacosa, librettista di “Tosca” e Luigi Illica, librettista di “Madama Butterfly”, 1900]


La ricostruzione del genovese Annibale Dolci è molto verosimile: Iolanda è brava e lo si vede da come gioca all’inizio, poi non riesce a rimanere insensibile al fascino di Fernando e non solo gli permette di recuperare mettendo in presa un Cavallo ma lo fa in modo da permettere una inchiodatura (quella del Pedone f2) che poi sarà determinante per la vittoria del nero.

§§§§§

(I due si apprestano a giuocare, Iolanda ha i pezzi bianchi. Il tavolino a cui stanno seduti i due che giuocano è vicino al proscenio, mentre invece il camino è in fondo alla scena).

1. d4 d5 2. Cf3 Ag4   3. c4 e6      4. Af4 Cf6  5. Cc3 c5

(Fernando a Renato)
Scusate il soverchio ardimento, ma un giuoco tal richiede un giuocatore attento. Il conte di Fombrone presso il fuoco vi aspetta, direte insiem le gioie dell’età prediletta. Qui si vuol esser soli.

6. Cb5 Ae7 7. Cc7+ Rf8 8. C:a8 Ca6  9. c:d5 C:d5  10. Ae5

(Iolanda)
Che hai, paggio Fernando? Non giuochi e non favelli.
(Fernando)
Ti guardavo negli occhi, che sono tanto belli.

10… h6

(Iolanda)
Ed io senza periglio decimo le tue schiere. Già perdesti una Torre, e dò scacco all’Alfiere. Se non provvedi tosto a metterlo da banda. Attento ai mali passi.

11. h3

(Fernando)

11… Af5

Grazie, bella Iolanda. Pensavo a mille cose lontane, e stavo muto. Per la triste certezza che tanto avrei perduto. Eccomi a tal ridotto che un sol passo non feci.
(Iolanda)
Vuoi tu, paggio Fernando, che mutiamo le veci?
(Fernando)
No, tienti la tua sorte e lasciami la mia.
(Iolanda)

12. Ch4

A te, non trovi nulla che t’ingombri la via? Oh la sventata! Vedi che ho messo il piede in fallo. Ti do scacco all’alfiere, e disarmo il Cavallo.
(Fernando, prende il cavallo)
Non ardirei di prenderlo, l’accetto come un dono.

12… A:h4

(Iolanda)
Vedi l’avventurata giocatrice ch’io sono! Neppur credi all’errore.
(Renato avvicinandosi)
Come sta la partita?
(Fernando)
Io perdo.
(Renato, contento)
Sì? Fanciullo, facciamola finita, Smetti il giuoco, fu scherzo la scommessa.
(Fernando)
Vi pare! Con voi, nobil signore, non ardirei scherzare, Né con veruno al mondo, intorno a un argomento…
(Renato)
Tu perdi, me l’hai detto tu stesso.
(Fernando)
E non consento perdente a grazia alcuna, ché vincitore, avrei altamente vantati tutti i diritti miei.
(Renato)
Bada a tentar la sorte, paggio, bada!
(Fernando)
La tento. E data una parola, signor, non mi ripento.
(Renato)
E tal sia  (s’allontana e poi ritorna)  No, sei giovane, fanciullo, e ardimentoso. E d’una tua disgrazia non mi darei riposo. Smetti quella fierezza, renditi al buon consiglio, io te ne prego, come si pregherebbe un figlio. Sei in tempo, ritraggiti, tu sai quanto t’aspetta… Iolanda, te ne prego, digli che mi dia retta.
(Iolanda)
Perché mi dovrò esporre io pure ad un rifiuto? Un istante può rendergli il terreno perduto.

13. g4

(Renato)
La vanità di vincere ti fa di questo avviso.
(Iolanda)
O padre!
(Renato)
Ma tu ignori che s’ei perde, è deciso…
(Fernando, interrompendolo)
Conte… Fate opra inutile, nessuno mi cancella dal cuore una promessa.
(Renato)
Ti lascio alla tua stella.
(Renato va di nuovo presso Fombrone, con cui conversa a bassa voce. Iolanda e Fernando giocano per alcuni istanti senza far motto).

13… Cab4  14. g:f5

(Iolanda)
Che volle dir mio padre con quelle sue parole: Se egli perde è deciso?…
(Fernando)
Nulla ch’io sappia – fole…
(Iolanda)
Eppure mi pareva che parlasse assennato, E tu l’interrompesti tutto quanto turbato. Che perdi tu, se perdi?
(Fernando)
Nulla che mi stia a cuore.
(Iolanda)
Mio padre più ti teme vinto che vincitore. Non so perché, Fernando, son pensosa e afflitta.
(Fernando)
Bella Iolanda, allegrati, sarà mia la sconfitta.
(Iolanda)
Oh! Perché con sì tristi presagi ti martelli?
(Fernando)
Io? Ti guardo negli occhi, che sono tanto belli!
(Iolanda)
Sei mesto nel sembiante, perché? La tua ferita ti duole forse?
(Fernando)
Punto… Com’è bella la vita!
(Iolanda) – (Pausa)
Paggio Fernando, è molto lontano il tuo paese?
(Fernando)
Io nacqui dove l’aria è tepida e cortese; dove la terra è piena di cantici e di fiori. Dove in grembo alle Muse sorridono gli amori. Dove nel mari si specchiano i pallidi oliveti, dove i colli son ricchi d’aranci e di palmeti, dove tutto è profumo, dove tutto è sorriso, dove non si vagheggia più bello il Paradiso, dove spiran le brezze del sonante Oceàno. E quel vago paese è lontano, lontano.
(Iolanda)
Le donne vi saranno leggiadre e amorose.
(Fernando)
Sì, facili all’amore, ma folli e obliose; sì, il mio sole di fuoco nutre beltà procaci; sì, Quelle labbra ardenti sono fatte pei baci. Ma noi cresciuti ai torridi meriggi, e in mezzo ai fiori inebrianti e pinti dei più vivi colori, amiamo i molli petali flessuosi e pallenti, amiamo le corolle bianche dei cieli algenti ed una treccia bionda, e un occhio azzurro, e un bianco viso ed un abbandono soavemente stanco, ci suscitano le accese fantasie del pensiero più che una chioma bruna e più che un occhio nero. Il mio mare lontano è azzurro, azzurri i monti che si veggon da lungi e son d’oro i tramonti. (Pausa). Tu sei bella, Iolanda.
(Iolanda)
Com’è dolce il tuo dire!
(Fernando)
Senti, hai tu mai pensato che si possa morire prima d’aver provato che cosa sia l’amore? Prima che un sol fiorisca dei germogli del cuore? Prima di bisbigliarsi le più ardenti parole? Prima d’aver goduta la tua parte di sole?
(Iolanda)
Oh no!
(Fernando)
No, non è vero? Se non fosse che un’ora, un’ora dell’ebbrezza che ogni ebbrezza scolora, le mie pupille un’ora fissate nelle tue, e poi venga il destino.
(Iolanda)
Si morirebbe in due.
(Fernando)
Che morbidi capelli!
(Iolanda)
Perché parli di morte quasi che ti volessi doler della tua sorte?
(Fernando)
Come hai dolce il sorriso!
(Iolanda)
Perché, paggio Fernando, mi guardi così mesto mesto?
(Fernando, ricomponendosi d’un tratto)
Nulla, andavo pensando a speranze impossibili, a confusi desiri; giochiamo, ho fatto un sogno d’oro…

14… Da5

(Iolanda)
Perché sospiri?
(Fernando)
Sospiro… la mia pace, le mie terre lontane.
(Iolanda)
E gli sguardi ottenuti di belle castellane.

15. Ag2

(Fernando)
Bada, or sei tu che perdi (indicandole il giuoco).
(Iolanda)
Me ne dai con premura l’avviso, la vittoria par ti metta paura.
(Fernando)
Oh! Ma non sai, Iolanda, che ho giocato la vita? Non lo sai che se perdo questa volta è finita? Non lo sai che sei bella, come nessuna al mondo? Che amo il tuo fronte bianco ed il tuo crine biondo? Che di mio non ho nulla che il sangue delle vene? Che sono solo al mondo se tu non mi vuoi bene?
(Iolanda)
E tu, cieco, non vedi che m’affanno da un’ora per goder quest’ebbrezza che ogni ebbrezza scolora?
(Oliviero a Renato)
Guarda com’è pensoso, colla testa china…
(Renato)
Come va la partita?
(Fernando)
Do scacco alla Regina.

15… Ce3

(Iolanda)
Ascoltami, Fernando, questa è la prima volta che mi giunge una voce d’amore a me rivolta. /…/ Venner marchesi e conti a cercarmi in isposa, ma tutti li respinsi per ripugnanza ascosa. Tu giungesti, Fernando, tu che sei forte, e bello, e una voce nell’anima mi gridò tosto: è quello.
(Fernando)
La tua mano, Iolanda. Mano bianca, sottile, non avrai tu la sorte di un umil paggio a vile?
(Iolanda, sorridendo)
È il destin che ci unisce nella sapienza sua; guarda, due mosse ancora e la vittoria è tua.

16. Ad6+

(Renato, avvicinandosi)
A che ne siamo?
(Iolanda, sorridendo)
Padre, la vostra figlia invitta medita il disonore di una prima sconfitta.
(Renato)
Perdesti?
(Iolanda)
Non ancora, ma perderò.
(Renato)
Fernando, ascoltami, sospendi, io vaneggiavo quando t’offersi quella sfida. Scegli fra i miei castelli il più forte, il più ricco, è tuo; ma si cancelli questo patto impossibile, rendimi la mia fede, Ti farò ricco e nobile… è un padre che tel chiede.
(Fernando)
Signore, a tanta offerta una risposta sola: amo la figlia vostra, Conte, ho la tua parola.

16… Rg8

(Renato)
La terrò, se lo imponi, ma se onor ti consiglia, se in cuore un po’ d’affetto tu nutri per mia figlia, pensa, e s’io ti rammento tristi cose, perdona, pensa che già respinse una ducal corona, ch’essa è quanto rimane di un antico lignaggio, pensa che più d’un principe invidia il suo retaggio.

17. Dd2

(Fernando esita; Iolanda se n’avvede e lo spinge con gesti a giuocare)
(Iolanda, a bassa voce)
Giuoca, Fernando.
(Renato)
Un giorno, paggio, tu pure, è vero, sarai forse possente e ricco cavaliero, ma finor…
(Iolanda) – (a bassa voce)
Giuoca, giuoca, un passo sol.
(Renato)
Finora di tua vita, Fernando, tu non sei che l’aurora; Iolanda è bella, è ricca, e… suo padre tel dice, a lungo non potrebbe con teco esser felice.
(Mentre Fernando esita, Iolanda di soppiatto lo piglia dolcemente per mano, e fa lei una mossa per lui).
(Iolanda)
Padre, è tardo il consiglio, quello che è fatto è fatto, l’onor vostro è impegnato.
(Renato)
Che dici?

17… Cbc2

(Iolanda, alzandosi e con lei tutti)
Scacco matto!
(Oliviero)
Fernando ebbe il demonio o l’amor dalle sue.
(Iolanda a Renato)
M’offrivate uno sposo e lo scegliemmo in due.
(Renato)
E così mi ti mostri vergognosa ed afflitta?
(Iolanda, abbracciando suo padre e porgendo una mano a Fernando)
Chi vince è di famiglia, quindi non c’è sconfitta.
(Renato a Fernando)
Dacché il fasto di un nome non ti concesse Iddio, ti sembra a sufficienza degno ed illustre il mio?
(Fernando)
Signor…
(Renato)
Sei prode all’opera e assennato al consiglio, ed io ringrazio il cielo che m’ha donato un figlio.
(Fernando, dopo di essersi inginocchiato ai piedi di Renato il quale gli pone le mani sul capo, s’alza e si volge a Iolanda senza dire parola).
(Iolanda)
E ancor, paggio Fernando, mi affisi e non favelli?
(Fernando)
Io ti guardo negli occhi, che sono tanto belli.

FINE


Giuseppe Giacosa, Annibale Dolci e le mosse della partita a scacchi:

Jolanda – Fernando

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