Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Verdoni, uno scacchista italiano contemporaneo di Brühl, Atwood e Philidor

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(Bruno Arigoni)
La storia degli scacchi in Italia è talmente ricca di personaggi ed eventi che, inevitabilmente, si corre il rischio di trascurare alcuni dei suoi protagonisti.

I testi sono abbastanza avari di resoconti biografici su Verdoni (o Verdini secondo Gay, come riporta il “Dizionario Enciclopedico degli Scacchi” di Chicco e Porreca, che potrebbe essere lo pseudonimo dello storico americano Jeremy Gaige, di professione giornalista, oppure il maestro Gay Antonio (Roma 7/10/1913 – ?)[1], unica voce nello stesso testo indicata con questo cognome, ma più probabilmente lo storico francese Jean Gay, autore di una bibliografia aneddotica del gioco degli scacchi pubblicata nel 1864).[2]

Era un giocatore italiano del quale però non viene riportato il nome di battesimo, il luogo e la data di nascita; nell’“Oxford Companion to Chess” è indicato che morì nel 1804 in Inghilterra (probabilmente a Londra).[3]

Nel volume “Storia degli scacchi in Italia” di Chicco e Rosino (Marsilio Editori) non si trovano ulteriori notizie biografiche in merito, ma è riportata una sua partita contro Brühl (Londra 1795) dove Verdoni dava il pedone f7 e il tratto di vantaggio. È tuttavia possibile che su di lui sia stato scritto qualche articolo biografico su qualche rivista, ma il materiale e il periodo su cui effettuare la ricerca sono troppo vasti per avere una risposta certa, nell’ambito del presente articolo. La principale fonte di informazioni biografiche resta il “Dizionario” di Chicco e Porreca (Mursia 1971).

L’“Oxford Companion to Chess” riporta che Verdoni apprese il gioco in tarda età rispetto alla media, cioè nel pieno della sua maturità, e non in gioventù come avveniva generalmente, ma è probabile che conoscesse il gioco fin da ragazzo per poi rivelarsi al Café de la Régence di Parigi come uno dei maggiori giocatori d’Europa.

Non sono note delle partite tra l’Italiano e Philidor ma, mentre per quest’ultimo la fama era anche dovuta alla carriera di musicista, Verdoni ebbe una grande reputazione soprattutto come scacchista.

La sua notorietà fu tale che era normale affermare, nelle posizioni molto vantaggiose, “è una posizione così buona che si vincerebbe anche contro Verdoni!”. Nell’immaginario degli scacchisti dell’epoca era quindi l’Italiano ad avere la maggiore fama di imbattibilità, anche se probabilmente di forza non dissimile rispetto a Philidor; tuttavia quest’ultimo impresse un’impronta culturale certamente rafforzata dalla sua reputazione di musicista.

Ma Verdoni, che incarnava forse meglio la figura dello scacchista professionista, era considerato sicuramente il Campione del mondo ideale, almeno tra i giocatori della sua epoca. Löwenthal lo considerò tale dal 1795, anno in cui morì Philidor. A lui si ispirò Sarratt, che divenne un ammiratore dello stile di gioco italiano, ritenuto il più brillante. Lewis considerò Sarratt “uno dei più sottili giocatori della sua epoca”, forse proprio perché l’Inglese ebbe la lungimiranza di approfondire appunto i diversi stili di gioco.

Nel 1775 Verdoni fu coautore (insieme a Bernard, Carlier e Léger) del “Traité Théorique et Pratique du Jeu des Échecs, par une Societé des Amateurs”, noto anche come “Traité des Amateurs”, che ebbe più edizioni a Parigi.

Nel 1783 tutti gli autori del trattato risultano soci di un club di scacchi costituito a Parigi sotto la protezione del conte di Provenza, poi Luigi XVIII, insieme anche al conte di Bissy e altri giocatori (il “Dizionario” notifica che la quota di iscrizione era di 4 luigi all’anno).

Nel 1795 in Inghilterra si batté vittoriosamente con il conte Hans Moritz von Brühl (20 dicembre 1736 – Londra 22 gennaio 1809) in partite nelle quali concedeva un pedone e uno o due tratti di vantaggio. Vantaggi simili Verdoni li concesse anche al Rev. George Atwood, che restò famoso per i suoi brillanti studi teorico-pratici di fisica: realizzò una macchina di laboratorio per lo studio dei gravi, si laureò a Cambridge in teologia e matematica e nel 1784 si trasferì a Londra, dove incontrò, tra gli altri, anche lo scacchista italiano. Morì a 71 anni, nel 1807.

A Londra Verdoni si dedicò al professionismo scacchistico presso il Parsloe’s Coffee House di St. James Place, dove era stato presente Philidor. Fu in quegli anni che il Sarratt ne apprezzò lo stile, tanto da definirlo “a player of a first order” nel suo libro.[4]

Secondo lo stesso Sarratt, quando un allievo poneva per sbaglio il proprio Re sotto scacco, Verdoni si limitava ad annunciare lo scacco e catturava la Regina invece del Re, ciò che costituiva una buona lezione per il principiante” (“Dizionario Enciclopedico”).

In una partita Verdoni-Atwood, Londra 1795, l’Italiano concesse il vantaggio del Cavallo in b1 per due tratti ma rimase sconfitto; però con tale vantaggio il Reverendo batteva anche Philidor. In realtà Atwood giocò, con risultati alterni, diverse partite contro Philidor, che concedeva diversi tipi di vantaggi, ma alcune furono disputate dai due alla pari. Di queste il risultato rimane ignoto, a parte una giocata a Londra nel 1794 dove l’Inglese vinse, ma Philidor giocava alla cieca!



Nelle partite documentate, Verdoni risulta superiore a Brühl se questi aveva due tratti di vantaggio, ma con il pedone f7 e il tratto di vantaggio vince 2 a 1.

La seguente partita è riportata nel libro “Storia degli scacchi in Italia” di Chicco e Rosino a pag. 589.
Nessuna notizia biografica viene tuttavia riportata su Verdoni e questo fatto è indicativo di quanto lo scacchista italiano sia stato sottovalutato e trascurato.


Interessante sarebbe trovare una o più partite tra Verdoni e Philidor, che non sono note, almeno ufficialmente. Andrebbe fatta una ricerca approfondita in tal senso, che cercherò di effettuare in futuro. Tutto ciò per rimediare a quella sorta di oblio che ha avvolto lo scacchista italiano, non giustificabile in sé, ma che si inserisce probabilmente all’interno del fenomeno più ampio della deriva italiana, conseguente all’adozione delle regole francesi in ambito internazionale.

Difficile credere che Verdoni e Philidor non abbiano mai giocato insieme e, nel caso, che le loro partite non siano mai state annotate da nessuno. Saranno forse in qualche manoscritto, in qualche vecchia raccolta o, come probabile, andate perse, ma vale la pena ricercarle, nel tentativo di andare oltre i luoghi comuni. Se saranno o no ritrovate… Chissà! Ma, fino a quel giorno, la presunta superiorità di Philidor rispetto ai suoi contemporanei resterà tale perché, appunto, presunta, non basata sui fatti. Anche per Philidor non dovrebbe essere possibile trovare una sua sconfitta in partite giocate senza la concessione di un qualche vantaggio materiale o alla cieca. Una ulteriore coincidenza, dovuta probabilmente alla consuetudine dell’epoca e quindi non del tutto casuale.

L’universo scacchistico offre sempre tante situazioni interessanti da approfondire.

[NdR: Il titolo riprende la voce 291 della ‘Bibliografia degli scacchi dalle origini al 2015’, SANVITO A., Bologna, Novembre 2015. Si ringraziano Gaetano Laghetti e Salvatore Tramacere per la preziosa collaborazione.]


[1] Si classificò dodicesimo su ventidue partecipanti al Campionato Italiano di Ferrara del 1952.

[2] Jean Gay, in “Bibliographie anecdotique du jeu des échecs“, 1864, pag. 201

[3] La data di morte di Verdoni al 25 gennaio 1804 è stata indicata da F.M. Teed in “Checkmate – A Monthly Chess Chronicle” del gennaio 1903 a pag. 73 ma secondo John Townsend (Wokingham, Inghilterra) non può essere considerata attendibile.

[4] Sarrat Jacob Henry, A Treatise on the Game of Chess, London 1808

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