Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Esteban Canal e “l’ombre dei pigmei …”

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(Riccardo M.)
Gli scacchi non sono mai stati un gioco eccessivamente popolare. Siamo onesti. Nella mia vita, quando mi presentavo ad altre persone e si parlava dei reciproci interessi, vedevo il più delle volte espressioni imbarazzate o incuriosite o addirittura impietosite non appena accennavo al mio piacere per il gioco degli scacchi. Questo, almeno, accadeva qui in Italia.

La verità è che è sempre esistito negli ambienti scacchistici italiani un atteggiamento vagamente aristocratico o esclusivo, una sensazione di appartenenza ad una cerchia di eletti, privilegiati o comunque diversi. Gli sforzi compiuti nell’immediato primo dopoguerra dal benemerito Alberto Batori, tra i massimi propagandisti del gioco, co-fondatore (1911) dell’Italia Scacchistica e del quale in altro articolo vi ho parlato lo scorso anno, sono presto rientrati nei ranghi. I decenni successivi hanno marcato questa linea Maginot fra sport o passatempi “aristocratici” e altri popolari, quali calcio e boxe. Soltanto in questo secolo sembra che le abitudini e l’atteggiamento del pensiero comune stiano lentamente mutando.

Alfiere di quella linea netta di demarcazione fu da noi Esteban Canal (Perù 1896- Varese 1981). Di lui riporto alcuni frammenti di uno scritto dal titolo “La propaganda”, pubblicato sul numero di marzo 1929 de “L’Italia Scacchistica”, proprio la rivista di Alberto Batori. Un articolo che Batori non avrebbe voluto probabilmente ospitare nella veste in cui il Canal lo presentò. Ma in quel momento, anno settimo dell’era fascista, Batori era da tempo scomparso e il terreno era ben accogliente per considerazioni di quel tipo. Leggiamole.

“…. Troppo alla lettera si suol prendere la parola propaganda come voce del verbo propagare, e ci si dimentica che ogni altro pensiero, per sublime ed elevato che sia, affoga nella folla, e che la folla è spesso plebe anche quando vuol darsi delle arie “intellettuali”…. Le organizzazioni mondiali di scacchi, e soprattutto quelle europee, si occupano solamente di appoggiare il dilettantismo quasiché un’arte non avesse altro scopo che d’elevare a gloria la mediocrità e di mettere in luce le ambizioncelle degli inesperti; si spera, forse, che scavando nelle sabbie del vasto deserto si possa un giorno trovare il diadema da far brillare sulla propria corona, d’incontrare il genio ignoto che riveli all’universo il frutto della loro fatica, e intanto subiscono l’umiliazione che ogni iniziativa di valore la si debba esclusivamente a qualche singolo individuo generoso e che, per esempio, il campionato del mondo lo si combatta nelle Antille, in Siberia o al Polo Sud … Tutto questo focoso preambolo per dimostrare quanto radicata sia nell’animo mio l’antipatia per la propaganda, cioè per la propaganda cieca che tutto sacrifica al numero e nulla lascia alla qualità. Io voglio che il mondo scacchistico rimanga quello ch’era una volta, ai tempi di Morphy e Anderssen: un’assemblea di eletti e non una folla di vanitosi; una nobile famiglia d’entusiasti e non un alveare di chiacchieroni. Voglio che i maestri di scacchi riprendano orgogliosamente la coscienza della loro missione come spargitori di gioia negli intelletti affamati …”

Non che Esteban Canal non disdegnasse la propaganda. Il punto è che a lui piaceva una propaganda esclusiva fra “eletti”, e piaceva godere della stima di quegli “intelletti affamati” già in grado di percepire la qualità di certi insegnamenti e la valentia di certi insegnanti. Ne è una prova il seguente significativo passaggio:

“…. l’efficacia del mio metodo propagandistico si è fortemente rivelata nelle poche manifestazioni pubbliche di cui sono stato protagonista. Ch’io abbia in queste manifestazioni domandato un onorario modestissimo, tanto per non farmi perdere la stima, nulla toglie al loro valore. Il primo esperimento del genere lo feci circa tre anni fa, cedendo alle insistenze del rag. Ettore Colzani, un vero benemerito della causa scacchistica milanese…..Tema della conferenza fu il commento d’una mia partita vista dal lato essenzialmente tattico. E, sebbene io non possegga il divino dono della parola, posso vantarmi di essere riuscito pienamente ne’ miei intenti, trasmettendo al pubblico, sceltissimo, la fiamma della mia passione. Le mie spiegazioni e analisi furono seguite colla massima attenzione ed interesse e, arrivato alla fine, una fragorosa ovazione salutò il conferenziere”.

Ecco. Se io da bambino non ho avuto il mio carissimo nonno in grado d’insegnarmi il gioco e trasmettermi subito quell’interesse, forse è stato proprio a causa di ciò, di quel pubblico “sceltissimo” che non ammetteva intrusi. E per mio nonno, che abitava in Milano negli anni Venti e Trenta non lontano dai locali del circolo, e che svolgeva un mestiere dignitoso ma umile, quanto poco pagato e poco prestigioso, in una piccola azienda meccanica, non era minimamente possibile pensare di varcare la soglia di quei locali elitari ed avere così trasmessa dal Canal “la fiamma della sua passione”. E, così come me, chissà quanti altri bambini hanno scoperto tardi o troppo tardi il gioco degli scacchi o non lo hanno addirittura mai scoperto.

Pawel Kuczynski (scacchiera)
Disegno di Pawel Kuczynski

Ancora il Canal: Non posseggo il fascino della lampada che attira le farfalle e quindi difficilmente trovo un informatore compiacente che creda la mia attività degna d’attenzione. Capisco benissimo che riesca più interessante raccontare al pubblico le vicende d’un torneo di terza categoria, con relativa medaglia d’ottone, disputatosi in qualche recondito villaggio di pescatori di balene in Lapponia. Capisco. Eppure il tempo darà ragione al mio metodo e, fra non molto, spero che nelle competizioni scacchistiche qualcuno de’ miei giovani saprà fare onore al suo paese, alla razza latina ….”

Non fu affatto così. Canal non immaginava quanto, a dimostrazione del fallimento di quel suo metodo (evidentemente ben in voga fra le due guerre) il solco fra scacchisti di “razza latina” e quelli appartenenti al resto del mondo si sarebbe sempre più approfondito nei decenni immediatamente successivi.

E così concludeva lo stimato maestro di origine peruviana: Signori, in guardia, e non dimentichiamo le parole del poeta che, applicate agli scacchi, acquistano uno speciale significato:

Quando l’ombre dei pigmei
S’allungano
Volge il tramonto”.

Ricordo che all’epoca di questo scritto Canal aveva appena 33 anni e non so se in seguito la sua posizione sia cambiata.

Di tempo ne è infatti trascorso da allora. Il comune sentimento è oggi in larga parte modificato e l’accostamento a determinate attività, sportive o semplicemente ludiche, è ben diverso e sempre di più alla portata di tanti.

Lasciatemi in ogni modo dire che personalmente sono contento di essere uno di quei miliardi di pigmei e che non ho nessuna nostalgia per i teatrini scacchistici tanto cari e consueti al Canal. Preferisco mille volte giocare in Lapponia con l’amico Topatsius e con i “pescatori di balene”.

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