Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

[R] Robert Fischer, un megalomane pazzo

8 min read
R I S T A M P A

(Topatsius)
Lo so: molti di noi (quelli meno giovani) debbono proprio a questa megalomania e a questo personaggio così unico e strano il fatto di aver intrapreso a “viaggiare la vita” con a fianco gli scacchi. E’ sufficiente per perdonarlo o la tal cosa è addirittura un’aggravante? Mah!

Ma chi parlò di megalomania? Meglio ricordarseli certi fatti, altrimenti il rischio è che a distanza di 46 anni dal famoso “match del secolo” il mito (positivo) di Robert James Fischer (1943-2008) possa prevalere su altri aspetti che avrebbero certamente demolito altri personaggi qualora non fossero stati aiutati e supportati fino all’incredibile, come lo fu Fischer almeno all’inizio del suo successo e fino all’apice.

Di megalomania parlarono gli stessi americani, e un grande maestro alla vigilia del match del 1972 lo criticò aspramente dicendo che aveva “perso ogni ritegno”. Personalmente credo che a costruire e salvare il mito-Fischer fu proprio il suo rivale del ’72, quel Boris Spassky che mandò giù bocconi amari ma che forse era inconsciamente troppo predisposto a lasciar strada all’altro in quel famigerato match. Spassky era un giocatore parzialmente annichilito già prima di quel momento. Probabilmente soffriva di “fischerfobìa”, come disse qualcuno.

“Gli scacchi sono una guerra sulla scacchiera. L’obiettivo è distruggere la mente dell’avversario”, diceva Fischer, che si specializzò per distruggere quelle menti anche prima delle partite.

“Oggi esiste un solo giocatore immortale nel mondo e quello è Fischer. È bello essere modesti, ma è stupido non dire la verità”. Sono altre parole dello stesso Fischer. Se questa non è megalomania e sfrontatezza o arroganza, allora che cosa è? Probabilmente l’umanità è stata fortunata, in quanto Fischer scelse per il proprio “Io” la via degli scacchi (regalandoci bellissime partite) anziché altre vie, quelle ad esempio scelte da Hitler o da Jack lo Squartatore. Ma non basta questo per avere la stima di tutti. E la mia (anche se ciò conta meno di zero) non l’ebbe mai.

Ricordo sinteticamente quei momenti del “match del secolo” del 1972, richiamando un articolo pubblicato sul “Manifesto” il 21 luglio del 2004 col titolo “L’ultima mossa di Bobby Fischer”.

“ ….. 32 anni fa, la partita che metteva in palio il titolo di campione mondiale di scacchi tra il genio eccentrico americano, Bobby Fischer, e il detentore, il sovietico Boris Spassky, catturò l’attenzione del pianeta. La sfida fu giocata nella capitale islandese Reykjavik, a metà strada tra le due superpotenze. Il match del secolo rimase in forse fino all’ultimo: l’incontro si svolse solo dopo che furono accettate tutte le pretese dello sfidante; Fischer chiese e ottenne una borsa di 138 mila dollari e si arrivò alla scelta dell’Islanda solo dopo che l’americano fece fallire i grandi sforzi e sacrifici affrontati dalla federazione scacchistica jugoslava, che aveva preparato una organizzazione grandiosa.
Appena arrivato, offese gli islandesi, definendo l’Islanda inadeguata per l’evento perché non aveva un bowling. Poi si lamentò di tutto: delle telecamere, delle luci, del tavolo, delle sedie. Fischer, definito dalla stampa squilibrato e paranoico, accettò di giocare solo dopo che un miliardario inglese
(tal James D.Slater, n.d.r.) raddoppiò il premio partita, portandolo a 250 mila dollari”.

Fischer durante il match con Spassky in Jugoslavia
Robert Fischer nel 1992

In quei giorni del 2004 Bobby Fischer era trattenuto in cella dalle autorità americane per violazione delle leggi sull’immigrazione. Boris Spassky arrivò al punto di scrivere una lettera al Presidente degli Stati Uniti, George Bush. Queste le sue parole: “…. Bobby ed io ci siamo macchiati dello stesso crimine. Applichi quindi le sanzioni anche contro di me: mi arresti, mi metta in cella con Bobby Fischer e ci faccia avere una scacchiera.”

Strano, ma vero. A volte penso sul serio che molti scacchisti siano un po’ matti…. Ad iniziare da me che perdo tempo a scrivere questo articolo invece di far tante altre cose più utili a tanti.

Abbiamo visto le richieste di Fischer. Ma mica erano solo quelle! Andiamo a leggere cosa scriveva nel 1972, quindi quasi in diretta dall’Islanda, H.Schonberg (un giornalista statunitense) nel suo “Grandmasters of chess”, quando, dopo aver ricordato che già nel ‘72 molti ritenevano Bobby “un megalomane sull’orlo della pazzia”, sottolineava come Fischer avesse sfornato richieste a getto continuo durante tutto il match e non solo prima del match:

Bobby Fischer alla scacchiera

“Chiese che gli mettessero a disposizione una Mercedes nuova per tutta la durata del match. Chiese il 30% degli incassi oltre alla parte della borsa spettante al vincitore. Chiese che la parte di borsa spettante al perdente fosse tenuta in deposito per lui. Chiese ripetutamente durante il match che venissero sostituiti i pezzi e la scacchiera. Chiese che venissero rimosse le prime dieci file di sedie dalla sala. Chiese un’illuminazione migliore. Chiese che venissero rimosse le telecamere. Chiese di continuare il match in una stanza privata. Chiese che ai bambini in sala fosse proibito di mangiare dolciumi con involucri rumorosi. Chiese che i bambini fossero confinati in galleria. Chiese che le scacchiere di marmo fossero sostituite con altre in legno. Chiese altri ristoranti per i suoi pasti. Chiese una nuova automobile a metà dell’incontro. Chiese un campo da tennis coperto. Chiese un nuovo appartamento all’Hotel Loftleidir. Chiese che gli versassero in anticipo il denaro per le piccole spese. Chiese che la piscina dell’Hotel Loftleidir fosse chiusa al pubblico a tutte le ore e riservata esclusivamente a lui. Chiese un maggiore assortimento di periodici e altre letture in albergo. Chiese che venisse vietato l’ingresso in sala a Chester Fox, incaricato di filmare il match. Chiese poi che Chester Fox venisse espulso dall’Islanda. Chiese che ci fosse più contrasto fra le case chiare e scure della scacchiera. Chiese che venisse abbassato il tavolo dove era posata la scacchiera. Chiese, verso la fine del match, che venissero rimosse altre 7 file di sedie. Chiese che il bar e le sale aperte del palazzo fossero isolate o sgombrate. Chiese alla Federazione islandese di mostrargli una copia del certificato medico quando Spassky optò per un rinvio. Chiese, dopo che Spassky aveva annunciato per telefono che abbandonava l’ultima partita, di vedere la sua comunicazione scritta. E l’elenco potrebbe continuare”.

Un suo legale, Paul Marshall, prima del match dichiarò: “Insistiamo per ottenere tutto quello che vuole Fischer”. In pratica lo ottennero. E così sempre più lui si convinse che il mondo doveva “adattarsi ai suoi desideri” (Schonberg).

Purtroppo sappiamo che il modo migliore per non aiutare qualcuno che è avviato sulla strada della pazzia è proprio quello di assecondarne i desideri. Tutti si sono dati da fare perché il poverino finisse male. E ci sono riusciti. Tutti: dal presidente FIDE Max Euwe all’arbitro Lothar Schmid alle delegazioni e a parecchi giornalisti. Al mondo intero che ne fece un idolo. Forse qualche bel metaforico ceffone al momento opportuno non gli avrebbe fatto male.

Fischer at 20 by hansnamuth

Negli stessi giorni, sulle pagine dei giornali italiani, solitamente super-attratti da personaggi mitici, da presunti divi/eroi e dai successi stratosferici, si leggevano ben più teneri ed euforici commenti, come questo dalle pagine de “L’Europeo”, che replicava la fedele lettura occidentale dell’assalto del 1972 al trono sovietico:

“(In URSS) lo Stato passa ai giocatori la dacia, l’auto, un buono stipendio …. una vita invidiabile, e Bobby Fischer li invidia e li odia. I loro nomi lo ossessionano, sono scritti su tutte le riviste di scacchi …: Petrosian, il contadino armeno che non sbaglia mai; Botvinnik, il campione del mondo, il progettista del motore che permette al satellite sovietico di atterrare al ritorno dalla Luna; Mikhail Tal, estroso, imprudente e geniale, che sconvolge l’avversario con mosse avventurose; Spassky, l’uomo tranquillo, una tecnica di ferro che si accompagna a una visione moderna del gioco”.

E continuava:

“Fischer, considerato estroverso e imprevedibile, è in realtà un serissimo professionista. Agli scacchi dedica otto ore al giorno: analisi di partite, studio di nuove varianti e combinazioni, estenuanti partite da solo. Il segreto della sua straordinaria abilità poggia in buona parte sulla meticolosa preparazione”.

Un giorno, negli anni ’50, la mamma di Robert, Regina Fischer (un nome profetico, furono lei e la sorella Joan a spingerlo dentro il mondo degli scacchi), chiese ad un giornale di New York un aiuto per il figlio, un “campione senza mezzi”. Lui andò su tutte le furie, si offese e rifiutò l’aiuto dei mecenati. Qualche tempo dopo, quando Regina, attivista di un Comitato per la non violenza, conobbe durante una marcia pacifista un medico inglese e poi lo sposò, Bobby, sempre più spostato su posizioni reazionarie e seguace della setta avventista della “religione dell’aria”, troncò per sempre ogni legame con la sua famiglia. La madre di Fischer era ebrea, come lo era il padre naturale, Paul Nemenyi, uno scienziato di origine ungherese sospetto comunista (si era in tempi di “Guerra Fredda”), che morì nel 1952. Ma per Bobby gli ebrei erano tutti “bastardi ladri e bugiardi”.

Arrivò a negare l’Olocausto e, quando l’11 settembre ci fu l’attacco alle “Torri gemelle”, lo definì “una notizia meravigliosa”, visto che l’America era caduta “nelle mani di ebrei puzzolenti”. E poco dopo aggiunse: “l’uomo bianco dovrebbe lasciare gli Stati Uniti e tornare in Europa, i neri dovrebbero tornare in Africa, e il Paese dovrebbe essere restituito agli indiani d’America”.

Serissimo professionista? Beh, io ho un’altra idea dei “serissimi e meticolosi professionisti” …… e non riesco a stimare chi (come scriveva Schonberg) nella sua vita non ha saputo far altro che “nutrirsi delle personalità altrui, e quanto più le divorava tanto più la sua diventava mastodontica e insaziabile”.

John Carlin, nell’ articolo “The End Game of Bobby Fischer” (Observer/Guardian, 10 febbraio 2008), descrisse gli ultimi anni dell’ex campione: “Un barbone senzatetto. I suoi denti erano marci, i capelli e la barba lunghi e spettinati. Raramente si cambiava i vestiti. Aveva una pessima opinione di medici e dentisti: si era tolto tutti i materiali di metallo dai denti perché pensava che le radiazioni da loro emanate stessero minando la sua salute”.

A Reykjavík, dove era tornato a vivere, morì nel 2008, a 64 anni, con l’ennesimo atto autolesionista, rifiutando quella dialisi che forse avrebbe potuto far qualcosa per la sua gravissima insufficienza renale.

Bobby Fischer anziano

In realtà Fischer fu vittima anzitutto (come ben scrisse David Jimenez ne “El Mundo” del 29.1.2003) “del suo mostruoso complesso d’inferiorità, che appariva dovuta alla mancanza di educazione e alla consapevolezza di non essere in grado di fare nulla che non avesse a che fare con la scacchiera”. E forse fu vittima pure della sua goffa e insospettata non accettazione della sconfitta, che è il difetto più grande che possa avere un giocatore, non soltanto di scacchi.

Mi dispiace per i tanti tifosi e ammiratori di Fischer (che beninteso hanno tutto il diritto di ammirarlo come noi l’abbiamo di criticarlo), ma, come appunto disse lo stesso schizofrenico campione americano, a volte “è stupido non dire la verità”. Mi sono limitato semplicemente a ricordarla.

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6 thoughts on “[R] Robert Fischer, un megalomane pazzo

  1. Dear chessfriends,

    I am able to read Italian, that is why I can read your blog. It is a true pleasure in general, and I have become an admirer.

    Howver, today’s blog about Bobby Fischer is a big disgrace for chess-lovers. I think you should not have published this. I am truly shocked by its poisonous, wicked content.

    Yes, Fischer had big mental health problems and said a lot of stupid things. He was a mental health patient since his youth. We should have protected him from himself ever since he was a chess prodigy, the US chess community first and foremost. This did not happen, unfortunately. . Why commit character suicide on this mental patient, a man of chess genius already long gone?

    By the way: on my blog I have published a series on Paul Keres. It is in Dutch. If you are interested: se https://fransschrijftendeelt.wordpress.com/2020/03/27/op-zoek-naar-paul-keres-1/ etc.

    With warm greetings from Amsterdam, Netherlands,
    your chessfriend Frans Smit.

    1. Dear friend,
      our Blog always considers readers’ comments, both positive and disapproving, seriously, in particular when they are gently expressed as in your case.

      You define the content of my post as “… poisonous, wicked”, but substantially we agree that Fischer had mental issues and that the chess community did not help him enough. In my post I portrayed that realistically, maybe brutally and for sure honestly: yes, I believe that one should, always and everywhere, have the courage to accept (and state) that being a champion or a celebrity is not covering or allowing social negative behaviours in everyday’s life.

      I thank you for your kind comment and for letting us know about your blog.

      Warm greetings!

      1. Hi!

        Thank you for your response! I was thinking about the following. Maybe it would be better to view Fischer as a victim of his own mental condition and of the fact that he apparently never got any support or treatment.
        He should have had that from a very early age, is my impression.

        Compare this with f.e. the circumstances under which our present-day genius, the great champion Magnus Carlsen, grew up: a stable and safe family, and all the support and training that was needed.

        What if Bobby Fischer would have had this kind of help from early age? Seen from that perspective one might think that he was a victim of circumstances and of a total lack of the support he badly needed.

        He must have lived in big mental pain from his childhood. This is never an excuse for his bad behaviour and horrible remarks he made. However it might be an explanation, and also a warning.

        Best wishes, Frans

  2. Grazie per questo dettagliato articolo.
    Personalmente non mi è mai interessato cosa facesse Maradona al di fuori del campo, nè Federer, Madonna, Mastroianni, Callas, Pavarotti, Coppi, Bob Dilan, Du Champ, Picasso… a me interessa solo quello che è il risultato del loro lavoro o arte.
    Giovanni Longo

  3. Era l’unico che all’epoca potesse battere i sovietici e c’era una guerra in corso, fredda ma c’era. Rimane il dubbio se l’abbia presi per stanchezza. Comunque i fatti narrati hanno pesato moltissimo sullo svolgimento delle partite, non riguardano la sua vita privata. In altri tempi uno così sarebbe stato preso pedate e via andare.

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