Tutto è relativo, vero, Dr. Lasker?
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(Tristano Gargiulo)
Qualche anno fa Riccardo ci ha raccontato nel suo “Dr. Lasker docet” di come il grande Campione del Mondo vedesse rappresentate sulla scacchiera la “profondità“, l'”intelligenza” e la “sorpresa“. Oggi vi vogliamo raccontare invece della sua “arguzia“, come punto di partenza per qualcosa di più, e lo facciamo con le parole di Yuri Averbakh.
Nel suo “Lecturas de ajedrez” (Ediciones Martínez Roca, 1969), traduzione in spagnolo dell’originale “В поисках истины (Записки гроссмейстера)” del 1967, da cui Uberto ha già tratto un’annotazione divertente sulle simultanee, Averbakh scrive infatti di un aneddoto riferito a Emanuel Lasker a proposito dei consigli che un Maestro può dare a un dilettante:
Lasker era tra gli spettatori di una esibizione in simultanea, e uno dei partecipanti gli chiese quale fosse la mossa migliore dopo 1. e4 f6 2. d4. Lasker gli rispose che era 2… g5.
Il giocatore “appassionato dei consigli degli altri” giocò la mossa e prese matto dopo 3. Dh5#
Sorpreso, si voltò verso Lasker che, tra le risate di approvazione degli spettatori all’intorno, gli disse che considerava quella mossa come la migliore, ma per il Bianco e non per il Nero…
Non sempre vanno seguiti i consigli degli altri, soprattutto quelli degli esperti in arguzie!
Con un po’ di immaginazione, si può anche provare a cercare, nell’aneddoto, un più profondo riflesso della mente di Lasker, che era quella di un matematico e di un filosofo [G. Pili, Chi fu Emanuel Lasker?], oltre che di uno scacchista. Lasker godeva peraltro dell’amicizia e della stima di Einstein, con cui discuteva dei più svariati argomenti, arrivando a confrontarsi con lui perfino sulla teoria della relatività [A. Capece, Einstein ed Hannak con Emanuel Lasker].
L’arguzia di cui Lasker dette prova, nell’occasione ricordata, discende direttamente dal concetto di relativismo, che ebbe i suoi albori nella filosofia greca, in particolare nel pensiero dei sofisti, come Lasker certamente sapeva molto bene. Quando il sofista Protagora dice che “l’uomo è la misura di tutte le cose”, parla – come gli studiosi hanno mostrato – del singolo individuo, non dell’uomo come specie vivente privilegiata dal possesso dell’intelligenza astratta: ciascun uomo rappresenta, o può rappresentare, un sistema di valori indipendente da quello di ciascun altro, e con lo stesso titolo di verità. Anche il significato delle parole in un enunciato può quindi essere assunto in modi diversi, purché semanticamente leciti, da individui diversi. Del resto, i sofisti erano dei ‘virtuosi’ nell’arte del discorso e della persuasione argomentativa, anche col ricorso a funambolismi verbali al limite del fallace. E siccome noi li conosciamo, più che dalla voce dei loro scritti – che non si sono conservati se non in frammenti -, da quella dei loro detrattori antichi (Platone in primis), i sofisti ebbero ‘cattiva stampa’ fino all’Ottocento, quando ne iniziò una rivalutazione.
Per quanto sia gli antichi sia i moderni abbiano condotto, in nome di ideali e princìpi assoluti, una opposizione serrata a criteri di valutazione di tipo relativistico, discipline come la psicologia, la sociologia, l’antropologia, ma anche la scienza stessa, hanno mostrato come non si possa più prescindere dall’attribuire, sempre più spesso, un valore relativo a credenze, dottrine, conoscenze, idee, comportamenti, e che la partita non si giochi, semplicisticamente, fra verità e opinione (fra aletheia e doxa, come Platone sosteneva, proprio in contrasto con i sofisti).
Se tuttavia, nel fondo dell’animo di molti di noi, rimane, non illegittimamente, un pregiudizio sfavorevole al relativismo, trovo che un eccellente e soddisfacente correttivo, sia in senso logico che etico, si possa trovare in una affermazione del filosofo Isaiah Berlin (questa almeno è l’attribuzione che ho da sempre nella mia testa): “tutto è relativo, ma non tutto è indifferente”.
Per concludere con una curiosità, proprio a proposito dell’ambivalenza di un superlativo di senso generico come “la migliore”, quello attorno a cui ruota l’aneddoto narrato da Averbakh, gira in rete un video che diverte tanto quanto fa riflettere.