Uno Scacchista

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Henry Loveday e la nascita del tema indiano

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Henry Augustus Loveday Chess Player's Chronicle 01/02/1845 (8+5) #4

(Mario Spadaro)
Henry Augustus Loveday nacque a Barrackpore nel Bengala in India, il 3 Agosto 1815; era figlio del Tenente Generale (in altre fonti viene indicato col grado di Maggior Generale) Lambert Richard Loveday (Clifton, Gloucestershire, Inghilterra 1762-1843) e di Anne Louise Loveday nata D’Esterre (1783-1867) ed aveva sei sorelle e tre fratelli.

Si recò in Inghilterra nel 1824 per intraprendere gli studi religiosi e si laureò in teologia al Peterhouse College di Cambridge nel 1838, l’anno successivo fu ordinato pastore anglicano, si sposò con Elizabeth Louisa Loveday nata Mulls e nel 1841 venne inviato a Delhi in India, dove fu per sette anni aiuto cappellano della chiesa anglicana di San Giacomo.

Era un buon giocatore di scacchi e nel 1838, nel periodo in cui si laureò a Cambridge, conobbe Howard Staunton con cui giocò alcune partite “senza svantaggi per nessuna delle due parti” (secondo quanto riportato in modo sibillino sul sito ufficiale della The United States Chess Federation).

Nell’agosto del 1844 Loveday inviò a Staunton, che allora era il direttore del The Chess Player’s Chronicle, un problema di matto in quattro mosse con una lettera firmata, probabilmente per modestia, “Shagird”, una parola persiana o turca che si traduce con studente, ma che in lingua hindi ha il significato di «discepolo» o «allievo» oppure «apprendista», per cui Staunton pensò si trattasse di un compositore indiano.

Pertanto nel febbraio del 1845 Staunton pubblicò il problema, non nella sua rivista (come a volte erroneamente indicato da molti autori, ed al riguardo puntualizzo che ho una copia digitale del The Chess Player’s Chronicle del 1845, ed al suo interno non vi è alcuna traccia del problema), ma come asserito da altri studiosi sulla copertina mensile della rivista e senza citare come e da chi lo aveva ricevuto, chiamandolo semplicemente «indiano».

Saint-Amant, l’eterno rivale di Staunton, direttore e redattore capo della rivista Le Palamède, poco dopo pubblicò una versione modificata del problema ormai divenuto noto come «tema indiano» all’interno della rivista a pagina 79, e pare che i frequentatori del famoso caffè La Régence di Parigi non seppero scoprire la soluzione, ma che solo Ignazio Calvi, dopo una intera notte di studio, riuscì a trovarla.

Le Palamède 1845 pag.79
[Copia di pubblico dominio digitalizzata da Google]

Soluzione: 1.Ac1 b6/b5 2.b4/b3 b5/b4 3.Td2 Rf4 4.Td4#

Solamente nel 1846 Staunton si decise a pubblicare all’interno della rivista The Chess Player’s Chronicle a pagina 54, la lettera speditagli due anni prima dallo sconosciuto Shagird, inserendo pure una nota a piè di pagina, con la quale si manifestava che questo problema veniva considerato il più bello ed il più difficile di qualsiasi altro quattro mosse.

Si rendeva noto che si erano cimentati invano a risolverlo i migliori giocatori inglesi a cui era stato presentato.

Non veniva fornita la soluzione invogliando i lettori a trovarla, garantendo sulla correttezza della posizione riportata sul diagramma.

The Chess Player’s Chronicle 1846 Vol.6 pag.54
[Copia di pubblico dominio digitalizzata da Google]

Soluzione secondo l’idea del compositore:
1.Ac1! b4; 2.Rb1 b5; 3.Td2 Rf4; 4.Td4 matto

Nel 1920, settantacinque anni dopo la sua pubblicazione, attraverso le indagini del problemista inglese John Keeble (1855-1939), che pubblicò le sue ricerche sul British Chess Magazine, si stabilì che l’autore del problema era certamente il reverendo Loveday, del Bengala Ecclesiastical Establishment.

A questo punto appare opportuno fare una breve precisazione di carattere generale, specificando che in campo problemistico la mossa iniziale che risolve il problema, viene chiamata «chiave», ed affinché il problema sia considerato corretto la chiave deve essere unica.

Inoltre per la validità del problema è necessario che dopo la chiave, per ogni variante che si verifichi vi deve essere una sola continuazione di matto; nel caso in cui si può proseguire pure in un modo diverso, si ha quello che viene chiamato un «duale».

Orbene, anche se nella versione originale del problema del reverendo Loveday, vi sono nove chiavi iniziali (1.Ac1, 1.Ae3, 1.Ag5, 1.Ah1, 1.Rb1, 1.Rb2, 1.Td6, 1.Td7, 1.Td8) e diversi duali, il problema in quel tempo non venne considerato infondato o demolito, come sarebbe dovuto essere, poiché tra le tante soluzioni c’è anche la soluzione della manovra «indiana», all’epoca una nuova idea tematica che può essere attuata anche in altre composizioni (casa critica, pezzo intercettato, scacco doppio di scoperta).

In seguito Loveday realizzò lo stesso tema usando la torre come pezzo intercettato e l’alfiere come pezzo intercettante.

The Chess Player’s Chronicle 1846 Vol.7 pag.261
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Soluzione: 1. Td1! g4 2. Ad2 Ad7 muove 3. Aa5#

Purtroppo non poté proseguire oltre gli sviluppi di questa sua geniale concezione, perché a soli 32 anni venne prematuramente a mancare il 9 gennaio 1848 a Delhi.

I particolari della sua morte e sepoltura sono descritti in maniera esauriente nello Allen’s Indian Mail, and Register of Intelligence for British and Foreign India, China, and All Parts Of The East. Volume VI January-December 1848, pag.137/138.

Allen’s Indian Mail, and Register of Intelligence for British and Foreign India, China, and All Parts Of The East. Volume VI January-December 1848, pag.137/138
[Copia di pubblico dominio digitalizzata da Google]
Questo il testo del necrologio:

«È con profondo e sincero rammarico che dobbiamo annunciare la morte, per malattia del fegato, in questo distretto, domenica mattina scorsa, del Rev. Henry Augustus Loveday, assistente cappellano dell’Establishment del Bengala e figlio del defunto Tenente Generale Loveday, dell’esercito del Bengala. Fu sepolto nel pomeriggio di lunedì, nel cortile della chiesa, un segno di particolare rispetto da parte delle autorità religiose ecclesiastiche e locali, così come nel rispetto dei suoi desideri precedentemente espressi. Le sue spoglie sono state portate dalla sua ultima residenza alla tomba, una distanza di più di un miglio e mezzo, su loro particolare desiderio, dagli ufficiali e sottufficiali della caserma e del corpo di Fanteria Indigena di questo luogo, e seguiti da un gran numero di ufficiali civili e militari del distretto e di residenti di Delhi. Il colonnello Skinner, il fondatore della chiesa, e il signor William Fraser, del servizio civile, sono le sole altre persone sepolte nel cortile della chiesa. Il rev. J. B. d’Aguilar è venuto da Meerut per officiare in questa occasione. – Gazette [Delhi], 12 gennaio. »

Tomba del Rev. Henry Augustus Loveday, St. James Churchyard, Delhi, India
This is a faithful photographic reproduction of a two-dimensional, public domain work of art. The work of art itself is in the public domain for the following reason: This work is in the public domain in its country of origin and other countries and areas where the copyright term is the author’s life plus 70 years or fewer.
[Fonte https://commons.wikimedia.org/wiki/File:TombHenryAugustLoveday.jpg%5D
Negli anni ’20 esisteva ancora a fianco della chiesa di San Giacomo a Delhi (distrutta nel 1933 e riedificata sette anni più tardi nello stesso luogo) il suo monumento funebre, con la scritta: «Questo monumento fu eretto dai parrocchiani alla memoria del Rev. H. A. Loveday, per sette anni cappellano in questo distretto, ove morì il 9 gennaio 1848, all’età di 32 anni».

Il celebre Samuel Loyd fu tra i primi a spiegare il merito del tema indiano ed a prevedere le molte possibilità che consentiva e tra i tanti problemi a tema indiano composti dopo l’eredità lasciata da Loveday, quelli di Loyd hanno sicuramente un posto di primo piano.

Uno studio molto approfondito di Johannes Kohtz e Carl Kockelkorn, intitolato The Indian Problem e pubblicato nel 1903, contribuì non solo alla divulgazione del tema indiano, ma fu anche il documento fondamentale della scuola di composizione scacchistica denominata New German, nota anche come scuola logica tedesca.

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