[R] Ombre russe
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R I S T A M P A (aggiornata)
(Riccardo M.)
Il titolo di campione del mondo venne attribuito dal 1886 (Steinitz) al 1937 (Alekhine) attraverso un match individuale, la cui organizzazione era parecchio subordinata al giudizio e alla buona volontà del campione in carica. Nel secondo dopoguerra ha avuto inizio l’era moderna degli scacchi, con la FIDE a tenere il pallino (o pedoncino, come vedremo) della programmazione dei matches o dei tornei mondiali.
La prima volta che accadde ciò fu nel 1948. Il campione in carica, Alekhine, era deceduto nel 1946. Nel 18° Congresso, tenutosi a L’Aja tra il 30 luglio e il 2 agosto del 1947, la FIDE sciolse il nodo e stabilì lo svolgimento di un quadruplo girone a sei, prendendo a riferimento i risultati dell’ultimo grande torneo precedente il conflitto, e cioè l’olandese AVRO del 1938. I sei sfidanti dovevano essere: Botvinnik, Keres e Flohr per l’URSS, Fine e Reshevsky per gli USA, Euwe per l’Olanda.
Accadde poi che l’ex cecoslovacco Salomon Flohr, in verità in declino, venne rimpiazzato da un altro sovietico, Smyslov, e che Reuben Fine rinunciò a partecipare, nel timore, si disse, che i tre sovietici si sarebbero coalizzati contro di lui. Si provò invano a sostituirlo con Najdorf, ma il Miguel ormai argentino, giudicandosi impreparato (ma forse non voleva rimetter piede in Europa o forse era poco gradito in URSS), declinò l’invito. E così si restò in 5. Si giocarono così 25 turni (20 partite per ogni giocatore), dei quali i primi 10 a L’Aja e i restanti 15 a Mosca.
Accadde che Mikhail Botvinnik, il favorito, dominò il Campionato mondiale del 1948, con 14 punti su 20, staccando Smyslov di tre punti, e accadde pure che iniziarono subito le polemiche e le discussioni sulla formula, discussioni interminabili che durano fino ai nostri giorni fra i fautori di matches o di tornei o di altre formule.
Le polemiche nel 1948 si rivolsero, come era da immaginare, intorno alla preponderanza di giocatori sovietici e alla conseguente possibilità di risultati “telecomandati” dall’esterno. In quel caso a destare i sospetti fu l’esito degli incontri fra Botvinnik e il vincitore dell’AVRO del ’38, Paul Keres, il quale perse col neo-campione le prime quattro partite di fila, prima di vincere la inutile quinta. Quattro: tante, troppe. Secondo alcuni il fatto apparve strano, ma non ci furono mai prove che andassero oltre la stranezza.
Tuttavia in seguito il GM sovietico Averbakh ammise che un tentativo di manovrare il risultato fu inizialmente fatto e che fallì per l’opposizione dello stesso Botvinnik. Ma allora, ci si deve chiedere, come non ritenere che tale scorretta “mossa” non abbia lasciato nessun segno nella mente di Paul Keres? Noi scacchisti, infatti, sappiamo bene che la minaccia, a volte, sa far più danni della stessa esecuzione.
Qualcuno disse che “i pedoni sono l’anima degli scacchi”. E’ vero solo in parte, perché l’anima degli scacchi, come stiamo vedendo, sono anche le discussioni e le polemiche fuori della scacchiera. Esse sono inevitabili e riguardano un po’ tutto, anche dettagli apparentemente insignificanti (basti pensare a quelle del 1972 intorno al match Spassky-Fischer).
Ma siccome si sta parlando di cose arcinote ai lettori, oggi in tema di discussioni mi piace ricordare (però seguiteci fino in fondo al post perché da ultimo toccheremo l’attualità più brutale … n.d.r. ) un curioso e meno conosciuto episodio, raccontato (Italia Scacchistica n. 503) dal delegato FIDE italiano che aveva partecipato nel 1947 a quel 18° Congresso FIDE. Il delegato era il conte Gian Carlo Dal Verme, presidente della FSI. Scriveva Dal Verme:
“Una scena movimentata e non priva di amenità si ebbe nella discussione fra olandesi e russi sulla sede di svolgimento del torneo per il campionato mondiale.
“In Russia”, dicevano i russi.
“In Olanda”, dicevano gli olandesi.
“Ma noi sappiamo organizzare i tornei molto bene”.
“Anche noi”.
“Ma noi possiamo pagare tutte le spese”.
“Anche noi”.
Le parti si accordarono, infine, con salomonica saggezza, sullo svolgere metà torneo in una nazione e metà nell’altra. Ma qui s’iniziò un altro battibecco, perché tutte e due le parti volevano per sé la seconda fase, quella finale. Si pensò, allora, di ricorrere all’estrazione a sorte. Ma con quale sistema? Discussioni, proposte, controproposte. Alla fine si optò per un sistema … scacchistico: un pedone bianco e uno nero.
Giunto il momento solenne, l’avv. Rogard, il grande scandinavo, estrasse un pedone dalle mani del presidente: era nero, il colore dei russi, che si riservarono la seconda fase del torneo. E con un po’ di complimenti agli uni e di condoglianze agli altri, lo spettacolo ebbe fine”.
L’uscita del pedone nero era forse un segno del destino, dal momento che il pallino, o il pedoncino, rimase nelle mani dei sovietici per oltre venti anni (fino al sopraggiungere del ciclone Fischer), nel corso dei quali con i loro campioni dominarono, quasi incontrastati, la scena mondiale, confermando il massimo titolo con lo stesso Botvinnik (1951, 54, 58 e 61), con Smyslov (1957), Tal (1960), Petrosjan (1963 e 66) e Spassky (1969), e avendo alle loro spalle alcuni altri grandi, come Keres e Bronstejn, che forse avrebbero meritato ugualmente il titolo mondiale e che non lo raggiunsero mai per mera sfortuna o altri motivi.
Ma qui inizierebbero altre sterili e lunghe dissertazioni. Pertanto ci fermiamo, ci fermiamo ad attendere il prossimo match mondiale, che dovrebbe disputarsi nel 2023 (ma in date ancora incerte). Ci sarà nuovamente un russo … il bravo Jan Nepomniatchtchi.
… Ed ecco che le ‘ombre‘ del nostro titolo ricominciano ad allungarsi, almeno leggendo le dichiarazioni successive alla conclusione dell’ultimo Torneo dei Candidati riprese da Alexander Kruzhkov (del sito ‘e3e5’) e rilasciate dal suo connazionale ed ex vice-campione del mondo Sergey Karjakin:
“… Nepomniachtchi è stato fortunato. Ha incontrato Ding Liren al primo turno, mentre se si fossero incontrati poco dopo, quando Ding era più acclimatato, avrebbe potuto avere molti più problemi… Il cinese contro Jan aveva una posizione migliore, ma ad un certo punto è crollato e ha preso matto… Gli avversari di Jan hanno giocato al di sotto delle loro possibilità. Lui ha ottenuto il massimo da ogni partita. Nella migliore posizione ha sempre vinto. Nel peggiore dei casi ha ottenuto una patta. Da qui il risultato. … Il livello di gioco è stato piuttosto basso. Jan ha solo commesso il minor numero di errori… E poi a Madrid mancavano giocatori eccellenti come Wesley So e Levon Aronian… Intendiamoci: Jan ha meritato di vincere … ed io rispetto il grande maestro Nepomniachtchi, ma dal 24 febbraio scorso non ci parliamo…”.

Karjakin ha un gioco notoriamente piuttosto posizionale e prudente, ma si mostra negli ultimi tempi assai meno prudente con le parole, tanto da togliersi qualche altro sassolino dalla scarpa il 6 luglio scorso con delle dichiarazioni riportate da Aleksandr Nasonov di “championat.com“, un sito che si occupa degli sport più seguiti in Russia.
Ebbene, Karjakin ricorda come quella nota lettera contro la cosiddetta “operazione speciale“, lettera che ha consentito a Nepomniachtchi la partecipazione al Torneo dei Candidati, è stata firmata non soltanto da giocatori (Nepomniachtchi, Kosteniuk, Svidler, Esipenko, Alekseenko, Khalifman, Dubov, “che non hanno mai nascosto le loro idee anti-russe“), ma anche da funzionari della Federscacchi russa (Barsky, Kublashvili, Sidorchuk, Kryavkin e dal capo redattore della rivista “64” Maxim Notkin) e soprattutto dal direttore esecutivo della FSR Mark Glukhovsky che ne è stato l’ispiratore e che in pratica non lavora a Mosca ma in Israele. Una stoccata va anche al presidente della FSR Andrey Filatov, benché non abbia firmato la lettera, della quale “probabilmente non sapeva neppure l’esistenza prima della pubblicazione“, cosa che tuttavia “non lo solleva da responsabilità nella selezione del personale della Federazione“.
Insomma, la Federazione russa sarebbe in realtà, dice esplicitamente Karjakin, controllata da Israele! Più che sassolini, si tratta di vere e proprie bordate, l’ultima delle quali è riservata a Jan Nepomniachtchi, il quale, se voleva essere davvero coerente con i suoi principi, secondo Karjakin avrebbe dovuto “restituire i soldi avuti da alcune società russe, comprese quelle che sono cadute sotto le sanzioni occidentali, soldi a lui assegnati per prepararsi in occasione del match con Carlsen“.
Numerosi e di vario tenore e spessore sono i commenti apparsi sotto il post di Nasonov. Si va da un (maltsev) “Ben detto, Sergey! Nepo e tutta la sua squadra sono dei liberali corrotti!” ad un (in verità più isolato) commento spiritoso quale (7portak) “Non so chi controlli la FSR e da dove, ma so che al 1.000% Karjakin è controllato dalla ‘Ria Novosti’ ” (Ria Novosti è stata una famigerata agenzia di stampa, sovietica dal 1941 al 1991 e poi russa fino al 2013, quando sparì confluendo nella nuova e statale Agenzia di Informazione Internazionale Rossija Segodnja, n.d.r.).
Eh, già: sappiamo bene quanto la voce di Karjakin conti in questo periodo a Mosca (in particolare dal 24 febbraio 2022, giorno di quell’invasione dell’Ucraina che Karjakin chiama ostentatamente ‘operazione speciale‘). Ed allora qui, sotto le vesti di ‘ombre russe‘, potremmo dire che paiono presentarsi all’orizzonte scacchistico mondiale altri neri nuvoloni temporaleschi …