Vyzmanavin: il gatto che non ebbe ‘sette vite’, ma una soltanto e difficile
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(Riccardo Moneta)
Alexey Borisovich Vyzmanavin (Mosca 1 gennaio 1960 – 6 gennaio 2000, a sinistra nella immagine sotto il titolo) “è un giocatore pericoloso, sempre pronto a balzarti addosso come un gatto”.
Così diceva di lui il Grande Maestro statunitense Maurice Ashley.
Velocissimo, imprevedibile, improvvisatore e spettacolare, Alexey non ha tuttavia goduto delle classiche ‘sette vite’ di un gatto: la sua impulsività e rapidità non lo hanno portato lontano, né sulla scacchiera (come avrebbe meritato) né nella vita (dove non seppe fare molto per conquistarsi uno spazio e dove non ebbe nemmeno fortuna).
Oggi quasi nessuno si ricorda di Vyzmanavin, neppure coloro che in quegli anni giocarono negli stessi tornei. Eppure possiamo dire che è stato uno dei più forti maestri di Mosca di ogni tempo, sia nei tornei ufficiali sia nelle sfide amichevoli (ma ‘a soldi’!) nei parchi.
Ventunenne ancora sconosciuto, nel Campionato di Mosca del 1981 fu 6°, però si era lasciato dietro in classifica campioni come Bronstein, Razuvaev, Yusupov, Suetin, Vaganian e Vasjukov. Avrebbe poi vinto quel Campionato, Alexey, nel 1984 e 1986. Ma Alexey non era mai soddisfatto, voleva sempre di più e più in fretta.
Ci ricorda alcuni significativi episodi della vita di Vyzmanavin il suo vecchio amico e compagno di studi scacchistici Boris Ryvkin, in un lungo articolo del 2016 su ChessPro.ru dal titolo “Genio senza successo”. Tra gli altri episodi, questo:
Nel 1979, a 18 anni, dopo una sconfitta con il maestro Ovchinnikov, Alexey tornò in albergo incavolato e confuso. Boris gli chiese ragioni di una sua mossa avventata di apertura, e lui rispose: “Il motivo vero è che non conosco bene nessuna apertura!”. E spiegò a Boris che all’età di 14 anni, quando da poco aveva imparato il gioco e frequentava la Scuola dei “Giovani Pionieri”, là il maestro Vladimir Yurkov preferiva curare la crescita di Andrei Sokolov e in pratica non gli importava nulla degli altri allievi e nemmeno di lui. In verità -aggiunge Ryvkin- Vyzmanavin era stato assegnato ad un’altra sezione, quella della (più nota ancora) maestra internazionale Lyudmila Belavenets, un’ottima insegnante, ma il punto era che lui non sopportava di dover imparare gli scacchi da una donna.
Alexey si era avvicinato tardi agli scacchi, ma la sua infanzia non fu tra le più facili: sua madre morì giovanissima e l’attività di suo padre (spazzino) non gli consentiva troppi lussi e divertimenti.
Non era un personaggio facile, Vyzmanavin, e forse avrebbe avuto bisogno davvero di un allenatore di alto livello e di capacità non comuni anche dal punto di vista psicologico, ad esempio sarebbe stato l’ideale un Mark Dvoretsky per una svolta definitiva alla sua carriera. Non fu nemmeno in questo senso troppo fortunato, ma la classe non gli mancava e i risultati arrivarono lo stesso, però non abbastanza presto da consentirgli di esprimere tutto il suo potenziale. Purtroppo, come in seguito ricordò il GM Dreev, che lo conobbe bene, la “cortina di ferro” sovietica degli anni ’80 non facilitava la piena maturazione dei giovani assi, e gli anni passavano …
… Passavano soprattutto con le sfide nei parchi di Mosca, dove (è sempre Dreev che parla) “Alexey mostrò il suo talento colossale giocando blitz in modo fenomenale e brillante”, con un controllo della scacchiera e una profondità d’analisi fuori dal comune. Il “Sokolniki Park” era il prediletto teatro delle sue strepitose esibizioni.
Quelle parole di A. Dreev apparvero nel 2021 sul sito della Federazione russa, insieme ad un bellissimo ricordo da parte del maestro Y. Vasilyev, questo:
“Alexey impostava 30 secondi sul suo orologio, lasciando agli avversari 5 minuti, e comunque riusciva a sconfiggere giocatori anche forti. Noi, come stregati, assistevamo a sbalorditivi lampi delle sue pedine, non potendo credere che fosse possibile dare scacco matto in meno di 30 secondi! Ma Vyzmanavin ci riusciva! Anche adesso, il viso pallido di Alexey è davanti ai miei occhi; misteriosamente mi appare nell’oscurità del parco, pallido, il volto del giocatore, con occhi innaturalmente brillanti a causa dell’eccessiva concentrazione … e le banconote da cinque rubli accartocciate che scomparivano nelle tasche dei pantaloni. Per quanto mi ricordo, Alexey vinceva quasi sempre…”
“Speed Demon”, come intanto era stato soprannominato in occidente, nel 1986 vinse a Nałęczów (Polonia, nei pressi di Lublino) il suo primo torneo fuori dall’URSS. Nel 1987 fu primo a Tashkent, nel 1988 a Mosca, nel 1989 a Sochi per il Memorial Chigorin (precedendo Lautier e Khalifman). Conquistò finalmente, e meritatamente, il titolo di Grande Maestro.
Nel 1990 a Leningrado Vyzmanavin guidò fino all’ultimo turno la classifica del Campionato sovietico, ma sul filo di lana inciampò e venne raggiunto da Yudasin, Bareev e Beliavsky; il titolo andò a quest’ultimo per spareggio tecnico e furono questi ultimi tre, e non lui, ad essere convocati in squadra per le Olimpiadi di Novi Sad. Quasi una beffa!
Vyzmanavin ebbe invece un posto, come seconda riserva (dietro Kasparov, Khalifman, Dolmatov, Dreev e Kramnik), per le Olimpiadi di Manila 1992. E lui contribuì al raggiungimento dell’oro, imbattuto con 3 vittorie e 6 patte.
Ai primi posti del 1991 a Stoccolma e poi a Gelsenkirchen, fece seguito nel 1993 l’eccellente risultato nel grande torneo di Leon, dove vinse Leonid Yudasin ma dove lui, piazza d’onore, seppe brillantemente precedere tre bei campioni: Karpov, Topalov e Leko. Sempre troppo poco, per il suo fantastico talento.
Nel frattempo “Vyz” si era sposato, era nata una figlia. Ma non tutto andava per il meglio. Lo stesso Dreev ricorda come “Vyzmanavin non si relazionava con facilità, ma sapeva essere amico e non ignorava mai una richiesta di aiuto. Nonostante la durezza esterna, è stato sempre molto gentile e mi ha aiutato enormemente quando ero a Mosca, da solo in una grande città aliena”.
Sappiamo però che certe generosità Vyzmanavin le pagò a caro prezzo: fece dei debiti. E arriviamo così al momento che costituì una maledetta svolta della sua vita, Mosca 1994, “Gran Premio Rapid”. Tutto bene nella fase di qualificazione a sistema svizzero, brillantemente superata. Poi gli scontri diretti: Vyz vince agli ottavi contro Alexei Shirov e ai quarti contro Viktor Korchnoi. Anand-Ivanchuk è la prima semifinale, l’altra semifinale è la Vyzmanavin-Kramnik, un temibile Vladimir Kramnik reduce dalla vittoria sul grande Kasparov nei quarti.
A decidere tutto è una partita di spareggio ‘blitz’, con Vyzmanavin che è nel suo terreno preferito e che ha in sorteggio il Bianco; ma è costretto a vincere in quanto la patta, per regolamento, manderebbe in finale Kramnik.
Si raggiunge questa posizione:
Vyzmanavin-Kramnik
Mosca 1994
Accade l’imprevedibile. Tutti si aspettano qui l’imminente abbandono di Kramnik, anche perché, a parte i due pedoni in più, il vantaggio di tempo del Bianco è enorme. Ma Alexey dice qualcosa e il Nero gli stringe la mano con un enorme sorriso di soddisfazione. Pazzesco: è patta! Più tardi Vyzmanavin avrebbe affermato che per un momento aveva pensato essergli sufficiente la patta per assicurarsi il posto in finale. E invece con la patta “passava” Kramnik! Incredibile, assurdo. Un mancato posto in finale che gli costò parecchie migliaia di dollari, in quel momento a lui indispensabili per far fronte alle citate difficoltà famigliari. Qualcun altro forse al posto di Kramnik sarebbe stato ben più sportivo e non avrebbe accettato quella patta così smaccatamente “rubata”, anzi avrebbe immediatamente abbandonato, ma atteggiamenti del genere purtroppo non hanno mai fatto parte e non fanno parte della personalità di un Vladimir Kramnik.
Il contraccolpo per Vyzmanavin fu terribile ed ebbe ripercussioni psicologiche non rimarginabili. I risultati nei tornei vennero improvvisamente a mancare e, quel che fu peggio, più tardi la moglie lo abbandonò, portandosi via la figlia, e lui restò improvvisamente solo, vicino pericolosamente all’ultimo infido amico che gli era rimasto: l’alcool. Un destino spietato aveva abbandonato Alexey ….
… E Alexey abbandonò definitivamente gli scacchi dopo il torneo di Novgorod, nel 1997, quando all’ultimo turno lasciò quasi volontariamente che gli cadesse la bandierina in un finale di Cavalli stravinto. Purtroppo questo fu un segnale di scarsa lucidità e di resa in ogni senso.
All’alba del nuovo secolo la sua voce non si faceva sentire. I pochi amici iniziarono a preoccuparsi. Fu così che il 6 gennaio 2000, il giorno del Natale russo, qualcuno decise di forzare la porta del suo appartamento. Il corpo di Alexey venne trovato accanto a diverse bottiglie vuote. Il cuore aveva ceduto, forse un infarto e forse già dal primo giorno del nuovo secolo, il giorno del suo amaro compleanno. Ma le esatte circostanze (e il giorno del decesso) non furono mai del tutto chiarite.
L’immagine pietosa ricordò al suo amico scacchista Ryvkin quella della fine di un altro grande campione russo: Alexander Alekhine. Il Grande Maestro Alexey Vyzmanavin aveva appena 40 anni.
Ho scelto qui alcune sue partite.
In una mia personale classifica (pubblicata qui nel 2020) dei “giocatori più bravi degli ultimi 160 anni”, Vyzmanavin ebbe un posto di riguardo, il 79°.
(1) fonte principale: “Genio senza successo” di B.Ryvkin, 2016; foto di B.Dolmatovsky e B.Fedorov.