Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

I Tornei Internazionali di Scacchi del Banco di Roma: Bela Toth

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(Antonio Monteleone)
Uno degli scacchisti meno appariscenti che si affacciarono ai Tornei del Banco di Roma, per me, fu Bela Toth.
Di origini ungheresi, ma italiano di adozione e naturalizzato nel 1973, era un tipico giovane degli anni Settanta: Capelli scuri e lunghi, di altezza media e corporatura asciutta, jeans con sopra una camicia o una maglietta, accompagnati da un giubbotto in pelle o sempre di jeans, con l’aggiunta di un viso serio e parco di sorrisi. Insomma, l’antitesi di Tatai, anche lui di origini ungheresi, sempre vestito impeccabilmente in giacca e cravatta che non nascondeva la sua provenienza dall’alta borghesia e per questo Toth non è che nutrisse proprio una simpatia sviscerata per lui, naturalmente ricambiato.

Partecipò a sette dei nostri tornei, alternando momenti ottimi a momenti pessimi. I tornei che ricordo meglio furono il settimo e l’ottavo, nel 1983 e 1984, dove arrivò a ridosso dei primi con due prestazioni di alto livello.

Nel 1983 sfiorò l’impresa, ma quando era in testa al torneo venne inopinatamente fermato dall’eclettico GM spagnolo Bellón, che gli giocò il Gambetto Benko e anche un tiro mancino, perché alla fine oltre ad arrivare secondo, per mezzo punto perse anche la norma di Grande Maestro fissata a sei punti e mezzo, che furono raggiunti da Pinter, vincitore del torneo.

La nostra delusione fu grande, perché naturalmente tifavamo per lui ed io ero convinto che avrebbe battuto un avversario che fino ad allora non è che avesse poi brillato. All’epoca il Gambetto Benko si era fatto strada come apertura rispettabile e dinamica anche se non usato frequentemente agli alti livelli, ma io mi ero autoconvinto che Toth, in quella partita, alla fine sarebbe riuscito a far valere il pedone in più. E invece pian piano la sua posizione si deteriorò, fino a quando a poche mosse dalla quarantesima, in finale, commise un grave errore che lo portò alla sconfitta, quando un pareggio sarebbe stato a quel punto alla sua portata e il risultato più giusto.

Bela Toth (con il bianco), contro Karel Mokry a Reggio Emilia 1983-84

 

Ecco tre delle partite che quell’anno avevano alimentato il sogno della vittoria di un torneo “A” da parte di un italiano.



Che dire? I due avversari si sono affrontati a viso aperto e non si sono astenuti dalla lotta. Toth ha dimostrato di sapersi prendere dei grossi rischi mangiando due pedoni e contando poi su una tenace difesa che, grazie ad un pizzico di fortuna, gli ha fatto portare a casa il punto intero.

Ma è stato al quarto e quinto turno che le cose sembravano essersi messe decisamente bene per il successo finale.

Ecco la famosa partita con Benko che ebbe un finale inaspettato che tutti noi stentavamo a capire!



Noi che eravamo spettatori stentavamo a capire cosa fosse successo alla scacchiera, perché Benkö chiaramente agitato, chiamò l’arbitro e cominciò a discutere con lui riguardo l’orologio.

Come scritto nel post a lui dedicato, l’anno precedente erano stati introdotti, come novità assoluta, i primi orologi digitali ideati da Tiberti, l’arbitro del torneo, che riportavano sui due quadranti le ore e i minuti e poi, una volta arrivati al minuto finale, i secondi. Ora, Benkö evidentemente non ne aveva capito bene il funzionamento e nel minuto finale, quando apparvero solo i secondi e quando lui rivolse lo sguardo all’orologio e vide che gliene erano rimasti una manciata, mentre pensava di avere a disposizione due minuti interi perché quelli erano stati da lui visualizzati l’ultima volta che aveva guardato l’orologio, venne preso dal panico.

Lui non aveva considerato che i minuti visualizzati non erano esattamente quelli reali se non nel loro momento iniziale, nel senso che rimanevano visualizzati invariati mentre i secondi scorrevano e fino a quando non si passava a quelli immediatamente successivi, il relativo digit numerico non variava (ad esempio il digit 3 rimaneva visibile fino a 2 minuti e 1 secondo, passato il quale diventava 2 e quindi quando in quel momento leggevi 3, in realtà avevi poco più di 2 minuti a disposizione), visto che i secondi venivano visualizzati solo nel minuto finale e gli orologi ideati da Tiberti non avevano le funzioni e le modalità di visione dei quadranti di quelli di oggi. Ora, obiettivamente, la posizione non è che fosse poi così complicata e, forse, se avesse aumentato in maniera decisa il ritmo delle mosse giocate sarebbe arrivato alla quarantesima, (è anche vero che non ricordo quante mosse doveva fare quando si accorse del problema), ma così non fu, s’innervosì e perse per il tempo e, diciamocelo chiaramente, fu un bel colpo di fortuna per Toth.

Il turno successivo fu quello che lanciò Toth solitario in testa alla classifica con 4 punti su 5 partite e alimentò l’idea che potesse vincere il torneo.


La Difesa Russa era un pezzo forte del suo repertorio e lui ne era un profondo conoscitore, come lo era del Gambetto di Donna e infatti scrisse due libri in lingua tedesca su queste due aperture classiche, Die Russische Verteidigung (1987) e Damengambits Minoritätsangriff (1987). In questa partita la Difesa Russa è stata la scelta ideale contro un giovane e aggressivo avversario, e ancora una volta ha dimostrato come sia una Apertura “tosta” e difficile da perforare.

L’anno successivo disputò ancora un buon torneo, arrivando a mezzo punto dal duo di testa Sax e Tatai ma prendendosi la grande soddisfazione di sconfiggere il fortissimo GM magiaro.



Che tranvata! Veramente in questo caso il GM sembrava il nostro Toth che, nei suoi momenti migliori, ha dimostrato di valere il titolo massimo per uno scacchista.

Toth, per me, è stata la rappresentazione della persona semplice che viveva di scacchi in un’epoca nella quale non era facile farne una professione, soprattutto in Italia.

A questo riguardo, una sua frase mi rimase impressa mentre si parlava con lui di partite brillanti e sacrifici, non ricordo in che occasione, forse sempre legata a qualche intervista da fare e poi pubblicare sulla rivista di Scacchi “Zeitnot”. Lui ci disse più o meno così: “È facile quando si sta fuori ad osservare le partite parlare di mosse brillanti, di tatticismi e di sacrifici, ma quando stai lì alla scacchiera e pensi che dal tuo sacrificio di Cavallo possa dipendere la cena che dovrai fare la sera, la cosa assume tutto un altro significato”.

Queste parole mi rimasero dentro per tanto tempo e mi crearono un poco di disagio al solo pensiero, facendomi capire come la passione sia una cosa e la dura realtà un’altra. Eh sì, perché un conto è stare nell’élite scacchistica dove girano parecchi soldi e con la possibilità di essere invitati a tornei prestigiosi con ricchi premi ed un conto è stare nella massa di chi deve sbarcare il lunario con i premi dei tornei minori e magari anche con delle lezioni di scacchi, trasformando una passione ed il piacere di giocare in una rincorsa affannosa verso uno stato di forma sempre al top e nella ricerca di tornei che possano farti vincere qualche premio. E tutte le cose, quando da un piacere si trasformano in un dovere e in una necessità, assumono tutta un’altra valenza rispetto a quelle fatte per diletto da chi non subisce queste pressioni.

Bela Toth vinse il Campionato Italiano Assoluto per quattro volte, nel 1975 1976, 1980 e 1982 e sempre nel 1982 vinse con la Società Scacchistica Milanese il Campionato Italiano a Squadre giocando in prima scacchiera. Partecipò con la squadra italiana a quattro Olimpiadi, tra cui quella disputata ad Haifa nel 1976 dove vinse la medaglia d’argento in seconda scacchiera.

Divenne Maestro Internazionale nel 1974, e si dedicò anche al gioco per corrispondenza, vincendo nel 1978 l’11° Campionato Europeo giocato nel periodo 1973-1978, diventando poi Grande Maestro ICCF nel 2004.

A metà degli anni Ottanta si trasferì in Allschwill, cittadina della Svizzera tedesca nel Cantone Basilea Campagna nell’estremo Nord della Svizzera, praticamente al confine con la Francia, con il ruolo di Istruttore presso il Circolo di Scacchi del posto e, a questo punto, è chiaro che non sia stato un caso che non lo sia riuscito a fare in Italia.

Bela Toth nel 2015 (foto di Stefano Viaggi)
Bela Toth nel 2015 (foto di Stefano Viaggi)

Di lui ho il ricordo di un giocatore serio, corretto e riservato, mai fuori delle righe e che, pur non essendo considerato tra i nostri giocatori di punta, come Mariotti e Tatai, in realtà non aveva nulla da invidiare a loro, se non il titolo del nostro GM nazionale. Dai Database in mio possesso, risulta aver giocato 11 volte con Mariotti, collezionando due vittorie e tre sconfitte e 16 volte con Tatai con 6 vittorie e 4 sconfitte. Insomma, risultati che penso siano sufficienti a dare un’idea della forza del giocatore e dispiace che non sia riuscito a trovare una dignitosa collocazione in Italia.

Il 19 aprile ha compiuto gli anni e, anche se in ritardo, non possiamo che mandargli un affettuoso messaggio: “Auguri Maestro!”

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