I Tornei Internazionali di Scacchi del Banco di Roma: Pál Benkö
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Pál Benkö a Budapest nel 2013 (parte di una foto di Diana Mihajlova)
(Antonio Monteleone)
Siamo oggi a parlare di un nome storico dello scacchismo internazionale: Pál Benkö.
Giocatore di origini ungheresi e, come molti scacchisti dell’Est Europa, naturalizzato statunitense, partecipò alla sesta e alla settima edizione del Torneo del Banco di Roma nel 1982 e 1983 in età oramai avanzata, aveva passato i cinquant’anni, ed in buona compagnia del “Terribile Victor” di tre anni più giovane, se così si può dire (!), che dimostrò, nel primo dei due tornei citati, come l’età negli scacchi non sia d’ostacolo al raggiungimento di risultati importanti arrivando a pari merito con Pinter in testa alla classifica finale.
L’abbiamo ricordato in occasione della sua recente scomparsa, avvenuta il 26 agosto 2019, quando aveva raggiunto la bell’età di novantuno anni, dimostrando come una “mens sana in corpore sano” permetta di raggiungere traguardi anagrafici ragguardevoli.

Il suo nome è legato indissolubilmente all’apertura che lui ha reso popolare a metà degli anni Settanta: Il Gambetto Benko. Giocatore originale, ha dato il nome ad un altro sistema, questa volta giocato di Bianco: l’Apertura Benko 1. g3. Apertura che nasconde un certo veleno, rientrando di diritto in quelli definiti i “Sistemi Ipermoderni”, con la quale riuscì a sconfiggere giocatori dai nomi altisonanti, quali Fischer e Tal nel Torneo Interzonale di Curacao del 1962. Ecco le due partite:

Che dire? Due “scalpi” veramente importanti con un’apertura minore, ma solo all’apparenza. Da notare che ha affrontato i due sistemi del Nero evitando di entrare nel vortice della Difesa Est-Indiana, ma rimanendo in ambito della Partita di Re senza spingere il pedone in c4, impostando un’apertura tipo Pirc-Moderna, con effetti a dir poco soddisfacenti. Ve l’aspettavate due stilettate a due Miti della scacchiera in un colpo solo?
A Fischer deve inoltre la notorietà, purtroppo per lui ottenuta dalla parte sbagliata della scacchiera, per una posizione divenuta famosa come modello per la continuazione dell’attacco al Re avversario, in una partita giocata nel Campionato Assoluto Statunitense nel 1963:
Un tema, quello del blocco della casa “f6” con attacco imparabile sulla diagonale “b1-h7”, che è diventato un Classico oramai conosciuto da tutti i giocatori di qualsiasi livello e visto e rivisto in altre partite utilizzato da chi oramai aveva imparato il “trucchetto”!
Contrariamente all’idea di mostrare partite solo dei Tornei del Banco di Roma, questa volta mi sono concesso delle eccezioni, visti i nomi in gioco e la particolarità delle due partite, iniziate sicuramente in maniera originale. Certo, bisogna anche riconoscere che sono stato aiutato dal fatto che Benkö, in queste apparizioni romane, non lasciò un ricordo propriamente indelebile. Realizzò la metà dei punti nel 1982 e neanche questi nell’anno successivo, vincendo in totale due partite, una per torneo.
Ecco quella ottenuta contro il nostro GM Nazionale che subì in quel torneo una sola sconfitta. Ricordo che mentre stava giocando contro Benkö, Sergio si alzò e camminò per la sala mentre aspettava la mossa dell’avversario, lasciandosi andare ad un commento amaro nella sua tipica inflessione, lamentando il fatto che il Torneo era appena iniziato ed era incappato in una posizione che non lasciava presagire niente di buono.
L’amarezza però durerà poco, perché poi al penultimo turno Mariotti compirà il suo capolavoro sconfiggendo il Vice-Campione del Mondo, l’inossidabile Viktor Korchnoi e portandosi da solo al terzo posto dietro allo stesso Korchnoi e Pinter che vinse il torneo per spareggio tecnico.
Tornando al nostro Benkö, invece, l’unica cosa degna di nota fu una sua protesta, durante la settima edizione del torneo nel 1983, sui nuovi orologi elettronici che l’Arbitro Internazionale Tiberti aveva introdotto l’anno prima sempre al Banco di Roma, ideati da lui con l’aiuto del figlio che era un appassionato di elettronica. Come scritto da Uberto sulla rivista Zeitnot (no, allora non c’era ancora il Blog e il tutto era fisicamente scritto a macchina da scrivere, confezionato e portato in tipografia per la stampa: sì, è praticamente un racconto storico che sembra avvolto nelle nebbie di un’epoca lontana ed infatti stiamo parlando dello scorso millennio!!): “Benko si è fatto notare più per i vestiti eccentrici e le non simpatiche proteste all’indirizzo degli arbitri riguardo agli orologi elettronici (dopo aver perso per il tempo con Toth, ha infatti piantato una grossa grana, di cui però si è scusato con Zichichi), che per la qualità di gioco espressa.”

Questi orologi avevano il quadrante digitale con indicanti l’ora e i minuti. La particolarità era che negli ultimi minuti, non ricordo bene se fosse solo l’ultimo, dai minuti passava direttamente ai secondi. Sempre prendendo le parole scritte da Uberto riferite agli ultimi istanti della partita giocata tra Mariotti e Korchnoi sopra menzionata: “L’arrivo dell’immancabile zeitnot accresce l’eccitazione tra gli spettatori che seguono in un difficile e sofferto silenzio il conto alla rovescia che appare sul display dell’orologio elettronico (veramente simpatici e funzionali questi orologi ideati dall’arbitro Tiberti…).
Ora Benkö protestò perché lui aveva due minuti ed all’improvviso sul quadrante apparvero i secondi e vide con terrore che aveva meno di un minuto mentre era convinto ancora di averne almeno due. Le spiegazioni sul funzionamento dell’orologio, che dovevano essere state tra l’altro fornite ad inizio torneo, non placarono l’ira di Pál, che come riportato da Uberto perse per il tempo contro Toth, tanto che alla fine gli organizzatori decisero che per i turni successivi, per le sue partite, si ritornasse ai classici orologi Gardé. Che strano l’essere umano: hai una novità assoluta che ti permette di gestire anche i secondi e protesti a tal punto che ti ribecchi i vecchi, e bellissimi a dire il vero, orologi che non ti permettono una gestione del tempo così accurata! (PS: quest’ultimo fatto, riguardo il cambio degli orologi, è un mio ricordo personale che non ha avuto conferme dagli altri amici presenti e da quanto letto sulle varie riviste dell’epoca. Come al solito chiedo venia per un eventuale errore al riguardo dovuto all’inesorabile incedere del tempo e supporto da chi ricordasse chiaramente quanto successo).
Benkö, oltre che un forte giocatore, fu anche un ottimo problemista ed ebbe una predisposizione per i finali, tanto da essere un compositore di apprezzati studi, da avere una rubrica dedicata sulla rivista Chess Life pubblicata dalla Federazione Scacchistica degli Stati Uniti e da aver scritto diversi libri dedicati.

Da evidenziare il suo particolare rapporto con Fischer: Nel 1970 si qualifica per l’Interzonale di Palma de Majorca e rinuncia a favore di Bobby, di quindici anni più giovane, che quell’Interzonale lo stravincerà avviandosi poi alla conquista del Titolo Mondiale. Un grande gesto, dove lui abbandona ogni speranza di arrivare al Torneo dei Candidati, dimostrando grande realismo “Non avevo alcuna reale chanche” ed estremo altruismo favorendo l’allora giovane (ma non più giovanissima) promessa statunitense, ritenuta l’unica a poter insidiare l’allora Campione del Mondo. Dopo il ritiro di Bobby dalle scene scacchistiche, fu uno dei pochi a rimanere in contatto con lui, parlandoci almeno una volta a settimana.
È stato l’allenatore delle sorelle Polgar e di Peter Leko e finì i suoi giorni nella sua terra natia (anche se, per la precisione, pur essendo di famiglia ungherese, nacque in Francia per poi passare la sua infanzia e la sua gioventù in Ungheria), dalla quale letteralmente scappò alla fine degli anni Cinquanta dopo che la l’Unione Sovietica soffocò nel sangue la rivolta ungherese che voleva l’uscita dal Patto di Varsavia ed affrancarsi dal suo controllo soffocante.

Fu anche uno dei pochi giocatori ad avere battuto ben quattro Campioni del Mondo: Smyslov, Petrosian, Tal e Fischer. Niente male Mr. Benkö, veramente niente male!