Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Dieci anni di scacchi nella scuola media “Ambrogio Lorenzetti” di Rosia

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Chess, Leonid Soyfertis, circa 1970

(Fabio Lotti)

Occhi chini sulle scacchiere…

Mi mancano.  Mi sono sempre mancati i miei ragazzi, i miei studenti che ho lasciato con l’età della pensione. Soprattutto i momenti in cui li osservavo tesi sui compiti in classe, le teste chine, o alzate in aria a  cercare qualche ispirazione, le smorfie, lo stringere spasmodico delle labbra, l’improvviso sorriso per avere catturato una buona idea, gli occhi quando venivano a chiedere conforto in un momento di crisi. I loro occhi, i loro occhi che chiedevano aiuto…

Per dieci anni ho insegnato gli scacchi alla scuola media di Rosia diventata, tra l’altro, centro di incontro per l’annuale torneo regionale. Che gioia! Che soddisfazione! E allora ecco altri volti a farmi compagnia. Volti di ogni tipo, giovani, spigliati, sorridenti di ragazzi e ragazze che mai avresti creduto pensierosi davanti alle sessantaquattro caselle. Occhi vispi e furbetti diventare all’improvviso dubbiosi e contratti, corpi frenetici bloccati, almeno per un po’, sulla sedia. Un piccolo miracolo di Re e Regine…

Il momento più bello è proprio quando gli occhi sono tutti puntati sulle scacchiere. Di giovani alunni che stanno partecipando ad torneo come completamento di un corso di scacchi. I gomiti appoggiati sui banchi, i capi reclinati in avanti sorretti spesso dalle mani a circondarne la fronte. Li vedo così assorti, così presi che quasi non li riconosco.

Bambini che giocano a scacchi a Mosca, 1947 (Robert Capa)

La partita rispecchia le loro personalità. Chi muove veloce, sicuro di sé, chi tentenna, tocca il pezzo, si morde le labbra, chi lancia uno sguardo al cielo, chi mi guarda come a chiedere aiuto. Sono i miei  ragazzi, dicevo, alcuni vivaci, altri sinceramente turbolenti, rissosi, mani veloci, lingue lunghe, specie quelle delle ragazze che non ci stanno a subire la prepotenza dei maschi.

Ora sono lì a muovere pezzi e pedoni come in una sorta di momento magico. Qualche scaramuccia c’è sempre, per carità: una furtiva minaccia, un brontolio sospetto, uno sguardo provocatorio, una veloce linguaccia, un gridolino soffocato di chi si è preso una pedata sotto banco, ma tutti resistono imperterriti allo schiamazzo perché a scacchi si gioca in silenzio.

Vedo sorrisi e smorfie sui loro volti, vedo la gioia di imparare, di lottare e vincere perché non si regala niente a nessuno. Vedo la gioventù, la vita impetuosa e scalpitante che per un attimo si trattiene, si racchiude in se stessa a calcolare, pensare e riflettere. Vedo i miei alunni che diventeranno grandi, che percorreranno il sentiero della loro vita anche con questo ricordo. Vedo me stesso che sorride impegnato in qualcosa di buono.


Fabio Lotti è nato a Poggibonsi (Siena) nel 1946. Laureato in Materie Letterarie, è Maestro per corrispondenza e collaboratore di riviste scacchistiche specializzate. Ha pubblicato vari testi teorici, tra i quali “Il Dragone italiano“, “Gambetti per vincere” e “Guida pratica alle aperture“.

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