Sergio Mariotti racconta
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(Riccardo M.)
Eccoci oggi con il Grande Maestro Sergio Mariotti! Il più famoso giocatore italiano di ogni tempo è nato a Firenze il 10 agosto del 1946. Sono passati ben più di dodicimila giorni dalla mia ultima chiacchierata con lui: avvenne quasi 34 anni fa e fu riportata nelle pagine di “Zeitnot” (aprile 1984). Si era in località Settebagni, sulla strada consolare Salaria, al torneo internazionale del “Banco di Roma”, il torneo magistralmente organizzato dal compianto amico e maestro internazionale Alvise Zichichi.
[Sergio Mariotti oggi alla scacchiera – Foto di Mauro Scacco]
Sergio Mariotti nel gennaio 1980 raggiunse il 95° posto delle classifiche Elo mondiali ufficiali. Un livello di assoluta eccellenza quello del grande maestro fiorentino, se consideriamo che oggi il nostro giocatore con miglior classifica, Vocaturo, è appena il numero 225 (* vedi nota).
Sergio ha partecipato a quattro Olimpiadi, vincendo il bronzo in prima scacchiera a Nizza nel 1974. Nel 1976 giocò l’Interzonale di Manila. Nel 1977 fu tra i “secondi” di Mecking nel suo match dei Candidati contro Polugaevsky. Nel 1981 pubblicò per la Newton Compton “Il manuale degli scacchi: dalle basi all’agonismo”.
La foto successiva ritrae un giovane Mariotti nel suo vittorioso torneo di Reggio Emilia 1969/70. Ne parlava così il grande Enrico Paoli: “Mariotti ha giocato con genialità, veemenza, ricchezza d’idee; avrebbe dovuto vincere con almeno due punti di distacco …. con un po’ di maturazione potrà giungere a grandi successi poiché le sue doti sono quelle di un vero campione”. Il Paoli se ne intendeva, e infatti fu buon profeta.
Allora, Sergio, oggi sappiamo che la tua attività scacchistica è piuttosto circoscritta. Giochi ancora qualche torneo e ti occupi ancora di cose di scacchi?
Gioco poco, è vero, però sono Presidente di “Quattro Torri”, un’associazione dilettantistica che ha lo scopo di divulgare il nostro bel gioco e che sta avendo notevoli successi, specialmente nelle scuole.
E quali scacchisti ancora frequenti, o almeno, con quali sei in contatto?
Tutti quelli che sono, appunto, legati a “Quattro Torri”.
Una mia curiosità: il tuo gioco sempre estroso è stato più una conseguenza delle tue personali caratteristiche o più dell’insegnamento del tuo primo maestro, Igor Obolensky? In quella nostra intervista avevi accennato a lui. Chi era di preciso Obolensky e come si è sviluppata la tua carriera?
Direi che il mio gioco è stato una conseguenza di ambedue le cose: c’entrano sia il mio carattere molto estroverso, sia gli insegnamenti del mio maestro, appunto il príncipe russo Igor Obolensky. Lui, esiliato dal suo paese a causa della rivoluzione, era giunto a Firenze con la famiglia dopo aver perduto tutto quello che aveva; non si perse però d’animo e si mise a fare la guida turística, dal momento che parlava bene ben cinque lingue. Alla sera, dopo cena, Igor veniva a rilassarsi al Circolo Scacchistico Fiorentino, che allora era il club forse più forte d’Italia e che aveva giocatori come Castaldi, Scafarelli e tanti altri buoni maestri. Grazie all’insegnamento di questo forte giocatore, in appena due anni divenni candidato maestro, dopo altri due anni divenni maestro, e poi a 23 anni vinsi il campionato italiano e così andai a giocare il torneo zonale in Portogallo, dove conquistai il titolo di maestro internazionale. Passarono altri cinque anni e colsi il titolo di Grande Maestro, facendo felice il mio insegnante. Ricordo che Igor mi abbracciò e addirittura pianse con me per la gioia.
Quando ti sei accorto che potevi raggiungere i massimi livelli internazionali? A 23 anni in occasione dei successi di Napoli e San Benedetto? O già prima?
No, davvero non avevo mai pensato di raggiungere alti livelli. A me piaceva giocare perché ho sempre considerato gli scacchi un grande divertimento; i risultati non mi hanno mai interessato troppo, in quanto sapevo che, per mia scelta, non sarei mai diventato un giocatore professionista.
Il non aver avuto abbastanza rivali in Italia ti ha forse impedito l’ulteriore piccolo salto di qualità che poteva portarti fra i pretendenti al titolo mondiale? Oppure gli ostacoli sono stati altri?
L’unico ostacolo è stato il lavoro. Non potevo sperare di rimanere su alti livelli, dal momento che lavoravo e sempre andavo a giocare tornei con grandi maestri già affaticato e con scarsa preparazione. La cosa mi fu evidente soprattutto in tornei importanti, come a Milano nel 1975, quando finii di lavorare il venerdi sera e la sera stessa partii per andare a giocare il torneo che iniziava il giorno dopo, oppure, peggio ancora, come a Manila nel 1976 (ovvero dall’altra parte del mondo), quando lavorai fino al martedì, partii il mercoledì e giocai il giovedì, senza aver avuto una sufficiente assuefazione al clima e al cibo.
Eh, sì. Ricordiamo per i nostri lettori che tu sei stato l’unico italiano della storia ad essersi qualificato per un torneo interzonale, appunto quello di Manila ’76. E là ti classificasti 10°, su 20 e alla pari con Spassky, Uhlmann e Gheorghiu, nonostante una pessima partenza causata appunto dai motivi che ci hai indicato. Ma nella seconda metà giocasti delle ottime partite, tra l’altro pattando con Spassky, Polugaevsky e con il vincitore Mecking e battendo Kavalek e Tsehskovsky, il quale giunse 4°. A proposito di partite, ci dici qual è il più bel complimento che per una partita hai mai ricevuto da un altro Grande Maestro?
L’ho ricevuto da Mikhail Tal, che un giorno a Milano mi disse che se fossi nato in Russia sarei diventato campione del mondo. Avere la stima di questo grande giocatore per me è stato il massimo.
Ti va invece di farci il nome di giocatori, magari stranieri, assai antipatici o assai scorretti?
Potrei dire Beliavsky, Benko e Korchnoi.
Quale è stato, in assoluto, il torneo che ti ha dato le maggiori soddisfazioni?
E’ stato Stoccolma 1976, che fu un grande torneo, direi quasi un campionato europeo. La mia più bella vittoria.
Abbiamo parlato del Mariotti giocatore (“The italian fury”, come ti soprannominò la rivista “British Chess Magazine”), ma Mariotti è anche stato allenatore/capitano della squadra nazionale e poi Presidente della Federscacchi. Ecco, in quale di questi due ultimi ruoli ti sei sentito più a tu agio?
In quello di Commissario tecnico della nazionale. Mi sono sentito orgoglioso soprattutto della mia squadra giovanile per le Olimpiadi di Torino, visto che i ragazzi in quell’occasione hanno vinto la medaglia d’oro nella loro fascia Elo.

Qui non parliamo della FSI, si andrebbe troppo lontano a causa dei suoi 97 anni di storia. Però permettimi un innocente gioco: se tu ti trovassi in cima ad una torre e dovessi salvare (a parte te) un solo altro dei Presidenti Federali che hai conosciuto, chi salveresti?
Gianpietro Pagnoncelli.
Quale è la qualità più importante che dovrebbero possedere i massimi dirigenti o rappresentanti di federazioni sportive come quella scacchistica?
Delle ottime qualità di management.
In una recente intervista la campionessa Anna Muzychuk ha detto che le donne non sono uguali agli uomini quando si parla di scacchi competitivi. Ed ha individuato quattro ragioni: diversa capacità di sopportare lo sforzo fisico, minori motivazioni, minore capacità di focalizzazione, infine base delle praticanti largamente inferiore di numero. Sei d’accordo, in tutto o in parte, con questa sua analisi?
Sì, sono senz’altro d’accordo con queste affermazioni di Anna Muzychuk.
Parliamo un attimo di arbitri. Io ho avuto il piacere di conoscere (e anche di intervistare) noti arbitri italiani del passato, da Tonna a Tiberti a Piccinin. A te chiedo una cosa: quale arbitro italiano ricordi con più piacere?
Gino Piccinin.
Adesso ci puoi dire i nomi, nell’ordine, dei 5 giocatori italiani più forti di tutti i tempi?
Certo: Monticelli, Castaldi, Porreca, Rosselli del Turco e Scafarelli. Se poi volete anche aggiungere il mio nome, scegliete voi in quale posizione inserirmi.
Il nome dei 5 giocatori al mondo più forti di tutti i tempi?
Direi Capablanca, Alekhine, Lasker, Botvinnik e Tal (intendiamoci, questa è solo la mia opinione)
Non mi hai citato Fischer …
No, non lo vedo al loro livello.
E il nome di un giocatore che, pur se sempre fuori dalla lotta per il titolo mondiale, hai tuttavia in varie occasioni più apprezzato per il suo stile di gioco e/o per le sue qualità umane?
Paul Keres senza dubbio.
Oggi chi consideri il migliore fra gli ultimi tre campioni mondiali: Kramnik, Anand o Carlsen? E come giudichi il loro gioco?
No, nessuno di loro mi interessa come gioco, non c’è paragone con quelli che ho nominato sopra.
34 anni fa ti chiesi se ritenevi importante la teoria delle aperture; tu rispondesti che era “importante solo conoscere quel tanto che permette di non perdere in apertura”. Oggi sei ancora dello stesso parere?
Ormai i tempi sono cambiati, adesso si deve per forza studiare la teoria, visto che i programmi e i data-base sono consultati da tutti. Pertanto anche il modo di giocare è cambiato, nessuno rischia nulla e tutti prediligono posizioni solide e senza pericoli, anche a costo di fare qualche patta in più.
Oltre i quotidiani, anche le TV si disinteressano oggi degli scacchisti, trattati solo eccezionalmente e come delle mosche bianche. E’ solo una questione di soldi?
Purtroppo sì, è solo una questione di soldi.
E’ sufficiente quello che si fa oggi nelle scuole o si potrebbe fare di più e di meglio?
Al momento non si può fare molto di più di quello che si fa per le scuole, soprattutto non abbiamo gli insegnanti necessari.
A tuo parere oggi, nell’epoca dei computer e di internet, è più facile o più difficile emergere per un giovane di talento?
E’ molto piu facile arrivare a certi livelli, nel contempo è più difficile superare tali livelli.
Un’ultima domanda personale: guardando indietro la tua lunga carriera di giocatore, hai qualche recriminazione o rimpianto?
No, nessuna recriminazione o rimpianto: le scelte che ho fatto le rifarei tutte, specialmente quella di non diventare un giocatore di scacchi professionista.
Ti ringrazio, Sergio, e facciamo allora tanti auguri a te e alla tua attività nell’ambito dell’associazione “Quattro Torri”. A risentirci!
* nota a variazione del nostro testo originario: avevamo erroneamente citato un Elo massimo di 2589 -settembre 1979-, come pure è riportato su “Wikipedia”. In realtà questo dato lo si trova sul sito http://www.chessmetrics.com, un sito che ad inizio secolo ha proceduto al ricalcolo dei punteggi attraverso formule che meglio potessero, a loro giudizio, esprimere la reale forza di in giocatore. Quei 2589 punti equivalevano nel settembre 1979 al posto n. 104 di quella particolare lista. Tale sito attribuisce tra l’altro a Mariotti una “Best Individual Performance” di 2680 punti, realizzata al Torneo di Manila 1976, del quale abbiamo parlato. Il miglior Elo ufficiale che segnala il sito “olimpbase.org” è invece di 2500 punti, gennaio 1980, posizione n. 95 delle liste mondiali.
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