Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Il mio ricordo di Anatoly Lein

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(Riccardo M.)

Anatoly Lein (28.3.1931-1.3.2018)

[foto del 1976, presa dal sito della Federazione USA]

“Riccardo, hai visto? Un grande maestro sovietico viene a giocare a Roma!”. La voce di mio fratello mi fece sobbalzare dalla sedia e dalla interminabile preparazione della mia tesi di laurea. “Davveroo?” Quasi gli strappai di mano il “Paese Sera” e lessi d’un fiato, veloce come Mennea, l’articolo della rubrica settimanale di Roberto Palombi, il notissimo “PAR”.

Era la primavera del 1976. Seguivo con passione gli eventi di scacchi già da qualche anno, anche se non ero più un ragazzino e non giocavo in nessun circolo. Non avevo mai visto un Grande Maestro, eccetto il nostro Sergio Mariotti in una simultanea. E per di più questo era anche un rappresentante della corazzata sovietica, come Spassky e come il mio idolo Tal.

Si trattava di Anatoly Lein. Lui avrebbe giocato a partire dall’indomani il 1° Torneo internazionale del Banco di Roma (24 aprile-5 maggio), insieme ad altri due GM, il bulgaro Nino Kirov e l’ungherese Istvan Bilek. Presenti ovviamente tutti i migliori italiani, da Mariotti a Tatai, da Toth allo stesso organizzatore Alvise Zichichi. Imperdibile, insomma! Telefonai al mio assistente universitario per rinviare l’appuntamento che avevamo per il giorno dopo, inventandomi che sarei stato occupatissimo col lavoro per tutta la settimana. Quale lavoro? In realtà non lavoravo affatto, volevo solo non perdermi neppure un turno di gioco del “Banco di Roma”. Speravo pure di non incontrarvi il mio assistente, visto che anche lui mi aveva detto essere uno scacchista. Poco male: eventualmente mi avrebbe capito.

Anatoly Lein era nato il 28 marzo del 1931 a Leningrado, dove studiò e visse per molti anni. Nel 1964 conquistò il titolo di Maestro Internazionale, nel 1968 quello di Grande Maestro. Soltanto ciò può bastare a comprendere il suo valore: in quegli anni era già difficile emergere in URSS a causa della durissima concorrenza, e ancor più difficile era raggiungere il titolo di GM, estremamente più difficile di oggi, specialmente giocando all’interno dell’Unione Sovietica. Oso dire che mediamente un MI di quel tempo valeva quanto un GM di oggi. Oppure, se preferite, parecchi GM di oggi, specialmente europei, valgono a stento un MI degli anni Sessanta.

Ma questo è un altro argomento. Torniamo al nostro Anatoly e alla mia visita di allora al Centro Sportivo del Banco di Roma, che poi sarebbe stata la sede anche di tutte le successive edizioni del Torneo, anticipate però di qualche mese.

Il 24 aprile ero lì puntuale, a seguire le partite del primo turno. Ricordo ancora quel nebbioso e piovoso aprile del 1976, uno dei più piovosi nella storia recente della città. Forse anche a motivo di ciò c’erano pochissime altre persone nell’ampio e comodo spazio riservato al pubblico. Meglio. Così ebbi la possibilità sedermi di fronte al tavolino dell’incontro “Lein-Bilek” (e oggi mi comprenderanno e perdoneranno certamente Sergio Mariotti e gli altri giocatori italiani presenti in quella manifestazione).

Sarà perché era la prima partita fra due Grandi Maestri che potevo seguire dal vivo, ma veramente mi parve una bella ed emozionante partita, una schermaglia di alfieri e torri con tema due pedoni isolati, uno per parte. Prevalse Lein dopo 41 mosse e fu l’inizio di una sua inarrestabile corsa di testa, mentre per l’ungherese si trattò di un torneo da dimenticare. A minacciare il sovietico fu a lungo soltanto Bela Toth, al vertice della sua forma e molto combattivo. Ma poi nello scontro diretto Lein ebbe la meglio e si disegnò questa classifica finale: 1.Lein p.7,5 su 10, 2.Toth 6,5 3.Zichichi e Kirov 6 5.Tatai 5,5 6.Mariotti 5 7.Bukic 4,5 8.Primavera R. e Bilek 4 10.Valenti 3,5 11.Coppini 2,5. Ricordo, tra le altre cose, un entusiasmante torneo anche da parte di Zichichi, penalizzato da una imprevista battuta d’arresto contro Valenti.

Di Lein rammento una giacca a grossi quadri color marrone e carta di zucchero, una sigaretta spesso accesa tra le mani, il suo tic di tamburellare l’indice della mano sulla punta della sigaretta, una concentrazione invidiabile, un’espressione sempre impenetrabilmente uguale. Ricordo la sua corporatura robusta (tanto che qualcuno scrisse poi che pareva un sollevatore di pesi), gli occhiali dalle spesse lenti e dalla grossa montatura. Il suo gioco non aveva compromessi: lui puntava sempre sul re nemico, l’attacco era il suo dogma, indipendentemente dal nome dell’avversario.

Lein oggi non c’è più. Il Grande Maestro Anatoly Lein è scomparso il 1° marzo 2018 all’età di 86 anni. Era sposato da quasi 40 anni con Barbara Gottlieb, che l’ha preceduto nel suo ultimo viaggio di appena un paio di settimane. Lasciano tre figli e quattro nipoti.

Il viaggio. Sì, la sua vita è stata segnata da quel lungo viaggio che lo portò, proprio nel 1976, a trasferirsi dalla natìa Leningrado a Cleveland, in Ohio, Stati Uniti. Qualche americano sarebbe poi riuscito persino a storpiarne il cognome, in “Layn” (sic!).

L’uscita dall’Unione Sovietica gli fu possibile dopo che le autorità di Mosca avevano deciso, agli inizi degli anni Settanta, di favorire per qualche tempo l’emigrazione ebraica. Fu così che, fra quelli che presentarono domanda, ci furono vari scacchisti, anche GM, e fra loro (oltre Lein) gente molto nota come Leonid Shamkovich, Vladimir Liberson e poi Gennadi Sosonko.

Alcuni nomi celebri battuti da Anatoly Lein? Eccoli: Tal, Bronstein, Smyslov, Polugaevsky, Stein, Taimanov, Vasjukov. Non bastano? Lein si mise in luce per la prima volta nel 1952, a 21 anni, vincendo a Leningrado un quarto di finale di Campionato URSS, risultato seguito da altri buoni, ma non esaltanti, piazzamenti negli anni successivi. Fu poi 7° su 20 partecipanti nella finale del 32° campionato sovietico (Kiev 1964, quando vinse Korchnoi) e fu 6° su 20 in quella del 1966 (a Tbilisi, quando vinse Stein), ma lasciandosi alle spalle campioni famosi come Polugaevsky, Bronstein, Smyslov, Vasjukov, Gufeld, Kholmov.

Vinse la semifinale di Campionato sovietico nel 1971 a Ivano-Frankovsk (davanti a Savon e a Kholmov), due volte il torneo di Novi Sad (1972 e 1974), il Memorial Capablanca nel 1973 e a Cienfuegos nel 1972. Dopo il successo di Roma 1976 e il trasferimento negli USA, alla soglia dei 45 anni aveva ormai toccato i vertici del suo gioco. Prese parte comunque alle Olimpiadi, con la squadra USA, nel 1978. Nel 2004 il suo nome venne inserito nella “Chess Hall of Fame” degli Stati Uniti.

Sharpen ...

In seguito Lein si dedicò prevalentemente all’insegnamento e all’attività editoriale, anche se partecipò ancora a diversi campionati mondiali “senior”. Tra i suoi lavori ne ricordo in particolare uno sul Gambetto Lèttone: “The Latvian Gambit: A Grandmaster View”, (1995, firmato insieme a Sid Pickard) ed un altro, firmato insieme a Boris Archangelsky, sulla tattica: “Sharpen Your Tactics!” (1996), contenente la bellezza di 1.125 combinazioni.

Addio, Anatoly, sei stato il mio primo grande maestro!

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