Alekhine-Trotsky, 1 a 1 ?
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(Riccardo M.)
Alexander Alekhine – Lev Trotzky 1 a 1? Fra i campioni del mondo che hanno conosciuto la prigione, magari solo per pochi giorni, si ricordano Fischer e Kasparov, per ragioni molto diverse fra loro. Ma prima ancora ci capitò il russo Alexander Alekhine. Due volte e ben più a lungo.
[Lev Davidovich Trotsky]
La prima fu in Germania, dopo il torneo di Mannheim del luglio 1914, quando a causa dello scoppiare del primo conflitto mondiale fu fermato e trattenuto in carcere per alcuni mesi, in quanto russo, insieme ad altri connazionali.
Alekhine era a quel tempo già un giocatore molto noto, pur avendo appena 22 anni. Nello stesso 1914 aveva conseguito la laurea in legge e poi giunse ottimo terzo, dietro Lasker e Capablanca e davanti a Tarrasch e Marshall, nel grande torneo di San Pietroburgo. Lo zar Nicola II volle premiare tutti e cinque quei campioni, nominandoli, per la prima volta nella storia del nostro gioco, “Grandi Maestri degli scacchi”.
Ma leggiamo cosa, sul nostro “i luoghi degli scacchi” (2015) scriveva Claudio Sericano intorno a Mannheim: “…. il torneo iniziò il 20 luglio, ma le cose precipitarono rapidamente: la Germania dichiarò guerra alla Russia il 28 luglio, alla Francia il 1° agosto e alla Gran Bretagna il giorno seguente. Il torneo venne interrotto dopo l’undicesimo turno, il 1° agosto. Vi fu una frettolosa distribuzione dei premi, e tutti scapparono come poterono … Ai numerosi giocatori russi andò la peggio: Alekhine e i suoi colleghi furono trattenuti nel posto di polizia di Mannheim, dal quale vennero presto trasferiti prima a Ludwigshafen e poi a Ratstatt. Qui Alekhine, Bogoljubov, Rabinovich e Weinstein dividevano una stanza, giocando alla cieca…. Il 14 settembre Alekhine, giudicato da un medico fisicamente inabile al servizio militare, venne rilasciato e, attraverso l’Italia, l’Inghilterra e la Scandinavia, ritornò a San Pietroburgo. Per gli altri, invece, vi fu la prigionia a Triberg”.

Nel 1915 Alekhine si arruolò nella Croce Rossa, adempiendo con onore il servizio al punto da ottenere tre medaglie. Due anni dopo, però, con la rivoluzione russa e l’avvento del governo bolscevico, ebbe confiscati i suoi beni e quelli della sua famiglia, troppo benestante e di troppo nobili origini. E in seguito venne di nuovo imprigionato, stavolta a Odessa.
Cosa era accaduto, dal momento che Alekhine non si interessava affatto di questioni politiche? Che una denuncia anonima (forse anche di qualche scacchista invidioso) lo aveva additato come un pericoloso “controrivoluzionario” e aveva indicato alla polizia che sarebbe stato possibile trovarlo presso un “caffè di scacchi”. E così, la sera del 19 aprile 1919 Alexander non poté terminare una partita in corso e finì direttamente in galera. Ci si accorse subito, in verità, che non c’erano prove contro di lui, ma in quei momenti l’ammettere che si era arrivati per errore ad un arresto era cosa sgradevolmente disdicevole per il nuovo regime, e pertanto Alekhine non uscì dal carcere.
Sulla vicenda di Odessa s’innestò poi una vecchia storia, che in Italia fu ricordata molti anni dopo, tra gli altri anche da un settimanale di Napoli, “Il Mattino illustrato”, in un numero di gennaio 1941. Sul settimanale apparve una foto del campione sotto il titolo “Scacco matto a Trotzky nella cella della morte”. Alekhine raccontava appunto quell’episodio: “Dalla cella riconobbi Trotzky, il quale venne accompagnato da quattro funzionari. Sapevo che, come la maggior parte dei miei connazionali, era appassionato del gioco. Uno dei quattro mi annunciò infatti che lui avrebbe gradito fare una partita con me. Rimasi assai in imbarazzo: Trotzky sarebbe stato il mio liberatore o il mio giustiziere? Come dovevo comportarmi? Di tutte le mie partite, penso che quella fu la più emozionante. In apertura giocai timoroso, alcune mosse deboli inconsciamente per lasciargli l’iniziativa. Ma lui non pareva in grado di approfittarne, tergiversava e io decisi allora di giocare come sapevo fare e come la posizione dei pezzi sulla scacchiera richiedeva di fare. A pochi tratti dal prendere scacco matto, Trotzky mi fece un breve cenno di saluto ed uscì. Il giorno dopo ricevetti il mandato di liberazione, firmato da Trotzky stesso”.
Insomma, un bel modo per sdebitarsi e segnare una patta per sempre: 1 a 1? Una curiosità: nella stessa prigione di Odessa parecchi anni prima, nel 1901, era stato rinchiuso lo stesso “rivoluzionario” ucraino Lev Trotsky (1879-1940), il quale avrebbe da allora scelto per sé proprio questo cognome, che in realtà era quello del suo ex carceriere!
Qui questa storiella l’abbiamo raccontata come se Alekhine avesse concesso a “il Mattino Illustrato” una intervista in prima persona. In realtà non fu così e di questa partita fra Alekhine e Trotsky non solo mancano effettive prove documentali o testimoniali, ma si accertò che in quella estate del 1919 Trotsky neppure si trovava ad Odessa. Quindi ciò che riportava “il Mattino Illustrato”, il quale a sua volta riprendeva un articolo del 1937 della rivista inglese “Chess”, restò per sempre solo un aneddoto. Se poi davvero in qualche altra occasione Alekhine avesse giocato a scacchi con Trotsky, forse proprio in uno di quei caffè di Odessa, nessuno è in grado di dirlo.
Quel che è certo è che invece proprio grazie agli scacchi il campione russo sfuggì per miracolo al “braccio della morte” del carcere di Odessa, dal quale nel 1919 venivano eliminati decine di prigionieri ogni settimana (oltre mille in pochi mesi). E come allora ciò fu possibile, in verità?
Avvenne che, dopo tre mesi di detenzione, un mattino il comandante del carcere passò per i corridoi chiamando ad alta voce alcuni nomi: erano quelli destinati alla fucilazione. La sua cella venne aperta. Un giovane agente della “Cheka”, la polizia segreta, con in mano la lista dei condannati, si rivolse a lui all’ultimo momento: “Alekhine?? Sei per caso parente del famoso giocatore di scacchi?”. “No, in verità quello sono proprio io”. Il giovane non ci pensò troppo, lo cancellò dalla lista e qualche giorno dopo Alekhine venne rilasciato. Una vera e propria salvezza in zeitnot!
Come noto, Alekhine, uscito dal carcere, fece di tutto per ottenere l’autorizzazione a lasciare la Russia. L’ultimo torneo in terra russa da lui vinto fu il Campionato di Mosca del 1920. Nel 1921 si trasferì in Francia (non è stato mai accertato se clandestinamente o con un visto), non facendo mai più ritorno nel suo Paese natìo.
In ogni caso Lev Trotsky (che sarebbe stato assassinato in Messico nel 1940) non era un giocatore occasionale, ma un vero intenditore e appassionato. A Vienna lo vedevano spesso entrare sotto le magnifiche volte del Café Central, dove incrociò un giorno i suoi pezzi anche con Vladimir Uljanov, ovvero Lenin. A Parigi nel 1914 pare frequentasse spesso, per giocare a scacchi, il Café “La Closerie des Lilas”, dove conosceva personalmente i camerieri.

Forse molti non immaginano, o meglio non ricordano, quale era il vero cognome di Lev Trotsky. Ebbene, era Lev Davidovich Bronstein, come il suo connazionale vice-campione del mondo nel 1951, David! Che curiosa coincidenza, vero?
Insomma, Alekhine è diventato campione del mondo grazie anche a quel pizzico di determinante fortuna che ebbe davanti a quella cella di Odessa nel luglio del 1919. E’ proprio vero: “le vie del Signore sono infinite”. Anche quelle degli scacchi, evidentemente. E quelle della politica. Non dobbiamo mai smettere di sperare.
Bella storia! Forse tutta vera, forse solo in parte. La considerazione finale è però certamente tutta vera. Mai smettere di sperare e in politica questo vale anche di più!!