Boring Capablanca
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(Riccardo M.)
Acquistai il mio primo volume di scacchi presso la storica “Fiera del libro”, di fronte alla Stazione Termini, nel 1971. Parlo de “I fondamenti degli scacchi” del cubano, campione del mondo fra il 1921 e il 1927, José Raul Capablanca (19.11.1888-8.3.1952).
Il titolo originale dell’opera era “Chess Fundamentals”, pubblicata la prima volta nel 1921.
Ne sono rimasto affezionato per sempre, per la sua indovinata copertina rigida ed elegante e per la esposizione cristallina dell’autore, il quale tutto fa apparire semplice e comprensibile, mossa dopo mossa. I suoi sei capitoli e le quattordici conclusive partite illustrative sono esemplari. Mai mi sarebbero in seguito apparsi tanto chiari come in quel testo i motivi per cui si arriva a perdere o a vincere una partita.
E soprattutto imparai lì a conoscere alcuni personaggi di quel tempo, più o meno importanti: Marshall, Rubinstein, Janowski, Lasker, Burn, Mieses, Teichmann, personaggi alla cui biografia mi interessai più ancora che alle loro partite.
E appresi lì alcuni principi (ricordo che Capablanca li riportava in corsivo) fondamentali nella teoria del nostro gioco, ad esempio:
“il controllo del centro è condizione essenziale per un felice successo di attacchi contro il Re”,
oppure: “l’attacco non può essere interrotto, perché ciò significherebbe la sconfitta”,
oppure: “nei finali, tenere le Torri avversarie legate alla difesa di uno o più pedoni, lasciando alle vostre la massima libertà d’azione”,
o ancora: “se il vostro avversario ha un punto debole, cercate di renderlo ancora più debole o di creare una debolezza in qualche altro punto”.
Rimasi un poco male quando un giorno sentii qualcuno commentare così: “Capablanca? Un giocatore noioso ed un autore noioso”. “Boring”, disse per la precisione. Opinioni. Provate a rileggerlo (o a leggerlo) e a riguardare le sue partite.
Forse risultò “boring” perché non perse neppure una partita nell’arco di quasi 10 anni, fra il 1915 e il 1924? No. Josè Raul Capablanca, giocatore posizionale per eccellenza (e forse per questo motivo “noioso”), vinse vari premi di bellezza. Un motivo ci sarà stato. Forse significa, proprio come lo stesso cubano sosteneva in quel lavoro, che solo da una posizione superiore possono scaturire certe combinazioni? Penso proprio di sì.
Spassky diceva che Capablanca “è stato il miglior giocatore di scacchi che sia mai esistito” (ma a quel tempo non erano ancora apparsi sulla scena Fischer, Kasparov e Carlsen), e Lasker: “ho conosciuto tanti giocatori di scacchi ma un solo genio: Capablanca”.
Leggiamo cosa scrisse su di lui il nostro Stefano Tatai nel 1981:
“il contributo di Capablanca alla teoria del gioco è importante per il senso di equilibrio con cui egli applicò le norme steinitziane, richiamando l’attenzione sulle esagerazioni nascenti da un eccessivo dogmatismo. Amante delle soluzioni semplici, non mancano nel suo gioco le combinazioni, di cui le cosiddette “piccole” sono un elemento costante delle sue partite; con esse egli non introduce i grandi attacchi “di matto”, ma crea delle situazioni di vantaggio posizionale. Lo studio delle partite di Capablanca è il mezzo migliore per il perfezionamento della nostra tecnica di gioco”.
Ne mostro qui un paio, di spezzoni di partite, ma ce ne sarebbero tante altre che meriterebbero spazio.

1.Txf6! Rxf6 2.Tf1+ Cf5 3.Cxf5! exf5 4.Txf5+ Re7 5.Df7+ Rd6 6.Tf6+

6. … Rc5 (oppure 6. … Dxf6 7.Dxf6+ Rd7 e 8.Dxe5) 7.Dxb7! Db6 8.Txc6+ Dxc6 9.Db4 matto!

1.Axg6! Rxg6 2.Dc2+ Rf6 3.Df5+ Rg7 4.Dxg4+ Rh7 5.Te5

E qui il Nero abbandona. Evidente che si è senza scampo sia dopo 5… Cf6 6.Dh4+ Rg7 7.Cf5+, sia dopo 5… Cg6 6.Th5+ Rg8 7.Dxg6
“E’ necessario proteggere il proprio Re con il minimo dei pezzi ed attaccare il Re avversario con il massimo degli stessi” (J.R.Capablanca)
Non capisco … nella Capablanca-Kan, il Bianco non giocò 5.Te5 …la partita continuò con 5.Rf2 (in realtà la mossa n.38 del Bianco) e vinse il finale
Grazie. Il tratto Te5, riportato su qualche testo e da me qui ripreso, è in effetti dovuto a un equivoco.
Vi si cadde probabilmente in quanto si disse che la mossa 38.Rf2 era stata un errore, che avrebbe potuto condurre alla patta, e qualcuno (forse lo stesso cubano) dovrebbe aver successivamente indicato da qualche parte “38.Te5 e 1-0”, ingenerando l’imprecisione.
Come vediamo, Capablanca anche oggi è tutt’altro che noioso.