Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Rita Gramignani, la vita di una campionessa

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(Riccardo Moneta)
… E che campionessa! 9 conquiste del massimo titolo italiano assoluto e 7 partecipazioni olimpiche. Una delle scacchiste italiane più note di sempre. Di lei (classe 1943) già scrissi nel 2013, su altro blog. Incontrarla di nuovo è per noi di UnoScacchista e per me uno straordinario piacere.


Rita, oggi è molto di moda e quasi banale, però te lo chiedo lo stesso: ma tu, nella tua lunga carriera, ti sei mai sentita un po’ “la Regina degli scacchi” della recente serie televisiva?

Rita: ho visto la serie e mi è piaciuta molto. Per certi versi la vita di Beth assomiglia un po’ alla mia: entrambe amiamo gli scacchi, entrambe siamo state autodidatta nell’ apprendimento, entrambe siamo cresciute in collegio ed entrambe ci siamo avvicinate a questo gioco per curiosità guardando altri giocare (nel mio caso mio padre).

Se ben ricordo tuo padre era un discreto giocatore, no?

Rita: sì, infatti quando ero a casa seguivo con piacere mio padre, giocatore di livello prima nazionale, ma non sono mai stata assecondata da lui nel mio interesse. Devo tutto alla mia capacità di apprendimento e alla mia tenacia che, partita dopo partita alle quali assistevo, mi hanno condotto ad appropriarmi delle conoscenze necessarie per giocare a scacchi.

Quindi, Rita, non hai mai avuto ad affiancarti un vero insegnante, un maestro?

Rita: agli esordi della mia carriera ho sempre giocato come autodidatta, nel 1972 mi iscrissi al circolo degli scacchi della mia città dove incontrai un grande giocatore Mario Dal Pozzo, e nell’anno 1977 in un torneo a squadre che vedeva la mia città, La Spezia, affrontare la rivale Pisa, ho conosciuto il maestro Pierluigi Beggi. Da allora lui è stato il mio mentore, che mi ha guidata alla crescita professionale, stimolando la mia curiosità, soprattutto per i finali di torre.

Considerata la carriera, forse anche tu sei un pochino “figlia” del magico match mondiale del 1972?

Rita: hai indovinato. Il famoso match Spasski-Fischer del 1972 rappresentò la grande spinta che mi spronò a cercare un circolo scacchistico a cui iscrivermi e frequentare con grande passione.
Gli inizi furono tutt’altro che semplici per una ragazza che si affacciava in quel mondo prettamente maschile, frasi del tipo ‘ma perchè non vai a fare la calzetta’ allora erano abbastanza usuali. Tutto, cambiò, in occasione del mio primo torneo sociale al quale partecipai ufficialmente e durante il quale riuscii a conquistare un’ottima ‘patta’ chiesta dal maestro Albano in considerazione della sua sfavorevole situazione di gioco.

Rita, non hai il rimpianto di aver scoperto gli scacchi agonistici un po’ tardi? Addirittura a 29 anni, se non ho capito male?

Rita: come dice il proverbio: “meglio tardi che mai”, e comunque no, non ho rimpianti, credo che per me evidentemente fosse giusto quel periodo per iniziare le varie competizioni. Certamente se qualcuno avesse compreso la mia passione in tenera età, chissà, magari sarei diventata più brava! Il mio consiglio è quello di avvicinare il prima possibile i bambini a questo straordinario gioco, che non è solo strategia, bensì scienza, arte e sport insieme.

Se non erro ti sei sposata molto giovane: come hai fatto a conciliare con gli impegni di famiglia la tua passione per il gioco?

Rita: è vero, mi sono sposata a 23 anni e subito dopo sono nati i miei figli. Non ho però mai smesso di coltivare la mia passione per gli scacchi, e tra gli impegni di madre, moglie e lavoratrice, ho sempre continuato il mio apprendimento, grazie sicuramente alla mia forza di volontà e grazie anche agli aiuti che mai mi sono mancati in famiglia.

Vuoi ricordarci le prime fasi della tua carriera con i tuoi primi successi?

Rita: nel 1973 partecipai come outsider al mio primo campionato assoluto, e riportai una sorprendente vittoria (meritatissima fra l’altro!). Dopo quel titolo seguirono altri tre titoli assoluti, e poi la vittoria nel torneo zonale, grazie alla quale ebbi diritto all’accesso (unica giocatrice italiana a tutt’oggi) all’interzonale a Roosendaal, in Olanda.

Rammento anch’io quel match dello zonale di Milano contro la turca Gulumser Ylmaz, anche perché furono 5 partite e tutte vittorie dei colori neri: 3 a 2 per te. E poi?

Rita: e poi molte altre soddisfazioni, sì.

(Rita è modesta e qui non si dilunga, ma inanellò altri successi nel campionato nazionale, fino a contarne 9. Nove volte campionessa italiana assoluta! (1973, 75, 76, 80, 83, 87, 89, 91 e 92: meglio di lei ha saputo fare finora soltanto Stefano Tatai in campo maschile; quando a vincere non era lei, lo era la sua amica-rivale, la triestina Barbara Pernici). Viceversa furono 7 le sue partecipazioni olimpiche. Vediamo …)

Ricordi la tua prima Olimpiade, sì?

Rita: certamente, fu ad Haifa, in Israele nel 1973. Fu una Olimpiade memorabile, perché era la prima volta che squadre maschili e femminili concorrevano assieme. Una grande conquista e l’allora Presidente della Federazione, il conte Gian Carlo Dal Verme, mecenate e visionario, fece dare parecchio risalto a tale evento, tanto che il Telegiornale Rai parlò in prima serata della nostra squadra, proiettando immagini fotografiche della sottoscritta e di Barbara Pernici. Rita ad Haifa, sua prima Olimpiade, giocò in prima scacchiera! (n.d.r.)

Vabbeh, non vuoi dircelo, allora aggiungo io che il tuo risultato in prima scacchiera fu ragguardevole: 6 punti e mezzo su 11. E di tutte queste edizioni Olimpiche hai un episodio curioso da raccontarci?

Rita: ne ricordo diversi, ma in particolare rammento che nel 1984 alle Olimpiadi di Salonicco, in Grecia, un uomo anziano e canuto, in silenzio e seduto a terra per lunghe ore durante le mie partite, continuava a disegnare su dei blocchi di carta.
Mesi dopo, ricevetti un libro d’arte con una dedica: “a Rita con amore”, e in quel libro c’era anche una cartolina con un mio ritratto mentre giocavo a scacchi proprio a Salonicco. Si trattava di Ragnar Johansson, artista svedese di conosciuta fama, che espose quel ritratto in una sua mostra in una galleria di Berlino. Potete immaginare il mio stupore!

E invece un episodio di gioco sulla scacchiera ce lo potresti ricordare?

Rita: sempre a Salonicco incontrai la campionessa del mondo georgiana Maia Chiburdanidze, la quale arrossì in volto dopo la mia decima mossa (a4): quella 10.a4 era infatti una novità teorica che le diede da pensare a lungo, benché alla fine abbia vinto la partita. La partita venne pubblicata (ma solo fino, appunto, alla decima mossa) anche dalla rivista russa Shakhmaty Bulletin.

Rita Gramignani, Olimpiadi di Erevan 1996

E il più bell’apprezzamento che hai mai ricevuto?

Rita: ti parrà strano, non lo ebbi da uno scacchista, ma dal grande Alberto Sordi, il quale, nell’atto di stringermi la mano, si disse onorato di fare la mia conoscenza. Lui! uno dei più grandi miti italiani e mondiali del cinema! Ne fui felice. Ma ci tengo molto anche a ricordare che nel corso del mio ultimo campionato italiano ebbi come “padrino” nientemeno che l’immenso Ennio Morricone!

A proposito di personaggi del mondo del cinema, Tv e della cultura, è vero che hai partecipato ad una trasmissione diretta da Toto Cutugno nella quale giocasti una partita con lui?

Rita: nel 1991 fui invitata come ospite d’onore alla trasmissione televisiva “Piacere Rai Uno”, che si svolgeva nella mia città. In quella occasione il presentatore Toto Cutugno mi chiese di giocare a scacchi con lui: aprì la partita muovendo 2 pedoni simultaneamente. Io gli dissi che non si poteva fare, e lui, tra l’ilarità del pubblico, mi domandò: “ma sei sicura?”. Qualche tempo dopo quell’episodio finì sulla trasmissione Blob di Rai Tre.

Rita, qual è un bell’articolo scritto su di te (beh, dopo il mio del 2013 ovviamente ….)?

Rita: mi piace citare quello che preparò nel 1978 Giorgio Porreca per la rivista “Scacco!”, di cui era direttore. L’articolo doveva essere incentrato sul campionato italiano ma Porreca si dilungò sorprendentemente su di me tralasciando perfino la classifica e la vincitrice, che in quell’occasione non fu la sottoscritta.

E allora qui interviene la Redazione a trascrivere alcune parole di quel lavoro del grande Giorgio:

“ …. Per parecchio tempo dire “scacchista” al femminile è equivalso a dire Rita Gramignani. Non che non ci fossero in Italia altre giocatrici capaci di continuare il precorso tracciato dalla grande Benini, ma quasi nessuna di esse aveva il coraggio di affrontare gli scacchi a livello propriamente competitivo. Un giorno nei tornei apparve una giovane spezzina: due figli, un forte temperamento e tanta passione per gli scacchi. E i risultati tenacemente perseguiti arrivarono veloci ed abbondanti: titoli di campionessa italiana, maggior Elo tra le nostre scacchiste, percentuale superlativa all’Olimpiade di Haifa, partecipazione, unica a tutt’oggi, ad un torneo interzonale ….”

E’ vero che il noto M.I. di origine ungherese Bela Toth ti dedicò un suo libricino “amanuense”?

Rita: sì, si tratta di un particolare libretto sulle aperture Siciliana ed Est indiana, con varianti inedite russe. E’ una vera rarità e lo conservo gelosamente.

Un Bela Toth …. amanuense!

Mi sembra che un giorno ricevesti anche i complimenti del GM Anthony Miles. In che anno e in quale occasione?

Rita: il GM inglese si complimentò con me nel 1976 ai campionati del mondo in Olanda, quando giocai, contro l’americana Ruth Orton, la novità teorica sulla Siciliana Alapin 13… a5, pubblicata dalla casa editrice inglese Batsford e su Chess Informant (Sveshnikov B22).

Immagino che tra le tue soddisfazioni ci sia anche quella di aver fatto da testimonial del gioco da tavolo MEGACHESS insieme al GM Yasser Seirawan. Ecco, a proposito, volevo chiederti se tra i maestri titolati, italiani o stranieri, hai ancor oggi qualche tipo di collaborazione o semplicemente amicizia.

Rita: ho una duratura amicizia con alcuni GM e MI tra cui Ljubomir Ljubojevic, Michele Godena, Federico Manca e Mario Lanzani.

A proposito di Grandi Maestri, consentimi qui una domanda forse scontata, dalla quale però non riesco mai ad esimermi, ed è comunque un argomento che interessa sempre molto i lettori: chi, secondo te, sono stati i 5 giocatori più forti di tutti i tempi?

Rita: Bobby Fischer, Magnus Carlsen, Garry Kasparov, Jose Raul Capablanca e Rashid Nezhmetdinov.

E tra le donne quali sono state le tue 5 preferite?

Rita: Judith Polgar, Alla Kushnir, Nona Gaprindashvili, Maia Chiburdanidze, Humpy Koneru.

E, invece, un giocatore (donna o uomo) che, pur non rientrando tra i primi 5, consideri una figura eccezionale nella storia degli scacchi, chi potrebbe essere?

Rita: io ho sempre avuto un debole per Bobby Fischer, lo trovavo geniale per il suo gioco di forza con l’avversario, ma se devo indicare qualcuno che stimo al di là dei 5 citati uomini e donne, direi la cubana Maria Teresa Mora Iturralde, che nel 1922, a soli 20 anni, fu proclamata campionessa di scacchi iberoamericana, riuscendo a battere il suo maestro Jose Raul Capablanca.

A tuo parere gli scacchi dell’era moderna, gli scacchi del XXI secolo, con questo “internet” che noi meno giovani nemmeno immaginavamo negli anni ’70, sono sempre affascinanti come quelli dei nostri anni? O li ritieni molto diversi, quantomeno a livello agonistico? Non altrettanto attraenti, forse, o forse non attraenti allo stesso modo?  

Rita: personalmente credo che il gioco degli scacchi sia un gioco intimo dove tu certamente interagisci con il tuo avversario, ma prima di questo avviene una simbiosi tra te, la scacchiera e i pezzi. Questo per dire che qualsiasi sia il modo di approcciarsi agli scacchi, essi restano un gioco affascinante e anzi oggi, in tempo di pandemia, i “programmi” hanno aiutato a superare ogni distanza e hanno altresì visto crescere l’interesse per questo straordinario gioco. Ce ne sono alcuni fatti molto bene, come il corso di scacchi per principianti di Susan Polgar, chiamato “Scholastic Chess Training“. E poi anch’io oggi insegno online!

In Italia da poco è subentrato Luigi Maggi alla presidenza della FSI al posto di Pagnoncelli. Sulla base della tua lunga esperienza di giocatrice e di insegnante, quale consiglio per primo daresti a Maggi? E dove prioritariamente indirizzeresti l’azione della FSI se fossi al suo posto?

Rita: il presidente Luigi Maggi, che io non conosco di persona, è persona di grande spessore per il mondo degli scacchi in Italia, e non ha certo bisogno dei miei consigli. Prima della sua elezione, presentò un programma ricco e dettagliato, tra cui istituire uno Junior Club Italia. Se fossi al suo posto, anch’io punterei sui giovani talenti, e in Italia per fortuna ne abbiamo davvero molti.

Rita, tu quando hai deciso di smettere di giocare a scacchi a livello agonistico?

Rita: La mia diretta partecipazione alle gare è terminata nel 1996 dopo anni di intensi scontri davanti alla scacchiera.

Però anche in seguito mi sembra che non ti sei mai allontanata dagli scacchi, è vero?

Rita: sì, è vero. E oggi, come Maestro di scacchi, ho dirottato questa mia grande passione verso l’insegnamento, fondando a La Spezia la scuola ‘La casa degli scacchi’, in una sede donata dal primo cittadino della città, e dalla quale riesco e seguire una cinquantina di ragazzi di varie età.

Alcuni fra i tantissimi allievi spezzini di Rita

Qui allora debbo farti una domanda che si ricollega ad alcune mie recenti considerazioni espresse in altri articoli: secondo te perché le bambine si avvicinano agli scacchi di meno rispetto ai bambini? E’ un atteggiamento che proviene dalle loro famiglie che spesso non pensano che gli scacchi siano un gioco per bambine e quindi per donne? E’ la faccenda (come dicevi prima) della “calzetta”? O c’è dell’altro?

Rita: bella domanda! E per rispondere ci vorrebbe un articolo intero, cercherò di sintetizzare: quello delle donne come giocatrici di scacchi inferiori agli uomini è uno stereotipo da sempre. Grandi giocatori maschili, che io ho sempre stimato per il loro gioco, avevano una visione alquanto discutibile sulle giocatrici femmine. Basta ricordare che lo stesso Fischer disse: ”le donne sono pessime giocatrici” e Kasparov addirittura: “ci sono gli scacchi veri e poi gli scacchi femminili”, per comprendere che queste stesse convinzioni spiegano da sé parte del divario di prestazioni. D’altra parte solo dopo il 1980, le donne furono ammesse a partecipare ai campionati mondiali. Da quel momento lo stereotipo della giocatrice iniziò a cambiare: quando poi Judith Polgar batté nel 2002 Kasparov, egli dovette cambiare il suo giudizio (finalmente!). “Noi donne siamo capaci della stessa lotta, così come ogni uomo, non è una questione di genere ma di intelligenza”, disse la Polgar, ed è vero! Tuttavia molta strada resta ancora da percorrere, anche se siamo passate dal 6% di giocatrici classificate a livello internazionale nel 2001, al 15% lo scorso anno. Concludo dicendo che dovrebbero essere fatte molte politiche di azione affermativa, affinché le donne si possano sentire pari agli uomini, in questo modo molte bambine si approccerebbero agli scacchi e crescerebbe di sicuro il numero di campionesse.

Pertanto oggi sei, nella tua La Spezia, un’insegnante di scacchi, una maestra, o meglio un Maestro. Ma anche un Maestro FIDE?

Rita: purtroppo non sono un Maestro FIDE per un errore commesso ahimè dalla Federazione italiana di scacchi molti anni orsono. Si dimenticò di inviare il mio nominativo alla Fide: tra gli anni 1976 e 1980 il mio punteggio, grazie alle mie diverse vincite riportate nei tornei, era idoneo a ottenere tale titolo. Per quel disguido, e nonostante i reclami, non ho ottenuto ciò che mi spettava. A gennaio del 2017, a Milano, sono stata insignita del titolo di Maestro ad honorem con una cerimonia che ricordo commovente.

Rita i tuoi figli giocano o hanno giocato a scacchi? E, qualora non abbiano giocato agonisticamente, ti sarebbe piaciuto se lo avessero fatto?

Rita: ho sempre avvicinato i miei figli agli scacchi sin da quando erano piccoli, nella loro scuola elementare svolgevo addirittura dei corsi per bambini, a loro però piaceva di più giocare con i loro coetanei piuttosto che con la mamma maestro! Ad oggi entrambi giocano a scacchi a livello amatoriale e così i miei nipoti. Nessuno in famiglia ha purtroppo coltivato la mia passione, se pur c’è chi avrebbe avuto le capacità per farlo.

Mi resta un’ultima domanda: c’è qualcuno a cui sei riconoscente in particolare e che vorresti ringraziare?

Rita: senza dubbio sono riconoscente alla mia famiglia, che sin dagli esordi della mia carriera scacchistica mi ha sempre sostenuta ed incoraggiata e che a tutt’oggi tifa per me (vogliono farmi scrivere un’autobiografia!).

Qui giunti non ci resta che un “grazie!” per questa bella chiacchierata, da chiudere con un grande abbraccio a Rita Gramignani, una delle figure più vere, estroverse e brillanti dello scacchismo italiano dal dopoguerra ad oggi.

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