Uno Scacchista

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Muor giovane colui che al cielo è caro*

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Ian Duncan Wells contro Kotov nel 1979 (particolare) - British Chess News 2021

(Tristano Gargiulo)
La tarda sera del 31 dicembre 1980 era fredda e umida, come sempre nell’inverno di  Hastings. Lo stridio dei gabbiani, continuo e assordante fin dalla mattina presto, si era calmato, e nulla turbava il silenzio della bruma e delle ombre. I pochi partecipanti al cinquantaseiesimo International Chess Congress che avevano ‘messo in busta’, cioè sospeso la loro partita dopo quattro ore di gioco, arrivavano alla spicciolata per riprenderla, rinunciando senza rimpianti ai festeggiamenti di fine anno. Impegnati a cercare la giusta continuazione chi per vincere la sua partita chi per non perderla, non si sarebbero nemmeno accorti dello scoccare della mezzanotte.

Davanti al White Rock Pavilion, dove tradizionalmente si giocava il Challengers’ Tournament, riconobbi Ian Wells. I tratti del viso dimostravano meno dei suoi sedici anni, ma era già un nome conosciuto e nel Challengers’ occupava stabilmente una delle prime scacchiere, in lizza per la vittoria del torneo o per un ambìto piazzamento, in mezzo a tanti futuri grandi maestri o maestri internazionali. L’istintiva simpatia che me lo aveva fatto scegliere, tra i forti, come uno dei giocatori di cui seguire le partite, quando giravo fra i tavoli dopo aver mosso, mi indusse a rivolgergli la parola mentre aspettavamo l’apertura della sala di gioco.

Ian Duncan Wells – BCN 2021

Parlottammo solo pochi minuti. Gli dissi – non so come mi sia venuto questo attacco di presunzione – che mi ricordava le speranze che avevo nutrito, per breve tempo, quando avevo la sua età, una decina di anni prima, e gli augurai, di vero cuore, tutto il successo che si meritava, sia per la bravura già sbocciata sia per il contegno modesto e misurato che traspariva anche dal timido sorriso con cui accolse le mie parole. Ricordo che muoveva i pezzi sulla scacchiera con naturale eleganza, quasi con gentilezza.

Poco più di un anno dopo, all’inizio della primavera del 1982, sfogliando il numero appena arrivatomi di Europe Echecs, lessi con sgomento che uno dei giovani più promettenti della nazionale inglese, in Brasile per un importante torneo giovanile ad inviti, era annegato il 25 gennaio 1982, mentre faceva il bagno nelle acque dell’oceano atlantico davanti alla spiaggia di Copacabana. Il nome era purtroppo quello di Ian Wells. Aveva solo 17 anni.

Wells-Kotov, 1979 – BCN 2021

Nato a Morecambe, nel Lancashire, il 22 giugno 1964, Ian Duncan Wells si era messo in luce in diverse occasioni negli ultimi anni della sua breve vita. Nel 1979 aveva vinto (2-1) un match contro un ‘mostro sacro’ come Alexander Kotov; aveva poi fatto parte del team inglese (formato da Nigel Short, Julian Hodgson, Daniel King e lui) vittorioso a Viborg (Danimarca) nel 1° Campionato mondiale a squadre under 16 (14-20 ottobre 1979). Nel dicembre 1981 era arrivato 1° ex-aequo con John Nunn e Tony Miles all’Islington Open. Nessuno poteva immaginare che fosse il canto del cigno di un brillante giovane scacchista, non ancora diciottenne, che era già molto più di una promessa. Vantava vittorie con giocatori del calibro di Sanz Alonso, Short, Chandler, Hodgson, Conquest, Dlugy, Kuligowski. Da questi pochi dati si capisce come Harry Golombek, il decano dello scacchismo inglese, abbia potuto dire di lui, commemorandolo: «a pleasant and modest personality who, had he lived only a few more years, would have become a great master».

Wells-Keene, 1980 – BCN 2021

Ian Wells era capace di giocare senza timori reverenziali contro chiunque, come dimostra la sua partita contro il più forte giocatore inglese e, all’epoca, uno dei più forti al mondo, Tony Miles (1° marzo 1981), dove mantenne a lungo l’iniziativa con un gioco energico che costrinse il titolato avversario ad accontentarsi della patta (l’anno prima Miles aveva battuto il campione del mondo in carica, Anatolij Karpov):

Anthony Miles-Ian D. Wells
Amey Roadstone Young Masters, Chichester 1981

Lo scontro vittorioso con Murray Chandler, già IM e di lì a poco GM, aveva mostrato, oltre alla medesima combattività, una nitida tecnica:

Ian D. Wells-Murray Chandler
1st Brighton International, Brighton 1979

Ma una partita che sceglierei come rappresentativa dello stile di Ian Wells è quella con J. Hall:

J. Hall-Ian D. Wells
Morecambe 1981


Al Challengers’ del 1980/81, Ian Wells ottenne un risultato di prestigio arrivando 5° ex-aequo con Nigel Davies con 7 punti su 9, preceduto di misura da futuri GM quali M. Rivas e J. Hodgson, ma altri fortissimi lasciandosene dietro (S. Conquest e J. Plaskett fra tutti).

Il mio Hastings fu invece un disastro. Un pomeriggio uscii dal White Rock Pavilion più avvilito del solito, mi sentivo quasi tradito dal gioco che tanto amavo. Passando di fronte alla sede di gioco del torneo dei Grandi Maestri, decisi di entrare e mi sedetti tra il pubblico, davanti alla partita di Ulf Andersson, uno dei miei campioni preferiti. La lentezza con cui si snodava la partita mi permetteva di analizzare la posizione sulla scacchiera murale, l’ammirazione per il preciso gioco di Andersson mi rapiva, la soddisfazione provata tutte le volte che comprendevo cosa c’era dietro a certi piani e certe mosse mi rinfrancava.

Ebbi tempo per riflettere e mi convinsi allora che gli scacchi sono un dono degli dèi. Quegli stessi dèi che – secondo il verso greco che ho scelto come titolo di questo post – chiamavano a sé anzitempo i loro prediletti, come piace pensare che abbiano fatto con Ian Wells, non possono non essere gli artefici di un ‘gioco’, molto serio, che è prima di tutto  nutrimento e gratificazione intellettuale: qualcosa da cui la mente di un appassionato può sempre ricavare un profondo piacere estetico, indipendentemente dagli esiti agonistici.

Gli scacchi non tradiscono e non puniscono, se non la presunzione. Gli scacchi educano il pensiero e regalano gioia. Una lezione che giova sempre ricordare, quali che siano le ambizioni, e le delusioni, di ciascuno.


* Verso del poeta greco Menandro (ὃν οἱ θεοὶ φιλοῦσιν ἀποθνῄσκει νέος), nella traduzione di Giacomo Leopardi.

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1 thought on “Muor giovane colui che al cielo è caro*

  1. Purtroppo Wells non fu il primo giovanissimo inglese a sconfiggere Kotov e morire subito dopo. Crown a soli 18 anni giunse terzo nel campionato britannico, e nel match GB-Urss (terminato 5-15) destò sensazione con la sua spettacolare vittoria contro Kotov, all’epoca uno dei migliori al mondo. Morì di appendicite dopo meno di 2 mesi.

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