Uno Scacchista

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Gashimov e i coloni tedeschi di Shamkir

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(Riccardo M.)
E’ finito l’altro ieri, 30 aprile 2017, il Memorial Gashimov a Shamkir. Conoscete sicuramente la classifica finale: a noi qui piace parlare anche di altro, non solo di battaglie sulla scacchiera. E allora riprendiamo il post di Claudio Sericano della scorsa domenica (in “La domenica scacchistica”) e parliamo un poco di Gashimov, di Shamkir e dei coloni tedeschi.

La nostra amica e redattrice Sabine è forse tra le poche persone a non essersi meravigliate dell’accenno all’emigrazione germanica in Azerbaijan nel secolo XIX. Come cambia il mondo, vero?

E allora torniamo sull’argomento, riprendendo, ampiamente rivisitato, il contenuto di un mio articolo apparso sul blog “Soloscacchi” circa tre anni fa.

Vugar Gashimov (in azèro: Vüqar Həşimov) nacque a Baku il 24 luglio del 1986. Praticò anche altri sport, prima di scegliere definitivamente gli scacchi: calcio, tennis e taekwondo. Allievo del G.M. Vitalj Tseshkovsky, a 13 anni divenne maestro internazionale. Non ebbe fortuna: lo tormentò l’epilessia, subì due interventi al cervello. Nel 2002 riprese a giocare e fu presto Grande Maestro, non uno qualsiasi ma un super GM. Nel 2009 era il numero 6 al mondo e guidava la squadra azèra alla conquista del titolo europeo a squadre a Novi Sad. Vugar è stato un grande giocatore e ha vinto grandi tornei.

Temperamento sempre allegro e positivo, era fortissimo nel “blitz”, anzi quasi insuperabile. Grande esperto della Moderna Benoni, in Italia lo ricordiamo soprattutto per lo splendido successo di Reggio Emilia (2010-11). Nel 2011 era ancora numero 10 al mondo, quando riapparvero implacabili i problemi di salute: improvvisamente perse conoscenza durante un match contro la squadra nazionale francese. Terribile. Gli fu diagnosticato un tumore al cervello. Aveva appena 27 anni, quando si spegneva, il 10 gennaio 2014, in un ospedale di Heidelberg, in Germania. Al suo fianco fino all’ultimo momento la fidanzata Elisabeth, che gli dedicò un appassionato ricordo sulle pagine di “Chessbase”.

Carlsen, che lo stimava assai, twittava dopo la sua morte: ”È stata una persona sempre cordiale ed uno dei giocatori più forti e talentuosi che io abbia conosciuto”.

In una intervista rilasciata a M.Savinov per ChessCafé nel 2006, Vugar spiegava che “a scuola la mia materia preferita era la geografia, forse perché ​​viaggio molto e voglio sempre sapere di più sui Paesi che ho il piacere di visitare.

Rendiamo così omaggio a a Vugar Gashimov, venendo a parlare di Shamkir, uno dei nostri amati “luoghi degli scacchi”. L’Azerbaijan è uno Stato indipendente dal 1991. La lingua azèra è correlata al turco e si scrive in caratteri latini, ma in molte zone del Paese sopravvive il cirillico mentre a sud, ai confini con l’Iran, è spesso impiegato l’alfabeto arabo.

Risalgono al V secolo le prime notizie su Shamkir (o Shamkur, secondo fonti turche) città appoggiata alle pendici orientali del cosiddetto “Piccolo Caucaso”. Il nome “Shamkur” potrebbe significare “sul lato sinistro del fiume Kura” (il Kura, proveniente da Turchia e Georgia, sfocia dopo ben 1.500 km nel mar Caspio). Shamkir era nel Medioevo una città prospera, con grandiosi edifici e mercati affollati, anche grazie alla sua posizione strategica lungo la Via della Seta. Nel IX secolo si ebbe la penetrazione araba, che portò l’Islam in terra azèra. Nel 1235 i Mongoli invasero e distrussero il Paese e l’antica Shamkir praticamente sparì (oggi se ne vedono solo poche rovine). Lentamente furono ricostruiti nuovi insediamenti, però più lontano, fra i 10 e i 30 km dal vecchio nucleo. Seguirono altre vicende ed altre occupazioni, arabe e persiane, finché nel 1803 il territorio venne occupato dalle truppe russe.

E qui accadde il fatto curioso e poco noto. Nel 1815 lo Zar Alessandro I Pavlovic Romanov visitò Stoccarda, dov’era nata sua madre, Sofia di Wurttemberg. Lì prese atto dell’oppressione e delle difficoltà che avevano colpito i contadini locali (la Germania, subito dopo le guerre napoleoniche, attraversava momenti di profonda crisi) e gli venne l’idea di organizzare nel Caucaso meridionale un primo insediamento di famiglie tedesche. Era il settembre 1818. Tali insediamenti furono sempre più incoraggiati dalle autorità russe ed interessarono anche Georgia, Armenia ed Azerbaijan, con migliaia di emigrati che vennero generalmente ben accolti dagli abitanti di quei luoghi.

In prossimità delle rovine dell’antica Shamkir sorse così Annanfeld (o Annenfeld, poi dal 1914 anche “Annino”), così chiamata in onore della regina Anna Pavlova, moglie di Guglielmo II d’Olanda. Lo stile architettonico tedesco e le tradizioni tedesche germogliarono perciò in oriente, ed una chiesa luterana fu costruita a Shamkir nel 1909. La chiesa è ancora lì, ma ovviamente non più in attività. Nelle strade di Annanfeld, pulite e ordinate, furono piantate file di alberi, in specie platani e peri: il pero, secondo la tradizione tedesca, era infatti simbolo di fortuna, fertilità e abbondanza.

Tuttavia, benché ben accolti dagli abitanti del posto, c’è da considerare che la legislazione dell’Impero Russo consentiva la conversione da altre religioni in quella ortodossa, ma non viceversa, e ciò non favorì mai la completa integrazione di un singolo gruppo etnico.

Shamkir_gerb
Şəmkir, Şamxor, Annenfeld, Annino

I coloni tedeschi erano in prevalenza viticoltori e vinificatori, e continuarono a occuparsi della loro attività tradizionale anche in Azerbaijan, dove prima si coltivava uva esclusivamente per consumarla fresca o conservarla come uva passa o per preparare la cosiddetta “melassa berme”. I coloni iniziarono pertanto a sviluppare viticoltura e vinificazione nelle fertili pianure del Kura ed alcuni di loro divennero in seguito importanti imprenditori internazionali nel settore, a partire dal 1860.

Tra questi Christopher Forer (o Froer) e Christian Gummel. I fratelli Forer aprirono persino due fabbriche per la produzione di cognac e grappa, a Helenendorf e ad Annanfeld, quindi svilupparono una rete di negozi in città europee e in tutta la Russia, da Mosca a Vladivostok, tanto che i vini e i cognac dell’Azerbaijan ebbero presto superba fama, conquistando numerosi premi nei più noti concorsi d’Europa, da Parigi ad Amburgo fino al Grand Prix di Londra del 1918.

La Russia, come sappiamo, entrò successivamente in conflitto con la Germania, e fra il 1938 e il 1941 Stalin fece deportare in Siberia o in Kazakhstan tutti gli abitanti di etnia tedesca, circa 200.000. Annanfeld nel 1938 cambiò di nuovo nome: fu Shamkhor, poi di nuovo Shamkir. Helenendorf tornò ad essere Goygol. Nel 1989 i discendenti degli esiliati ebbero il diritto di tornare in Germania: naturalmente sembra non sia rientrato quasi nessuno, dei pochissimi sopravvissuti.

A parte i viticoltori, il più noto “tedesco di Russia” della storia fu probabilmente la spia Richard Sorge, che venne impiccato a Tokyo nel 1944 e che era nato a Baku, la capitale azèra, nel 1895. Sorge è stato uno dei migliori agenti segreti sovietici che abbiano operato durante la seconda guerra mondiale, tanto da guadagnarsi il titolo onorifico di “Eroe dell’Unione Sovietica”. A lui Baku dedicò un monumento e un parco.

Che strani destini s’incrociano nella vita di molte genti: in Oriente due secoli fa migliaia di tedeschi in Azerbaijan trovarono prima lavoro e successo e poi nel secolo scorso la morte, centoventi anni dopo l’emigrazione dei loro nonni. Invece nel 2014 al campione azèro di Baku Vugar Gashimov è accaduto di finire i suoi brevi giorni in terra di Germania. Aveva purtroppo ben ragione Gabriel Garcia Marquez, il grande colombiano, a scrivere che “non si muore quando si deve, ma quando si può”. E dove càpita.

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