Sebastiano Izzo e “gli avventurieri”
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(Riccardo M.)
Fra i nomi dell’associazionismo italiano che più hanno contribuito alla promozione degli scacchi nell’ultimo quarto del ventesimo secolo c’è senz’altro quello di Sebastiano Izzo. Appassionato di ogni tipo di gioco da tavolo, conosceva varie lingue. E’ stato giornalista e scrittore. Fondò, e ne fu segretario, l’ARCI Scacchi e poi l’ARCI Dama-Scacchi. “ARCI Dama-Scacchi” era anche il mensile dell’associazione, che lui diresse dal 1976 al 1979, quando si trasformò in “Contromossa”.
Io conobbi Izzo agli inizi degli anni Ottanta, una mattina in cui, incaricato da Ascenzo Lombardi, mi recai alla sede dell’Associazione, nei pressi di Piazzale Flaminio, a ritirare personalmente da lui del materiale. Mi colpì la sua disponibilità e la semplicità e mitezza dei suoi modi, la serenità del suo sguardo. Ebbi immediatamente la sensazione di trovarmi di fronte ad una persona interessata, come raramente accade, più ad offrire un contributo alla realizzazione di progetti e iniziative comuni che alle fortune personali o della propria organizzazione. Una sensazione che da altri mi sarebbe stata confermata in seguito. L’associazionismo nazionale e romano subì una perdita incolmabile quando Sebastiano venne a mancare, ad appena 56 anni, nel luglio del 1996.
Era un piacere leggere i suoi brevi articoli sulle rubriche scacchistiche che teneva, un piacere determinato dalla semplicità del suo stile e nello stesso tempo dalla ricchezza descrittiva, sebbene sintetica, della narrazione e dalla costante attenzione che poneva sugli aspetti ludico-sociali.
Qui vi presento un suo scritto, che ho conservato negli anni e che venne pubblicato (purtroppo non so dirvi dove) il 26 marzo del 1986 col titolo “Gli scacchisti di un tempo, grandi avventurieri”. Si tratta di tutti fatti storici che dovrebbero esservi ampiamente noti, ma che è bello ugualmente leggere così come rappresentati direttamente dalla penna di Sebastiano.
“Nel XVI° secolo, in pieno Rinascimento, la grande diffusione degli scacchi fra le classi agiate italiane provocò un fenomeno che anticipò di qualche secolo il professionismo scacchistico dei tempi moderni. La figura dello scacchista era tenuta in grande considerazione dai ricchi mecenati dell’epoca, al pari di quella del poeta, del letterato o dello scienziato. Non a caso nei trattati dell’epoca il gioco degli scacchi veniva spesso definito “arte” e “arte liberale”. Insomma quella dello scacchista era una “professione” molto onorata e sono molte le testimonianza storiche che certificano l’esistenza di veri e propri professionisti del gioco, stipendiati e protetti da nobili o alti prelati per le loro doti di giocatori.
Dalle biografie degli scacchisti più celebri giunte fino a noi si ricava però l’impressione di personaggi irrequieti ed avventurosi che non si accontentavano di vivere tranquillamente con le rendite ed i privilegi concessi loro dai ricchi mecenati. Il “Siracusano” Paolo Boi (1528-1598), Leonardo da Cutro (1552-1597), detto “Il Puttino” per la sua piccola statura, e il “Calabrese” Gioacchino Greco (1595 ca.-1634) furono indubbiamente fra i più famosi rappresentanti della scuola scacchistica italiana del Rinascimento.

Vivendo dei proventi della loro attività scacchistica, viaggiarono in lungo e in largo per l’Europa e oltre, guadagnando anche grosse fortune nei primi “matches” internazionali patrocinati, nientemeno, che dai sovrani di Spagna, Portogallo o Austria. Si calcola ad esempio che Paolo Boi riuscì a guadagnare oltre 30.000 scudi. Una somma enorme se si considera che la rendita annua di uno studioso di corte si aggirava allora sui 200-300 scudi.
Ma a quei tempi viaggiare non era una cosa di tutto riposo come ai giorni nostri. Incontri con briganti e pirati dovevano essere piuttosto frequenti, visto che tutti e tre i nostri campioni furono catturati e depredati in qualche occasione, riuscendo a salvarsi anche grazie alla loro abilità scacchistica.
Curiosamente sia Leonardo da Cutro sia Paolo Boi morirono avvelenati: il primo da un cortigiano invidioso e il secondo da un servo ladro. Il Greco morì addirittura nelle allora quasi sconosciute Indie Occidentali dove si era recato per vivere la sua ultima avventura al seguito di un nobile spagnolo. Morendo lasciò tutti i suoi cospicui beni ai Gesuiti, convinto di averli guadagnati “illecitamente”.
Insomma, pare proprio che i primi professionisti degli scacchi fossero degli spiriti irrequieti assetati d’avventura, oltre che dei formidabili giocatori. I moderni professionisti e campioni della scacchiera hanno forse conservato qualcosa di questo antico spirito nel fatto che la loro professione li obbliga a continui viaggi. Ma probabilmente la loro sete d’avventura viene tutta sublimata nel piccolo ma infinito spazio delle 64 caselle, alla continua ricerca di “novità teoriche” con cui sorprendere gli avversari”.
Una curiosità: proprio in quei giorni in cui Sebastiano Izzo scriveva questo articolo, usciva in alcune edicole il primo numero della rivista “Torre&Cavallo”.
Sebastiano Izzo: una figura mai abbastanza rimpianta dallo scacchismo nazionale.
Si sono d’accordo un personaggio da clonare , se ne è andato troppo presto. L’ho conosciuto perche facevo parte di quella associazione. Rappresentavo il Veneto assieme ad Antonio Rosino , mi pubblicò una lettera su Contromossa fine anni 70. Poi arrivo’ Ferruccio Ferrucci di Forlì e compagni ma nel 1980 con l collaborazione dei veneziani de Venezia e periferia abbiamo inventato ” moglianoscacchi 1 edizione.
Esisteva anche il tornei dei Cral aziendali Allora tornei Arci. Ecc. Ma Sebastiano Izzo come svraintendente. Un gradino piu alto ” i giochi intelligenti” ecc.
Cordialmente Pino . B.
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