Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

La bandiera a scacchi e la scacchiera

3 min read

(Adolivio Capece)
Recentemente (giugno) è stato dato molto risalto ad un episodio curioso verificatosi durante il GP del Canada di Formula 1. La modella ventiquattrenne canadese Winnie Harlow ha sventolato “la bandiera a scacchi” con un giro d’anticipo: per sua fortuna nessun pilota ha rallentato e tutti hanno continuato a spingere fino al termine della gara.

In alcuni articoli, a proposito della bandiera a scacchi, si è accennato ad Antony Noghes come suo ideatore nel 1929. Antony Noghes fu il fondatore dell’Automobil Club del Principato di Monaco (dove già nel 1890 si era costituito il primo club automobilistico) e fu lui ad avere l’idea di una gara automobilistica lungo le strade di Montecarlo. Il primo GP di Montecarlo venne corso il 14 aprile 1929.

C’era però un problema: dopo la Prima Guerra Mondiale il via delle gare e l’arrivo venivano dati con la bandiera della Nazione che ospitava la corsa. Monaco ha i colori bianco e rosso, colori che in pista indicano pericolo e rallentamento. Noghes ci pensò su e decise che per dare il via e sancire la fine della gara si dovesse trovare un bandiera diversa da tutte, in modo da non confondersi: e una sera, mentre stava giocando a scacchi, fra una partita a scacchi e un drink, decise che la scacchiera andava bene.

Oggi ad Antony Noghes è intestata l’ultima curva del tracciato di Montecarlo, quella che immette sul traguardo e che passa proprio davanti alla sede dell’AC Monaco.
Da quel 14 aprile 1929 la bandiera a scacchi è entrata nella storia delle corse automobilistiche e motoristiche e Noghes ne è considerato ufficialmente l’ideatore.

L’originale “curva del Gazometro”, poi rinominata “Curva Antony Noghes” e oggi inglobata nel nuovo tracciato della Rascasse

Ma forse la storia della bandiera a scacchi e della sua “nascita” può essere anticipata di più di una trentina di anni.

Dobbiamo risalire alla prima gara per automobili (anche se all’epoca le chiamavano ancora “carrozze senza cavalli”) disputata in Francia, la mitica Parigi-Rouen del 22 luglio 1894: “127 chilometri da percorrere a tutta velocità, tra avarie, caldaie che esplodevano e il tripudio della folla accorsa ad ammirare il prodigio”.
La gara ebbe oltre 100 preiscrizioni, ma alla fine furono soltanto 21 le auto che si allinearono sulla “griglia di partenza”: tra queste le prime Peugeot da 3 cavalli e i primi modelli motorizzati da Gottlieb Daimler. Solo 14 arrivarono al traguardo.

Per la cronaca vinse il conte Albert De Dion “nobiluomo e donnaiolo nonché pioniere dell’automobilismo”; per curiosità aggiungiamo che era molto amico del barone Etienne Van Zuylen van Nijevelt (insieme organizzarono la Parigi-Bordeaux-Parigi del 1895), diretto discendente di quel barone Van Zuylen noto per il trattato scacchistico del 1792 – La Supériorité aux Échecs – che ebbe grande diffusione e tradotto in varie lingue, e fu per di più il primo a proporre di sistemare i pezzi sulla prima traversa ‘sorteggiando la posizione’, anticipando così di oltre 150 anni il noto ‘Fischerandom’ del mitico Bobby Fischer.

De Dion, alla guida del suo trattore De Dion-Bouton da 20 cavalli, tagliò il traguardo dopo “sole” 6 ore e 48 minuti, viaggiando a una media di 18,5 km/h, seguito comunque dopo soli 3 minuti e mezzo da Georges Lemaitre su Peugeot. Il terzo classificato Auguste Doriot, pure su Peugeot, arrivò dopo oltre un quarto d’ora.

La partenza della Gara tra “Carrozze senza Cavalli” Paris-Rouen del 1984, come pubblicata sulla prima pagina de “Le Petit Journal” del 5 Agosto 1894.

Mentre i vari giornali dell’epoca nei loro articoli si concentrarono quasi solo sulla velocità dei mezzi (allora ritenuta sorprendente) e sul fatto che la Giuria alla fine assegnò la vittoria alla Peugeot perché il trattore di De Dion, molto pesante, non rispondeva pienamente alle condizioni previste dal regolamento, “Le Vélo”, quotidiano sportivo, fu l’unico a scrivere che quando De Dion arrivò – “ben prima dell’orario previsto” – il Giudice di gara stava tranquillamente giocando a scacchi: erano passate da poco le 17.30, le tabelle prevedevano l’arrivo verso le 18.

L’articolo proseguiva dicendo – con tono ironico e un po’ sfottente – che il Giudice, quando si accorse dell’arrivo del primo concorrente, preso alla sprovvista, per segnalare il punto preciso in cui si trovava il traguardo non trovò di meglio che buttare all’aria i pezzi e sventolare la scacchiera.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: