Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Il Maestro Werner Kunerth

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(Riccardo M.)
Ci eravamo attardati, quella sera di fine ottobre del 1980, nel magico salone del Casinò di Arco di Trento, tradizionale teatro di gioco, fin quasi, ultimi, ad esserne cacciati via. Per tal motivo fummo anche gli ultimi a prender posto a tavola, per la cena, nella accogliente e calda saletta della nostra piccola pensione. Abitudine, questa di essere ultimi, alla quale noi “ragazzi del Sud” abbiamo sempre avuto difficoltà a derogare.

[Foto dall’archivio dei circoli di scacchi di Francoforte sul Meno]

“Salute, Maestro Kunerth, com’è andata la partita ?”

L’anziano signore dai capelli bianchi, seduto al tavolino di fianco al nostro, con lentezza alzò il mento da un invitante piatto di canèderli in brodo; tolse gli occhialini, scosse il capo e, allargando appena la mano sinistra, ci fece capire che non c’era stato nulla da fare contro il forte maestro slavo capitatogli in sorteggio al primo turno.

L’indomani sera, prima di andar via dalla sala di gioco, scorgemmo sul tabellone un mezzo punto a fianco del suo nome e fummo lieti, a cena, di rivolgergli la stessa domanda:

“Salute, Maestro Kunerth, oggi pomeriggio è andata meglio, eh ?”
“Ja, ja, occi remis … remis, …. danke”.

Tutti lo chiamavano Maestro Kunerth, mai signor (o Herr) Kunerth, non solo i giocatori, ma anche il personale dell’hotel. Ci spiegò la signora Marchi, la squisita proprietaria dell’albergo ospitante, che lui, Werner Eberhardt Kunerth, tedesco, classe 1907, ci teneva molto al titolo di Maestro, che era un affezionato del Torneo di Arco di Trento ed era abituale cliente dell’Hotel Marchi, con la moglie, da parecchi anni. E che vivevano in Baviera. La signora Kunerth non giocava a scacchi, ma era attratta da un’altra nota specialità della zona, la cosiddetta “traubenkur” o “cura dell’uva”. Lui però, al contrario della moglie, era piuttosto schivo e taciturno e non sembrava amasse parlare molto di sé e della sua vita. La signora Marchi ci aveva al riguardo preavvisato … “… ma ragazzi, mi raccomando, eh, non fategli troppe domande ….”. E pertanto noi, che navigavamo senza infamia e senza lode nei vari tornei di rango inferiore, ci sentivamo un poco intimiditi, anche a causa della differenza d’età, per poter imbastire audaci conversazioni, tecniche e non, con lui. Certo, oggi tempi e abitudini sono molto diverse, ma una quarantina d’anni fa bastava un Maestro (e mica ce n’erano tanti in giro!), specie se d’una certa età, per sentire quello che si poteva chiamare “timore reverenziale”. Tuttavia quelle parole della signora Marchi mi erano parse strane e m’incuriosirono: a cosa si volevano riferire?

Nei due giorni successivi vedemmo che Gino Piccinin, il grande arbitro, aveva segnato altri “occhiali” sul tabellone a fianco del nome di Kunerth e quindi tralasciammo, dopo il saluto di rito, complicate osservazioni, anche per evitare che il Maestro, a cena con la moglie e sempre riservato, venisse inutilmente distolto da conversazioni probabilmente più liete di quelle scacchistiche.

Finalmente un nuovo mezzo punto c’indusse una sera, dopo un altro turno e dopo aver concordemente magnificato la deliziosa cucina regionale e l’accoglienza familiare dell’albergo ristorante “Marchi”, a ritornare sull’argomento scacchi, apparendo lui di buon umore. Sembrava che il Maestro Kunerth avesse anche intenzione di superare la consueta riservatezza. Ci offrì un bicchierino del suo liquore preferito, un estratto di prugna che la signora Marchi preparava con le sue mani secondo una ricetta tradizionale (che lei diceva aver appreso dal celebre pilota Giovanni Battista Caproni), e iniziò a commentare la giornata in un imperfetto ma simpatico italiano: “nein, nein, io vicino-vicino vincere occi, ma non vincere …, io zeitnot occi … io troppo tòpo spinto petone h ”.

Il Maestro ci confessò poi, verso la fine del torneo, che era dispiaciuto di essere costretto a giocare il Magistrale, perché lui era ben conscio di non poter più competere alla pari con tanti giocatori preparati e giovani: si sentiva fisicamente non più all’altezza e avrebbe gradito un torneo distinto per gli “over 65 o 70”: così proprio non gli pareva giusto, no. Oppure, ancor meglio, si poteva prendere a misura il punteggio Elo, ed in questo modo, almeno, avrebbe giocato in Prima Nazionale. Ma veniva ugualmente con piacere in Italia e, prima di Arco, era stato ad Imperia (dove fu 12° nel 1970).

Era il 1980 allora. Io tornai spesso ad Arco negli anni successivi e fu sempre piacevole il torneo, piacevole il soggiorno e piacevole incontrare, tra gli altri, il Maestro Kunerth, seduto a cena rigorosamente allo stesso tavolo. Inevitabilmente lo ritrovavo sempre più nelle parti basse della classifica del torneo magistrale.

Piacevole e rilassante, dopo le fatiche di ogni turno, era soprattutto percorrere alla sera, dopo la partita, i pochi minuti di strada che separavano il Casinò e il Viale delle Palme dalla “Pensione Marchi”: respiravo profondamente l’aria fredda e pulita ed alzavo lo sguardo al di là dei caratteristici comignoli, verso un inimitabile sperone roccioso color verde e avorio, di cipressi e di roccia, spesso illuminato dalla luna oltre che da alcuni sparuti lampioni. Erano pochi minuti di strada, ma troppo emozionanti per non farli diventare tanti ed intensi. Quasi alla sommità dello sperone, duecentocinquanta metri a picco sui tetti gialli delle vecchie case, s’innalzano ancor oggi i pochi resti del Castello di Arco, ovvero due delle più antiche torri, la Torre della Campana (o Renghèra) e la Torre Grande, torri che per secoli hanno costituito un baluardo insormontabile a difesa degli invasori e della natura.

castello-di-arco1

Della prima si dice che fosse addirittura opera dei Goti (VI° secolo), mentre l’imponenza della Torre Grande, edificata dai signori d’Arco nel XIII° secolo, ammaliò perfino il grande pittore fiammingo Albrecht Dürer, che la immortalò per sempre intorno al 1500. Il complesso fortificato cadde nel 1703 ad opera delle truppe francesi del generale Vendome, che lo distrussero, purtroppo quasi completamente, a colpi di mortaio. Per fortuna il Comune acquisì nel 1982 il Castello dall’ultima erede dei conti d’Arco ed intraprese qualche anno dopo una meritoria opera di radicale restauro, consolidando le torri, rimettendo in luce l’antica strada, alcune mura perimetrali, due grandi cisterne e la magnifica Sala degli affreschi. Indovinate cosa raffigurano questi affreschi? Scene di gioco (non poteva essere diversamente!), con dame e cavalieri …

Già nel 1981 Werner Eberhardt Kunerth era da solo in albergo: restava vuota la sedia della sua signora. Ci disse che lei non stava troppo bene, non poteva viaggiare e quindi era rimasta a casa, a Murnau, cittadina della Baviera dove vivevano. Lui però non poteva fare a meno degli scacchi (la cosa più importante della sua vita) anche se il suo destino era ormai quello di arrabattarsi nelle ultime scacchiere del “Magistrale”. Ricordo che quell’anno nel Magistrale trionfò a mani basse il fortissimo Grande Maestro Lev Alburt, con il perentorio risultato di 7,5 su 8, con l’unica patta lasciata al giovane pesarese Rombaldoni e con un punto e mezzo di vantaggio sul secondo, il ben noto slavo Ljubisavljievic.

Finalmente, una sera di qualche anno dopo (credo fosse il 1984) riuscii ad intrattenermi più a lungo con il maestro Kunerth dopo la cena, approfittando della pioggia che ci aveva impedito la consueta passeggiata notturna per i vicoli del Rione Stranforio e poi lungo le rive vorticose del Sarca, una passeggiata che ci conduceva di solito fin verso il ponte dove un tempo sorgeva la casa, ora demolita, di uno dei grandi nomi della storia di Arco, il celebre pittore Giovanni Segantini.

Un tavolino e una scacchiera erano liberi in saletta ed approfittammo della disponibilità del Maestro a raccontare qualcosa di più del suo passato di giocatore. Del resto, non solo il nostro rapporto si era fatto un po’ più confidenziale col trascorrere degli anni, ma, dalli e dalli, anche il nostro gruppetto aveva acquisito qualche titolo sul campo e potevamo vantare fra di noi persino un giovane “candidato maestro”.

Ogni conversazione con Herr Kunerth, questa come altre, era caratterizzata dal fatto che si scivolava quasi immediatamente verso i tornei e l’analisi delle partite. Egli, come ormai sapevamo, preferiva evitare argomenti di discussione che non fossero quelli di routine sul tempo atmosferico o sul menu del giorno o sui liquori alla prugna. E del resto noi non ci adoperammo mai a sufficienza per cercarne di altri, avendo capito come le scorribande del generale Vendome o la storia della contessa Giovanna Odorico d’Arco, ultima erede della nobile famiglia, non lo coinvolgessero più di tanto.

Beh, ma qualche bella partita, tanti anni prima, il nostro amico Kunerth doveva averla pur giocata e vinta. E il titolo di Maestro, alla metà del secolo ventesimo, non era poi così poco. Eravamo, di conseguenza, più che curiosi. Mettemmo i pezzi a posto sulla scacchiera, altresì fiduciosi che quella sera, così ben impegnato, si sarebbe anche astenuto dall’affumicare la saletta, come di solito accadeva, con i suoi terribili sigari.

Ho memoria di un tuono profondo che scosse proprio in quel momento la vallata del Sarca, immediatamente seguìto da dieci rintocchi del vicino campanile. Negli occhi del Maestro mi parve di notare all’improvviso una luce diversa dal solito, ma anche diversa da un attimo prima, mentre allungava, molto incerto, la mano verso il pedone bianco di Re, spingendolo di due caselle. “Io colori pianki …”

Ma subito si arrestò, aprì la scatola dei sigari, cominciando a maneggiarne uno, senz’accenderlo. Guardava il sigaro e guardava la scacchiera, la scacchiera e il sigaro, come per ricordare meglio, qualcosa o qualcuno, o come per attendere un “si continui pure lo stesso” da parte di un immaginario e più titolato arbitro.

Seguirono parecchi secondi di riflessione e silenzio, poi iniziò a mostrare la partita “Molti anni fa mio antaconista Crande Maestro Pocoljupov. Ia, lui cuì ciuocare … e5 …, e5 Ruy Lopez”.

Ecco la partita.

W. Kunerth – E. Bogoljubov, Lublino (?) 1942
1.e4 e5 2.Cf3 Cc6 3.Ab5 a6 4.Aa4 Cf6 5.0-0 Ae7 6.Te1 d6 7.c3 Ad7 8.d4 0-0 9.Cbd2 exd4 10.cxd4 Te8 11.Ac2 Ag4 12.Cf1 Cd7 13.Ae3 d5 14.e5 Cb6 15.h3 Ae6 16.a3 Dd7 17.Dd3 g6 18.Cg3 f5 19.Cg5 Cd8 20.Ab3 c6 21.Tac1 Rg7 22.Cxe6+ Cxe6 23.Dd2 a5 24.Ce2 a4 25.Aa2 h5 26.Cf4 Th8 27.Cx6+ Dxe6 28.Ag5 h4 29.Af6+ Axf6 30.exf6+ Dxf6 31.Db4 Cc4 32.Axc4 dxc4 33.Te7+ Rh6 34.Txb7 Thd8 35.Txc4 c5 36.Dd2+ g5 37.Txc5 Ta6 38.Tcc7 Th8 39.Tf7 Dc6 40.Tg7 f4 41.Dd3 1-0

Seppi poi un giorno che quel torneo si svolse fra l’11 ed il 24 (o 28) di ottobre del 1942 e in realtà fu giocato in tre diverse città, Varsavia, Lublino e Cracovia. Fu primo Alekhine (7,5 su 10), davanti al giovane Klaus Junge (7) e a Bogoljubov (6,5). Seguirono Samisch, Keller, Brinckmann, Kieninger, Kunerth, Weill, Roepstorff e Zollner. Kunerth, che allora aveva 35 anni, vinse anche con Kieninger, ma fu sconfitto da Alekhine e Keller e compromise un buon piazzamento perdendo con gli ultimi due classificati.

Un vecchio fascicolo dell’Italia Scacchistica (gennaio 1943) riporta la notizia di quel torneo sotto il titolo “Torneo Magistrale nel Governatorato generale di Polonia”, definendolo “oltremodo interessante per la partecipazione del Campione del Mondo e di Europa”. Nella classifica completa Kunerth appariva a 4 punti, insieme a Weil e Ropsdorff (quale la trascrizione esatta?).

Il Maestro non parlò invece, né quella sera né mai, di una sua vittoria che scoprii molto tempo dopo. Forse preferì non mostrarla per una forma di rispetto verso il suo illustre competitore Keres? Oppure? Ecco l’incredibile miniatura, un Gambetto di Re.

Paul Keres – W. Kunerth, 1936 (per corrispondenza)
1.e4 e5 2.f4 exf4 3.Cc3 (una continuazione oggi praticamente sparita e che non ha quasi mai portato fortuna al bianco) Dh4+ 4. Re2 d5 5.Cxd5 Ag4+ 6.Cf3 Cc6 7.d4 O-O-O 8.c3 f5 9.Dd3 Cf6 10.Cxf6 gxf6 11.Axf4 fxe4 12.Dxe4 Ah6 0-1

Il Maestro Kunerth neppure volle allora ricordarci di aver avuto fra i suoi avversari anche un giovanotto che un giorno sarebbe divenuto tanto famoso, tanto più famoso di Bogoljubov e Keres messi assieme.

La partita, della quale alcuni mettono in dubbio l’autenticità, non è tecnicamente irreprensibile, ma è il caso ugualmente di ripresentarla, visto il cognome del conduttore dei neri.

Werner E. Kunerth – Karol Wojtyla, Cracovia 1938
1. e4 c5 2. Cf3 d6 3. d4 cxd4 4. Cxd4 Cf6 5. Cc3 a6 6. Ag5 e6 7. f4 Ae7 8. Df3 Dc7 9. O-O-O Cbd7 10. g4 b5 11. Axf6 Cxf6 12. g5 Cd7 13. f5 Ce5 14. Dg3 Ad7 15. Ah3 b4 16. Cce2 Tc8 17. fxe6 Axe6 18. Axe6 fxe6 19. Cf4 Cf7 20. Cfxe6 Da5 21. Rb1 g6 22. h4 De5 23. Dd3 Da5 24. Cg7+ Rd7 25. Dh3+ Rc7 26. De6 Rd8 27. Dxf7 1-0

Vidi per l’ultima volta il gentile e discreto Maestro Kunerth nell’autunno 1987, ultimo mio breve soggiorno all’Hotel Marchi. Successivamente, l’unico mio contatto con lui fu lo scambio, in occasione delle festività, di qualche biglietto d’auguri.

Mi dispiace non aver saputo coltivare di più quella intrigante conoscenza fino alla fine: forse, chissà, un giorno Herr Kunerth avrebbe potuto decidere di esaminare e analizzare insieme a me alcune più significative e complesse varianti, alcuni più lunghi e difficili momenti della sua vita e della vita di altri … e tentare di scrutare in fondo alla mente di dieci giocatori di scacchi germanici che nel lontano ottobre dell’anno 1942 condivisero e conclusero uno strano torneo girovagando fra tre diverse località di Polonia ma senza la presenza di nessun giocatore di Polonia.

E anche mi dispiace non aver più ritrovato fotografie, immagini e appunti, di quelle serene e non dimenticate settimane trentine. Ma ad Arco di Trento tornerò senz’altro: “dame e cavalieri” della magnifica sala degli affreschi sono ancora lì a giocare (ai dadi?) e ad attendermi.

Werner Eberhardt Kunerth si spense nel 1991.

N.B. : La prima edizione di questo mio autobiografico racconto (qui ampiamente rivisitato) apparve nel 2011 sul Blog “SoloScacchi”.

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2 thoughts on “Il Maestro Werner Kunerth

  1. Bello, intenso e, se autobiografico, anche un po’ triste perché sa di tramonto…..ma il tramonto è una delle fasi della vita…

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