Gli scacchi del Tasso
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(Riccardo M.)
“Tu quoque”, Torquato? No, non temete, niente scoop. Non abbiamo nessuna sua partita, né sappiamo se ne abbia mai giocate.
Si conosce soltanto, questo sì, che il poeta e drammaturgo Torquato Tasso (Sorrento 1544-Roma 1595), l’autore della “Gerusalemme liberata”, si sia interessato al gioco degli scacchi.
Ciò sia a motivo del suo Dialogo “Il Gonzaga secondo, ovvero il Giuoco” (in cui egli tratta del piacere del gioco in generale, di giochi particolari come quello degli scacchi, e del gioco d’azzardo), sia di riflesso per la passione che verso il gioco aveva dimostrato Eleonora d’Este (1537-1581, figlia di Renata di Francia e di Ercole II d’Este), la nobile ferrarese che lui conobbe nel 1566 e della quale, secondo leggende ottocentesche, si sarebbe innamorato. Forse si trattò solo di reciproca stima e basta, considerato pure che non risulta il Tasso le abbia mai dedicato personalmente dei versi d’amore, pur esistendo la lirica “O figlie di Renata” rivolta alle due sorelle Eleonora e Lucrezia.
A lui qualcuno erroneamente attribuiva anche un lavoro dal titolo “La Principessa Eleonora d’Este”. In realtà pare trattarsi del “Torquato Tasso e la principessa Eleonora d’Este”, un romanzo storico opera di una certa madame Augustine de Gottis, che è stato stampato a Firenze nel 1842 e a Napoli dieci anni dopo.
Non ci si deve neppure meravigliare della passione per gli scacchi da parte di una nobildonna del ‘500, dal momento che l’intero casato Estense si era sempre dimostrato attaccatissimo al nostro gioco: Ercole I reperì libri rari di scacchi per la biblioteca ducale; Isabella ne era una buona conoscitrice, al punto che il grande matematico Luca Pacioli volle dedicarle il manoscritto “De ludo schacorum”. Alfonso costruiva personalmente i suoi pezzi; Eleonora trascorreva buona parte delle sue giornate a seguire le partite dei suoi cortigiani.
Nel “codice Chigiano”, un manoscritto del XVI secolo, sono tuttavia riportate delle curiose “rime d’amore” che qualcuno ha ritenuto di attribuire a Torquato Tasso. Forse (vista anche la ripetizione di alcune parole) erano soltanto delle bozze? Non lo sappiamo.
Eccole:
Tu giochi a scacchi, amore
Solo per Torre il rocco del mio cuore,
E pensi in un sol tratto
Vittorioso darmi scacco matto

Io spingo le pedine
Delli miei pianti innanzi a questo fine,
Per far prigion la dama
C’ha far battaglia seco ognor mi chiama.
Ma trovo due Alfieri
Che ributtano indietro i miei pensieri,
Talché già mai non posso
Con li Cavalli miei giungerli a dosso.
Talché senza ritegno
Se non m’aiuta il Re, potente sdegno,
Il campo andrà a sacco
Talché morendo non dirò più scacco.
Concludendo: un benvenuto anche a Torquato nel nostro grande club storico degli scacchi!
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