Gli alfieri contrari a Korchnoi
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(Riccardo M.)
Alfieri contrari. Ma contrari perché? Contrari a che cosa? Contrari alla volontà dei loro possessori occasionali. E’ capitato anche questo, sì!
Abbiamo visto, in un altro articolo, come sia potuto accadere che giocatori come Carlsen e Szabo abbiano mosso e molto male un alfiere in un momento in cui tutt’altro invece avrebbero dovuto fare.
Alfieri buoni e alfieri cattivi si dice, no? E alfieri contrari, talvolta anch’essi cattivi. Intendendo che ci sono certi alfieri che si muovono (o vorrebbero farlo) da soli, contrari cioè alla nostra volontà, alla quale si ribellano per qualche recondito e misterioso motivo.
Avete mai sentito, quando ne afferrate uno per spostarlo, come talvolta vibrino fra le nostre dita chiedendoci di lasciarlo stare dove stava e di spostare invece l’altro alfiere o qualche altro pezzo?
Il cavallo è assai più docile e ubbidiente, è alieno da ribellioni, è come un cane fedele. L’alfiere invece è un enigma, come scrisse già nel 1928 S.S. Van Dine, l’autore statunitense noto per aver creato il personaggio “giallo” di Philo Vance (ricordate la serie televisiva del 1974 interpretata da Giorgio Albertazzi?). L’alfiere può essere un traditore come Giuda, un congiurato come Marco Bruto!
In quel citato articolo non avevo posto sufficientemente l’accento sulla circostanza che due campioni quali Carlsen e Szabo, protagonisti in epoche diverse di una sciagurata mossa di alfiere, potessero essere stati condotti a quella mossa dalla stessa volontà di un alfiere ribelle/contrario sovrappostasi alla loro volontà. Forse (se lo avete letto) ci siete arrivati da soli a questa considerazione.
Oppure non ci credete? No? E allora guardate un po’ quest’altra posizione e poi traete pure le vostre conclusioni.
Anche questa volta la curiosa storia mi fu raccontata negli anni Ottanta dal grande Enrico Paoli. Siamo alla finale del 27° campionato sovietico, anno 1960, nell’allora Leningrado, proprio vicino a casa di Viktor Korchnoi. Fu un campionato che il terribile Viktor fece suo per la prima volta nonostante l’evento clamoroso del quart’ultimo turno che vado a descrivervi.

L’ultima mossa del bianco (il bravo armeno/lèttone/azèro Vladimir Bagirov), era stata 27.Axa8.
Il pubblico seguiva le partite fuori dalla sala, su grandi scacchiere murali. Nella posizione del diagramma apparve ad un certo punto la dicitura: “il Nero abbandona”.
“Un errore del giovane che manovra la scacchiera murale”, pensò naturalmente il pubblico. E voi non avreste pensato la stessa cosa? Ma la scacchiera murale per parecchi minuti continuò a mostrare l’1 a 0, e qualcuno del pubblico avvicinò il giovane incaricato, al quale qualcun altro, infastidito e insofferente, aveva già urlato “incompetente!”.
“Così mi è stato detto, 1 a 0, e poi i due giocatori hanno lasciato il tavolo, quindi la partita è finita”, ribatteva il povero ragazzo. Ma finita come? In che modo e perché? Si chiedeva la gente. Non certo per il tempo, Korchnoi non ne era particolarmente più a corto del suo solito, anzi stava peggio il bravo armeno/lèttone/azèro Bagirov. E neppure per la posizione, che pareva incerta sì, ma con reciproche chances; anzi, forse il nero era addirittura preferibile. Quindi?
“Vogliamo sapere la mossa, diteci la mossa!” continuava a mormorarsi fra il competente e spazientito pubblico.
Dovette uscire dalla sala principale l’anziano Petr Romanovskij, l’autore di “Chess Middlegames” (tradotto da G.Porreca con “Il centro di partita”), giocatore, concertista, arbitro internazionale e direttore di quel torneo, per calmare gli animi e dare quelle spiegazioni che il pubblico appassionato e dubbioso reclamava. Eccole le spiegazioni: non c’era stata nessuna mossa. Korchnoi aveva dovuto abbandonare da regolamento. Aveva firmato tremante il formulario ed era scappato a casa senza dire una parola con nessuno e senza voler vedere nessuno.
Spiegò poi il terribile Viktor: “Avevo deciso di giocare Ac3xe1 e stavo effettuando la mossa. Mi accorsi però, mentre avevo la mano ancora alzata a stringere l’alfiere, che era l’alfiere di colore bianco. Mi era venuto in mano lquello sbagliato, quello che stava in a6”.
E dove poter lasciare l’alfiere di case bianche? Càspita, non c’erano case per lui, la perdita di materiale sarebbe stata inevitabile! “Abbandono” riuscì debolmente a sussurrare Korchnoi ad un sorpresissimo Bagirov, mentre riponeva l’alfiere nero di case bianche sulla casa di partenza, in a6.
Eh, sì, i due alfieri si erano ribellati alla volontà di Korchnoi. Quello di case nere non voleva lasciare la casa c3, quello di case bianche voleva lasciare la casa a6.
Viktor sarebbe stato successivamente nominato “il terribile”, ma terribile più di lui, decisivo e oscuro, è stato, in quella particolare circostanza, “l’enigma dell’alfiere”, “lo scacco matto della morte”, come scriveva Mondadori.
Più tardi Viktor ammise che quel giorno era particolarmente nervoso, che il figlio era malato e non vedeva l’ora di tornare a casa ad aiutare la moglie. Tuttavia, malattia e nervosismo o meno, egli dimostrò di saper superare brillantemente quella nefandezza verificatasi a quattro turni dalla fine e che aveva lasciato Geller al comando, mezzo punto avanti a lui. Viktor (che già era stato sconfitto nei primi turni da Lutikov e da Simagin) reagì e vinse, nonostante quell’incidente, le ultime tre partite del campionato: contro Krogius, contro lo stesso Geller (di nero, un’Alekhine, proprio la difesa preferita da Bagirov!) ed epica l’ultima contro il veterano Suetin in 61 mosse.
Aleksej Suetin era invero, in quella decisiva partita, andato ad un passo dal successo, con un pedone avanzato sostenuto dal Re, ma l’ostinata difesa del suo avversario gli creò problemi tali da farlo cadere in zeitnot, dove arrivò l’errore determinante.
Korchnoi, ad onta degli alfieri contrari, mise così le mani sul suo primo titolo nazionale assoluto, realizzando 14 punti su 19, mezzo punto in più di Efim Geller e Tigran Petrosian. Per inciso, Vladimir Bagirov fu buon quarto a 12 punti, un notevole risultato (fortuna a parte nella partita che avete visto) in quanto mise dietro di sé nomi importanti quali ad esempio Polugaevsky, Smyslov, Taimanov, Krogius, Spassky e Bronstein.
Korchnoi avrebbe di nuovo vinto il titolo nazionale nel 1962 ad Erevan, con lo stesso punteggio di 14/19, e poi otto anni dopo, nel 1970 a Riga.
In conclusione, occhio, quando giocate, alle giuste diagonali e agli alfieri contrari e cattivi, altrimenti “l’enigma dell’alfiere” di S.S. Van Dine potrebbe colpire chiunque di voi!!