Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Kmoch: “Lo sport degli scacchi e il dominio di Alekhine”

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(Riccardo M.)
Quello che vi presento oggi è uno scritto di Hans Kmoch uscito nel 1931 sulla rivista ungherese “Magyar Sakkvilag” e poi tradotto per “L’Italia Scacchistica”.

[Nella foto, Hans Kmoch è a sinistra, con Grigory Levenfish]

Kmoch (Vienna 25.7.1894-New York 13.2.1973) era un forte maestro internazionale austriaco. Per i colori bianco-rossi dell’Austria disputò tre Olimpiadi, poi si trasferì in Olanda e infine a New York, prendendo la cittadinanza statunitense.

E’ famoso soprattutto come scrittore e opinionista. Il suo lavoro di maggior successo è stato “Pawn Power in Chess” (1956). Attivo come giocatore esclusivamente nel periodo fra le due guerre (1921-1941), fu “secondo” di Alekhine nei matches del 1929 e 1934 (contro Bogoljubov) e 1935 (contro Euwe). Pertanto pochi meglio di lui conoscevano le qualità che hanno fatto di Alexander Alekhine uno dei più forti giocatori di tutti i tempi. Qui ne mette a fuoco alcune, confrontando il russo con due fra i più conosciuti nomi dei suoi anni: il cubano Josè Raùl Capablanca (1888-1942) e il lettone Aaron Nimzowitsch (1886-1935). Leggiamolo insieme.

“Le opinioni sul giuoco degli scacchi sono svariate. Chi dice che essi siano il giuoco più nobile, chi li considera arte e chi scienza. In genere gli scacchi sono tenuti in grande stima e sono assai rare le opinioni come quelle di Edgar Allan Poe, che metteva il giuoco degli scacchi molto al di sotto del giuoco del wist.

E’ difficile dire quale definizione, fra quelle sopra citate, sia la più giusta, non solo perché l’opinione in merito dei singoli è molto differente, ma soprattutto perché è lo spirito dell’epoca che dà maggior peso alla definizione. Ed è l’epoca presente sportiva che ci ha fatto trovare una nuova definizione: gli scacchi sono uno sport mentale.

La parola sport esprime assai più che predilezione o passione. Lo sport persegue scopi precisi e c’impone svariati doveri. Lo sportivo ha il compito di dare i migliori risultati e per questo scopo deve riunire tutte le forze fisiche e morali.

Per ottenere un risultato vittorioso deve chiamare in aiuto tutti i ritrovati della scienza e questo si chiama “vivere sportivamente”. Questo vale tanto per lo sport fisico quanto per quello mentale. Fra i maestri scacchisti solo pochi hanno per ora e solo in parte compreso, o voluto comprendere, l’importanza del praticare gli scacchi come sport. La maggioranza di loro persiste nel condurre la loro comoda vita ed è sorda alle richieste del tempo moderno.

Uno solo ha compreso i bisogni ed i compiti del moderno maestro di scacchi, uniformandosi ad essi, e questi è il nostro campione mondiale Dr. Alekhine.

Alekhine ha nel mondo scacchistico il posto di condottiero. Perché? La risposta è naturale e facile. Perché egli è il giocatore più forte! Ma con ciò non si dice veramente niente. Alekhine, fra i maestri dell’epoca, è il miglior sportivo. Per confronto guardiamo Capablanca e Nimzowitsch: essi sono, accanto al campione, i due maestri più importanti. Non si può affermare che giochino peggio o conoscano il gioco meno di Alekhine. Loro possono uguagliare il maestro Alekhine, ma in nessun modo possono uguagliare lo sportivo Alekhine. Tutti e tre hanno un eminente talento scacchistico, ma solo uno di essi, il campione mondiale, possiede anche il talento per lo sport che si estrinseca specialmente con la forza di volontà.

Il regime alimentare puritano osservato da Capablanca e la ginnastica casalinga di Nimzowitsch sono solo sudditi modesti, benché utili, del grande regno della volontà.

Il Dr. Alekhine, per quanto io sappia, non ha mai rivelato di sentirsi sportivo nel suo mestiere. Ma chi ha, come me, avuto occasione di studiarlo, deve concludere di avere avanti a sé una grande natura sportiva, un uomo dominato da una energia potente e senza esempio, capace di piegarsi a tutto ciò che possa condurlo vittorioso alla meta.

Egli possiede un colossale potere di concentrazione, una tenace resistenza che, in questo momento, nessun giocatore gli eguaglia. Tipico in ciò è il comportamento, che io vorrei chiamare sportivo, durante qualche occasionale insuccesso. Mentre quasi tutti i maestri da noi conosciuti vengono influenzati in modo sfavorevole da un insuccesso e perdendo, per esempio, una partita in un torneo non sono più in grado di continuarlo in pieno possesso delle loro forze morali (pensate a Rubinstein, Spielmann e Tartakower, ma anche Capablanca e Nimzowitsch hanno avuto simili depressioni), ogni singola sconfitta ha in Alekhine l’effetto opposto. Essa lo sprona alle maggiori manifestazioni di forza e provoca in lui un rabbioso desiderio di vittoria. Questo si è potuto osservare benissimo nei tornei di Semmering 1926 e di New York 1927, mentre il match per il campionato mondiale di Buenos Aires ci ha mostrato un Capablanca assai sensibile ai colpi (vogliamo dire) della sorte.

Qui un nostro inciso:

A Semmering 1926 vinse Spielmann (13/17), mezzo punto avanti ad Alekhine, il quale subì ben tre sconfitte, con Vidmar (3°), Nimzowitsch (4°) e con il giovane cecoslovacco Karl Gilg. Partecipò lo stesso Kmoch (quart’ultimo con 6 punti e battuto da Alekhine). NImzowitsch fu a lungo in testa alla classifica, ma crollò nel finale subendo tre sconfitte (con Spielmann, Vidmar e Grunfeld). In quel torneo gareggiò pure il nostro miglior giocatore, Rosselli del Turco, il quale, a dimostrazione dello scarso peso dello scacchismo italiano fra le due guerre, giunse ultimo (1/17) con appena due patte e 15 sconfitte.

Aaron Nimzowitsch

Quello di New York 1927 fu in sostanza una specie di “Torneo dei candidati” al quale partecipava lo stesso campione del mondo Capablanca, un torneo a quadruplo girone e 5 giocatori. Capablanca dominò, imbattuto (14/20) con ben 2,5 punti di vantaggio su Alekhine, che così acquisì il diritto di sfidarlo. Alekhine terminò quel torneo con un 1,5-2,5 contro Capablanca e un 2-2 (1 vittoria per parte) contro Nimzowitsch, che fu terzo davanti a Vidmar, Spielmann e Marshall. Ancora una volta Nimzowitsch non resse alla distanza e a condannarlo al terzo, inutile, posto furono le due sconfitte subite nel terzo e quarto giro dalla sua “bestia nera”, Vidmar.

Ma torniamo a leggere Kmoch:

Nell’epoca sportiva in cui viviamo, della quale è immagine vivente il Dr.Alekhine per la sua innata impostazione scacchistica, il campione mondiale è da citarsi come esempio per i maestri del nostro secolo. Solamente in grazia del suo temperamento sportivo gli è dato di perseguire e raggiungere i suoi scopi artistici. L’impostazione sportiva negli scacchi è il suo dominio, come in anni precedenti il giuoco psicologico era dominio di Lasker.

Il trono scacchistico di Alekhine è saldo e non è da ritenersi che qualcuno degli anziani maestri gli possa diventare pericoloso. Se nei prossimi anni dovessero avvenire dei matches per il campionato mondiale, il loro esito è chiaro: Alekhine vincerà. Poco sicura potrebbe solamente diventare la sua posizione con l’avvento della nuova generazione, presupposto però che fra questa, cresciuta sul moderno spirito sportivo, si trovi anche un maestro che abbia avuto in dono dagli dei le adeguate doti scacchistiche.

Le grandi menti precorrono i tempi. Il grande artista/scacchista Alexander Alekhine è pioniere del giuoco/sport.

Non sbagliava di molto, Hans Kmoch.

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