Lasker–Noether, per ricordare Emmy
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(Uberto D.)
No, non troverete da nessuna parte la partita Lasker-Noether, che UnoScacchista vi suggerisce di non dimenticare, per il semplice fatto che non sono una scacchista, ma una matematica. E anche una delle più brave: “Il più importante genio creativo della matematica da quando le donne hanno avuto accesso all’istruzione superiore“, come disse un mio grande estimatore, Albert Einstein.
[Immagine di apertura di Kari Rust]
La matematica è stata tutta la mia vita ed io ho fatto in modo che la mia vita, socialmente destinata a “Kinder, Kirche und Küche” (“bambini, chiesa e cucina”) nella Germania di inizio secolo scorso, fosse completamente dedicata alla matematica. Per farlo ho dovuto combattere contro tutto e tutti, perché io non avrei neanche potuto accedere ai corsi universitari, secondo le leggi del 1900.

Mi presento: mi chiamo Amalie Emmy Noether ma, come tutti, potete chiamarmi Emmy. Sono nata nel 1882 a Erlangen, in Baviera, e mio padre era professore di matematica all’università di Heidelberg. Grazie a lui ho potuto coltivare la mia passione e seguire le lezioni di matematici illustri, come David Hilbert e Felix Klein, ma fu solo grazie al mio talento e al fatto che dal 1904 in Germania fosse finalmente consentito alle donne iscriversi alle stesse facoltà degli uomini, che mi sono laureata, ovviamente summa cum laude, nel 1907.

Da lì in poi… anni di lavoro non riconosciuto all’ombra di mio padre, dato che come donna non mi era permesso di intraprendere la carriera universitaria. Fino al 1915, quando Hilbert e Klein mi offrirono di trasferirmi all’Università di Göttingen, in quegli anni il luogo più prestigioso per la matematica. Potete capire come andò leggendo cosa scrisse Hilbert, uno che non andava per il sottile con le parole “Non vedo come il sesso del candidato possa essere un argomento contro la sua ammissione come “privatdozent” (NdA: “libero docente”). Dopo tutto questa è un’università, non uno stabilimento termale!”

Vi voglio però far leggere la motivazione del Ministero dell’Educazione che, di fronte all’argomentazione di Klein e Hilbert che l’Università di Göttingen avrebbero potuto perdere una mente brillante come la mia, controbatteva che in tutta la Germania “alle donne non è permesso ottenere la posizione di professore” e che quindi “potevano stare tranquilli che non mi avrebbero perso come assistente.” Capito perché Hilbert se la prese a quel modo?

E non mi interessava nulla se quella malelingua del professor Edmund Landau diceva “Emmy è certamente un grande matematico, ma non posso giurare che sia una donna”. Come se curare il proprio aspetto fisico fosse fondamentale per chi stava lavorando su concetti che avrebbero cambiato la fisica e l’interpretazione della natura. D’altra parte, cosa volete che importasse a me, donna, ebrea, socialdemocratica e pacifista (in quegli anni!) di cosa pensavano i vari Landau in circolazione?

Nel 1918 ho pubblicato due teoremi originali nell’ambito del calcolo delle variazioni, che i fisici chiamano oggi collettivamente “Teorema di Noether”. Non vi annoierò con i dettagli, ma sappiate che è grazie a quei teoremi se l’impianto della Teoria della Relatività Generale di Einstein regge di fronte al problema della conservazione dell’energia.

Il giudizio di Einstein dopo aver letto la bozza del mio lavoro fu entusiasta (“Mi impressiona molto il fatto che qualcuno riesca a comprendere questioni di questo tipo da un punto di vista così generale.” scrisse a Hilbert), ma quando il mio “Invariante Variationsprobleme” fu presentato nella riunione di luglio 1918 della Reale Società delle Scienze di Göttingen, fu Felix Klein a farlo, visto che io non potevo essere ammessa come membro della Società. Indovinate perché.

L’illustrissimo prof. Klein si limitò a ringraziare Fräulein Noether per la sua collaborazione, o poco più. Fräulein (“signorina”) Noether! E pensare che lo studioso di topologia russo Pavel Alexandrov mi chiamava, scherzosamente, der Noether, con l’articolo al maschile a sottolineare un grande rispetto. Per dimostrare stima nei miei confronti doveva usare il maschile, capite?
Ho continuato comunque a lavorare e ricercare, fino a quando nel 1919 una nuova legge mi ha permesso di ottenere, finalmente, l’abilitazione ad insegnare. Con uno stipendio più basso di quello dei miei colleghi maschi, ben inteso. Ma a me non interessava troppo: ero il polo di attrazione di tutte le discussioni matematiche e, pur non essendomi sposata, avevo un fedele gruppo di studenti-ammiratori chiamato “I ragazzi di Noether”. Bei tempi, tutto sommato.

Fu durante quel periodo che ripresi in mano il lavoro di uno studente che si era laureato nel 1900 con mio padre. Il giovane Emanuel Lasker (che era Campione del Mondo di scacchi dal 1894 e lo sarebbe rimasto fino al 1921) aveva pubblicato nel 1905 un lavoro interessante di algebra astratta, dimostrando un teorema sulla decomposizione primaria che io ho poi generalizzato in quello che oggi viene chiamato “Teorema di Lasker–Noether“. Ora si spiega il titolo, vero?
In realtà non ho mai giocato a scacchi, anche se c’è chi dice che sarei potuta diventare un’ottima giocatrice. La vita però è una sola ed io avevo già scelto come l’avrei occupata. Ma tra quello che avevo scelto e quello che ho potuto veramente fare non si frapposero solo battute, diffidenza, sessismo e difficoltà economiche ma, dal 1933, anche Hitler e il nazismo. Sono stata espulsa rapidamente dall’università e, assieme a me, molti altri ricercatori e professori ebrei.

Il prof. Hilbert, che si era già rifiutato di firmare una dichiarazione di supporto al militarismo da parte degli accademici argomentando di non poter “dimostrare la verità di quanto asserito“, rispose così al Ministro nazista della Cultura Bernhard Rust che gli chiedeva se l’Istituto di Matematica stava soffrendo davvero dopo un anno dal licenziamento degli ebrei: “L’Istituto non sta soffrendo, semplicemente non esiste più.”

Grazie all’aiuto di Einstein, già emigrato negli Stati Uniti, sono riuscita ad avere una cattedra al Bryn Mawr College in Pennsylvania, dove ho ripreso a insegnare, finalmente con il titolo che da molti anni meritavo. Ma, come si dice, la cose belle non durano a lungo: neanche due anni dopo, una complicazione a seguito di un’operazione chirurgica mi ha portato via da voi e dalla mia amata matematica.

Dopo una vita intera trascorsa tra il piacere della ricerca matematica e le battaglie per vedere riconosciute le mie prerogative di ricercatrice su quelle, socialmente ritenute degradanti, di donna prima e di ebrea poi, fu di nuovo Albert Einstein a scrivere le parole migliori, nel suo ricordo affidato al New York Times.

“Il più importante genio creativo della matematica da quando le donne hanno avuto accesso all’istruzione superiore“, come vi ho già raccontato. Ma anche “La più grande matematica che abbia mai vissuto“, come ha detto di me Pavel Alexandrov. Non so, io posso solo dire che “I miei metodi matematici sono stati in realtà metodi di lavoro e di pensiero: questo è il motivo per cui sono stati adottati inconsapevolmente ovunque“. E la cosa mi fa sorridere.

Per tornare ai vostri amati scacchi, vorrei salutarvi citando Judit Polgar e ciò che Vishy Anand rispose a chi gli poneva l’ennesima domanda su come si sentisse a giocare contro una donna, “Judit è una grande giocatrice. E’ una di noi“. Ecco, dopo quasi un secolo mi sembra normale che il valore di una persona venga riconosciuto a prescindere dall’essere uomo o donna.
Perché questo succede nella società moderna ed evoluta di oggi, no?
[I disegni sono di Kari Rust sono un’anticipazione del libro “Emmy Noether: The Most Important Mathematician You’ve Never Heard of” di Helaine Becker, in corso di pubblicazione dalla Kids Can Press.]
Note dell’autore:
Avrei potuto pubblicare questo post il 23 Marzo, anniversario della nascita di Emmy Noether, ma ho preferito pubblicarlo oggi, per un 8 Marzo che spero aiuti il riconoscimento dei meriti delle donne piuttosto che a regalar loro mimose.
Ringrazio Sabine per avermi suggerito di parlare di Emmy Noether e per avermi fornito molte delle informazioni che ho usato per elaborare questo post.
Ringrazio anche Johannes Bückler per avermi ispirato nel raccontare la storya di Emmy Noether e per aver dimostrato magistralmente che “Non esistono piccole storie“.
Materiale consultato per scrivere questo post:
- Emmy Noether: The Jewish Mathematician Who Changed the World (Hadar Ben-Yehuda, The Librarians)
- Emmy Noether, la matematica più importante della storia (Mauro Cappelli, il Tascabile)
- Emmy Noether, storia di una grande matematica (Simone Petralia, OggiScienza)
- Emmy Amalie Noether (School of Mathematics and Statistics, University of St Andrews, Scotland university)
- Emmy Noether (di Aldo Brigaglia)
- Emmy Noether, Creative Mathematical Genius (San Diego Supercomputer Center)
- Laboratorio Emmy Noether (Departamento de Ciencia de Cómputos – Universidad de Puerto Rico, Río Piedras)
- In her short life, mathematician Emmy Noether changed the face of physics (Emily Conover, ScienceNews, 2018)
- 100 Jahre Noether-Theorem (Scienceblogs.de)
- Emmy Noether, 1882-1935 (Auguste Dick, ed. Birkhauser, 1981)
- Notable Women in Mathematics: A Biographical Dictionary (Charlene Morrow e Teri Perl, ed. Greenwood Press, 1998)
- Judit Polgar Interview: ‘I Had To Prove Myself More Than A Boy’ (5 nov 2019)
- Emanuel Lasker: A Reader (Taylor Kingston, ed. Russell Enterprises, 2019)
Commento di rado, ma vi leggo spesso. I vostri articoli di scacchi e non solo dimostrano sempre un grande spessore umano e culturale. Grazie per questi interessantissime storie che proponete a noi lettori!
Grazie IrishGambit. Fa piacere riceveri commenti come questo.
First of all, thanks to Uberto for this article and for reminding us of the struggles women have always had and still have to fight on the road to education and professional recognition.
It also fits into my field of study of Educational Sciences and one of the topics in it; gender segmentation of educational markets as well as labour markets, the still difficult access of female youths to professional education and training and their more difficult integration into the labour markets with simultaneous segregation through frequent limitation to typical female professions with lower career opportunities, assessment (rather condemnation) of the usable labour force of women and the double role of women, responsible for the family and their professional life, as referred to as the double socialisation of women. But I do not want to bore you too much with this.
I would at least like to bring to your attention a heated discussion about the controversy between liberal self-determination of woman and girls (also by law) and constitutionally anchored liberty of religion, between restrictions, condemnations, evaluations and female human worth of women here in Germany. Should there be a ban on headscarves for girls under the age of 14, where does the self-determination of the individual girl end, why are girls without headscarves still regarded as reprehensible in terms of their morals and why do such judgements still exist for women?
https://www.welt.de/politik/deutschland/article206351783/Kopftuchverbot-Die-Jungen-werden-zu-den-Waechtern-der-Maedchen.”
Sabine