Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Albin Planinc, l’immaginazione con ali grandi come il cielo in un carcere piccolo come una mano

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(Riccardo M.)
Planinc. Un’immagine lontana e sbiadita, fulmineo e fugace mito della mia giovinezza scacchistica, un personaggio degli anni ‘70 quasi dimenticato da tutti.

[nella foto sopra: Planinc, a sin., vincitore su Zoltan Ribli ad Amsterdam nel 1973]


Ricordo che un settimanale italiano di attualità e politica dedicava nel secolo scorso  un certo spazio anche all’attualità scacchistica. Curatore di quella rubrica era Wladimiro Grgona, più noto come giocatore di bridge. In uno dei primi numeri del 1975 Grgona si occupò del torneo di Hastings, terminato il 14 gennaio dello stesso anno e vinto da Vlastimil Hort. Grgona aveva titolato il suo articolo di quel giorno “caduto sul traguardo”. Si riferiva ad Albin Planinc. E spiegava così il motivo di quel titolo:

Il combattutissimo torneo internazionale di Hastings è stato vinto dal grande maestro cecoslovacco Vlastimil Hort, davanti all’islandese Sigurjonsson e al sovietico Vaganian. Ma il protagonista, l’eroe del torneo, è stato senz’altro il sesto piazzato, Albin Planinc, di Lubiana.

Dopo aver esordito con due sconfitte (Basman, Hartston) e una patta contro tre giocatori finiti in fondo alla classifica, lo jugoslavo ha battuto uno dietro l’altro i favoriti, tanto da arrivare, all’ultimo turno, a solo mezzo punto dal primo in classifica (Hort) e a pari punti con i due secondi, Vaganian e Sigurjonsson.

All’ultimo turno la partita Planinc-Hort è stata drammatica. In una situazione ancora non chiara, Hort ha proposto la patta e Planinc ha rifiutato. A un dato momento della partita ciascuno dei due contendenti aveva appena un minuto di tempo per riflettere e c’erano ancora da fare dieci mosse. Nella continuazione-lampo, Planinc ha fatto un errore e così ha guastato forse la più bella impresa della sua carriera scacchistica. Le sue partite contro Beljavski e contro Vaganian, però, faranno il giro del mondo”.

Il maestro tedesco Stefan Kindermann definì poi la vittoria di Planinc contro l’estroso Raphael Vaganian come “il trionfo della fantasia”.

Albin Planinc era un giocatore jugoslavo, nato il 18 aprile del 1944 a Brise, un paesino di campagna nei pressi di Zagorje, attuale territorio sloveno, fra dolci colline ed incantevoli castelli. Figlio di genitori molto poveri, da bambino viveva con la mamma, contadina, in un modestissimo appartamento. A sette anni scoprì gli scacchi e se ne appassionò. Da ragazzo ebbe le prime esperienze di lavoro in un negozio di biciclette. Si dice che non sia neppure andato a scuola, o forse c’è andato ma pochissimo. Conobbe casualmente il maestro Vitolins (suppongo solo omonimo del maestro lèttone), che lo introdusse al gioco, e bene, tanto è vero che a 18 anni seppe vincere il campionato juniores sloveno. Il che gli valse la convocazione nella nazionale giovanile jugoslava. Ma alla madre non piaceva questo passatempo poco remunerativo e si adoperò per trovargli lavoro per l’intera giornata come tornitore di metalli nella fabbrica di biciclette “Rog”, fermandolo per qualche anno (troppo tempo!) e probabilmente compromettendo così la sua ascesa definitiva.

Albin poté successivamente riprendere l’attività agonistica e a Lubiana nel 1969 (ma aveva già 25 anni!) stupì tutti, vincendo il Memorial Vidmar con un gioco brillante e talentuoso. Eppure tra i suoi rivali c’erano campioni come Gligoric, Parma, Matanovic, Gheorghiu e Robert Byrne. Iniziò il torneo sconfiggendo Matanovic col Gambetto di Re e il giorno dopo uno stupito Barcza. Con 10,5 punti su 15 ed una sola sconfitta (col secondo classificato), mise in riga Gligoric, Unzicker, Tringov, Byrne e tutti gli altri. Dopo il turno 11 ed una bella vittoria su Unzicker era matematicamente “maestro internazionale”. All’ultimo turno gli sarebbe bastata una patta col temibile GM rumeno Florin Gheorghiu per affiancare in vetta alla classifica un mito come Gligoric. Chi (come scrisse poi Ludek Pachman) non si sarebbe accontentato di quel mezzo punto? Nessuno. Invece lui ebbe il coraggio di rifiutare due volte la patta e, lottando come un leone, alla fine ebbe ragione di Gheorghiu e vinse il torneo in solitaria.

Era nato un campione. Immediatamente arrivarono la notorietà e gli inviti, e già qualcuno si spingeva ad accostare lo stile di Planinc a quello di Morphy e di Tal.

Nel ‘70 trionfò nei tornei di Varna e Cacak, e fu secondo a Skopje nel 1971. Ma già all’epoca s’andava affacciando il suo principale avversario, un avversario quasi imbattibile: una grave forma di depressione, da lui a lungo contrastata, con alterne vicende, mediante psicofarmaci. E gli scacchi ad alto livello, con lo stress naturale che ne seguiva, non erano certamente la migliore medicina per il povero Albin. Nel 1972, nonostante tutto, divenne Grande Maestro, ed è del 1973 il suo più importante successo, nel torneo IBM di Amsterdam, alla pari (10 p. su 15) con Tigran Petrosian e davanti a mostri sacri quali Spassky, Kavalek e Laszlo Szabo.

Scriveva in proposito l’Italia Scacchistica (numero 818 del dicembre 1973): “Mentre per Petrosjan la cosa non desta grande scalpore, per Planinc è stato un vero e meraviglioso successo. Se non fosse che la retorica è ormai del tutto fuori moda, si potrebbe dire che la città dei diamanti ha “tagliato” un nuovo e superbo diamante per tutti gli appassionati. L’uomo dalle mille sfaccettature è Albin Planinc. Ha condotto imperiosamente il torneo … all’ottavo turno aveva già 6,5 punti, al nono due punti di vantaggio sul campione sovietico, che, non avvezzo a far da secondo, lo batteva all’undicesimo”. Peccato che una scivolata con l’argentino Quinteros (ultimo, in quel momento, in classifica) lo abbia poi privato di una sfavillante vittoria assoluta”.

Tabellone finale del torneo IBM del 1973

Nel 1974 Planinc giunse 3°-5° a Wijk aan Zee, (vinse Browne davanti a Donner). Questa fu la prima grande delusione per lo sloveno, in lotta per la vittoria fin quasi alla fine e sconfitto negli ultimi due turni dai non irresistibili Langeweg ed Hecht.

Quindi vestì i colori della nazionale jugoslava alle Olimpiadi di Nizza. Giocava in quarta scacchiera (nelle prime tre c’erano Gligoric, Ljubojevic e Ivkov). La Jugoslavia fu seconda assoluta dietro l’URSS e davanti agli USA. Albin totalizzò 11,5 punti su 15, (+9 =5 -1), prestazione che gli valse la medaglia d’argento. Nel gennaio 1975, come visto all’inizio, gli sfuggì per un soffio il grande risultato ad Hastings. E fu un colpo terribile, da cui non si riprese più.

Per le sue taglienti aperture e i suoi attacchi spettacolari gli era stato attribuito il soprannome di “Don Chisciotte degli Scacchi”. Ecco, quando si dice che gli scacchi sono anche un’arte, e non soltanto gioco e sport, si ha sicuramente ragione se si guarda a Planinc. La sua fantasia non aveva limiti e traguardi. E non è un’esagerazione: la pensa così un personaggio ben autorevole, e cioè Susanna Polgar, che un giorno arrivò a scrivere che non c’è stato campione con più fantasia di Planinc nella storia del nostro gioco.

La sua creatività si sbizzarriva da subito, già nelle scelta delle aperture: in “The Penguin Encyclopedia of Chess” Raymond Keene scriveva che Planinc, “è specializzato in aperture apparentemente obsolete, alle quali il suo gioco immaginativo infonde nuova vita”. Esemplare della sua fantasia innovativa è la “variante Planinc” contro l’attacco dei 4 pedoni nella difesa Alekhine: 1. e4 Nf6 2. e5 Nd5 3. d4 d6 4. c4 Nb6 5. f4 g5!?!

Brillantezza, fantasia, coraggio, immaginazione. Troppo in una mente fragile e in un personaggio insicuro. Mi viene alla mente un bel pensiero di Alfred de Musset (ripreso nel titolo del post) che di preciso recitava: “l’immaginazione a volte dispiega ali grandi come il cielo in un carcere grande come una mano”.

Planinc ritratto da Svetozar Buzic

Planinc ottenne la sua migliore classifica nel maggio del 1974 (Elo 2545), ma ci dobbiamo render conto, naturalmente, che l’Elo premia la continuità dei risultati e non valuta i picchi di livello di gioco nei singoli tornei o nelle singole partite o match. Picchi mirabili, nel caso di Albin Planinc.

Albin era un selvaggio guerriero, un guerriero “sui generis”, alto e dinoccolato, timido  e taciturno, vestito sempre di grigio, schivo e malinconico, con occhiali dalle spesse lenti, ma con una mente libera da compromessi e calcoli di ogni tipo. Era un genio senza regole, un artista come pochi, uno che non giocava mai per la patta (ebbene, sì: anche costoro, sebbene rari, esistono o sono esistiti!). Era un campione. Ed era, oltre che campione, anche un gentiluomo, sempre correttissimo, sulla scacchiera e non solo. Si raccontava questo aneddoto: siamo nel 1975, campionato jugoslavo. Partita Planinc-Velimirovic. Drasko Velimirovic, in chiaro vantaggio ma non decisivo, offre il pareggio. Albin guarda l’amico e gli dice: “No, no, Drasko, qui io non posso accettare un pareggio, perché la mia posizione è persa”. Complimenti, Albin, sei stato fenomenale anche nelle sconfitte!

Planinc abbandonò prematuramente quella partita con Velimirovic, secondo alcuni commentatori. Ma in quei giorni lontani non c’erano ancora Houdini & soci!

Insomma, Albin Planinc aveva o no raggiunto in carriera gli obiettivi che si era prefisso? Certamente no, probabilmente lui sognava ben altri traguardi. Ma non poté mai agguantarli. Non poté frenare la caduta. Probabilmente si rimproverava anche il poco tempo dedicato agli scacchi in gioventù. E purtroppo la sua fantasia infinita e la sua spregiudicatezza sulla scacchiera nulla poterono per sconfiggere quella, sempre meno latente, depressione che lo accompagnava fin da ragazzo.

L’ultimo suo torneo è stato, nel 1979 a Polanica Zdroj, il Memorial Rubinstein (quasi un’ironia della sorte, l’accostamento con un altro poco fortunato campione!), dove fu appena dodicesimo, ma già dal 1976 la sua attività si era fatta meno intensa. Lasciò il gioco attivo e poi per qualche anno provò a dedicarsi all’insegnamento.

La malattia lo costrinse tuttavia ad abbandonare sia il gioco sia ogni altra attività, e con tristezza lo trascinò, prima saltuariamente e poi definitivamente a partire dal 1993, in un ospedale psichiatrico di Lubiana, dove egli visse, da tutti ignorato, per altri quindici inutili anni. Lì, per un errore e quasi per un accanimento del destino, accadde pure che il suo cognome fosse orribilmente storpiato e cambiato in “Planinec” !

In quel luogo perse quasi ogni contatto con la vita esterna. Pare che quasi nessuno si recasse mai a trovarlo, neppure la madre. E non c’era nessuna pensione di stato, nessun sussidio. Dimenticato completamente anche dalle autorità slovene. Dimenticato, diavolo, anche da me, che da troppo tempo avevo riposto in fondo ad un cassetto il mondo degli scacchi. E nessuno, quando il grande Albin si spense (20 dicembre 2008, a 64 anni), partecipò al suo funerale, probabilmente un funerale fantasma. Neppure poté farlo il suo migliore e forse unico amico, il Maestro sloveno Georg Mohr, che fu informato dell’evento parecchi giorni più tardi: nel frattempo, un uomo di nome Albin Planinec era stato tristemente sepolto in una fossa comune. Qualche mese dopo, su “New in Chess” uscì un articolo di Mohr dedicato al suo amico, dal titolo “The Genius of Albin Planinc”. Mohr era un bambino quando Planinc vinceva i suoi primi tornei!

Scrisse un giorno il MI olandese Gert Ligterink: “Planinc scomparve rapidamente come rapidamente era apparso. Ma a Wijk aan Zee il nome di Planinc vivrà per sempre. In primo luogo perché noi frequentatori del vecchio “Corus” non dimenticheremo mai le sue partite scintillanti, ma anche per una ragione molto diversa, perché la strada che dal caffè Sun si avvicina al Aertszweg Rijkert noi usiamo chiamarla da tanti anni “il cammino di Planinc””.

Albin Planinc: una meteora come pochi altri lo sono stati. Quanto lui fosse stimato e benvoluto dai maestri lo dimostra un altro aneddoto, relativo al torneo di Madrid 1973 (fu appena decimo qui, dove Karpov mise in fila Tukmakov, Furman, Hort, Uhlmann, Portisch, Andersson, Ljubojevic e Browne): doveva giocare di bianco con Arturo Pomar, ma tardò di una mezz’ora a presentarsi in sala gioco. “Arturito” andò dall’arbitro, Medina, per chiedergli se fosse possibile azzerare gli orologi e annullare l’handicap di trenta minuti per Planinc. Medina gli rispose che non era possibile. Allora Pomar, bravissimo, prese l’orologio e rimediò da solo, dividendo a metà il ritardo: 15 minuti ciascuno!

Nel novembre del 2010, due anni dopo la sua morte, sul primo canale della TV slovena apparve su Planinc il film-documentario “Total Gambit”, a firma di Jan Cvitkovic, al quale parteciparono anche Spasski e Beljavski e attraverso il quale l’autore intese rendere omaggio a quello che chiamò “un pazzo talentuoso”, uno scacchista pazzo che morì talmente dimenticato che il pubblico sloveno e tutti gli altri vennero a conoscenza del decesso solo dopo che furono trascorse oltre due settimane.

Ma Albin Planinc non deve essere ricordato come un pazzo. Lui è stato uno straordinario figlio degli scacchi, straordinariamente straniero per gli umani, ma ugualmente un vero campione, in tutti i sensi, forse campione per due sole stagioni (1973-1974), fino a quella maledetta partita contro Hort del gennaio 1975, e troppo presto punito da un destino ingeneroso e spietato.

Alcuni anni dopo la sua morte furono raccolti dei fondi per commissionare una statua di Planinc all’artista John Pirnat. Tale statua dovrebbe trovarsi in Dalmazia, nell’isola di Hvar, ma qualcuno ha scritto di averla già vista spezzata. Neanche la sua statua, insomma, è stata più fortunata di lui. Speriamo che almeno lo sia il torneo Rapid, valido come Campionato del mondo senior e intitolato al suo nome, la cui prima edizione si è svolta a Bled il 24.11.2018 e che è stata vinta dal suo quasi omonimo GM Mladen Palac. Speriamo anzi che la FIDE decida di commemorarlo un po’ meglio, impedendo che il suo nome cada nell’oblio e che il destino ingiustamente si accanisca anche contro la sua memoria: questo, il povero Albin non se lo merita.


P.S.: la presente è un’ampia rivisitazione e aggiornamento di un mio post pubblicato molti anni fa sul blog “Soloscacchi” con il titolo “Planinc, la caduta di un genio”.

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6 thoughts on “Albin Planinc, l’immaginazione con ali grandi come il cielo in un carcere piccolo come una mano

  1. Bellissimo post, Riccardo. Profondo e appassionante. Un magnifico tributo a un campione drammaticamente sfortunato.

  2. I am a mere borderline chess expert/master but I have an International Master from Serbia who is interested in writing a book about Planinc’s chess games, and would be very interested to know if you know of any sources particularly from very early in his youth career, which I cannot find. Please feel free to email me, and thanks for the wonderful article.

    1. Thank you, Georg, for your comment. Being Riccardo not fluent in English, let me reply translating his own words: “While preparing my article, I carried out a thorough research work across the web and on magazines, searching for news, anecdotes and references about Planinc’s life. I am not aware, however, of specific sources about him. You may try to contact the two first names I mention, the Slovenian GM Georg Mohr and the Dutch IM Gert Ligterink, who met Planinc in person, as well as the director Jan Cvitkovic.“.
      Good luck with your work and let us know if you would like to publish something about it on our blog.

      1. Thanks for the ideas, I am now trying to contact GM Mohr through the Slovenian Chess Federation, I understand he wrote an article about Planinc for New in Chess shortly after Planinc’s death

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