Marco Biagioli: gli scacchi online visti con gli occhi di un Arbitro Internazionale
7 min read
(Uberto D.)
Marco Biagioli, arbitro internazionale dal 2018, ha gentilmente accettato di condividere con UnoScacchista qualcosa delle sue recenti esperienze nei tornei online e di offrirci le sue riflessioni sulle prospettive degli scacchi post-COVID-19.
Il suo curriculum è di tutto rispetto per un arbitro di soli 34 anni: 15 campionati tra mondiali ed europei, le olimpiadi, circa 200 tornei italiani in 15 regioni e dal 2019 la qualifica di arbitro internazionale di categoria A’ (la più alta, in tutto il mondo sono solo 80). Marco è anche membro dell’Arbiters’ Council dell’ECU, nonché Privacy Legal Advisor della FIDE, ma, soprattutto, un vero appassionato degli scacchi.
1: Marco, come prima cosa puoi raccontarci qualcosa di te al di là dell’essere arbitro internazionale?
Sono Avvocato, vivo a Mestre, ma mi piace dire che vivo a Venezia, perché il Comune è pur sempre quello, sono nato e cresciuto al Lido, figlio di madre veneziana e padre fiorentino che mi ha insegnato a giocare a scacchi a 6 anni.
Sono stato giocatore (debole), dirigente di circolo, consigliere della CAF per due mandati e Commissario del Comitato Regionale Veneto. Parlo in inglese e in spagnolo, mi esprimo (poco e male) in russo, capisco il serbo.
Ah, dimenticavo: ho due gatti e una sorella 🙂
2: Come tutti gli arbitri sei anche un giocatore di scacchi: c’è una ragione particolare per cui hai deciso di privilegiare questa carriera rispetto a quella di giocatore?
Giocando i non molti tornei che ho purtuttavia giocato, vedevo la figura dell’arbitro che, all’epoca, in Veneto, si identificava con Renzo Renier (c’era solo lui), una persona sempre molto cordiale e affabile.
Mi ha appassionato fin da subito (forse per via della stessa forma mentis che mi ha portato a fare l’Avvocato) la figura dell’arbitro. Diventato maggiorenne ho iniziato a interessarmene in modo concreto e ho frequentato il primo corso da arbitro regionale, nel 2006.
Poi passo per passo ho percorso tutto il cursus honorum con interesse e soddisfazione sempre crescente. Non ho mai smesso di fare un passetto in avanti, giorno per giorno, fino a qui.
3: Per diventare Arbitro Internazionale hai ovviamente arbitrato un grande numero di tornei a tavolino, ma oggi vorrei parlare della tua recente esperienza come arbitro della FIDE Online Nations Cup. E’ stata la tua prima esperienza come arbitro di tornei online?
No, la settimana prima avevo arbitrato il Sitges online Open. Due esperienze diversissime, ma entrambe molto appassionanti, che peraltro ho condiviso con l’amico Gerhard Bertagnolli, a dimostrazione che gli arbitri italiani hanno molto da dire.

4: Quali sono le principali procedure arbitrali applicate per i tornei online? Immagino che in particolare il rapporto con i giocatori sia completamente diverso, dato che fra di loro non si possono vedere.
Quasi tutto il lavoro si traduce nell’implementazione di misure di sicurezza contro il cheating. I siti di gioco online impediscono di compiere movimenti di pezzi impossibili (e quindi, niente mosse illegali o irregolari), rendono superflua la regola del pezzo toccato e per lo più assegnano automaticamente la patta per ripetizione di posizione o 50 mosse.
I giocatori non sono nello stesso posto quindi anche la loro disciplina diviene secondaria.
L’arbitro si deve riposizionare nella figura del “controllore” anticheating.
È comunque anche un training utile per capire molte cose su questo tema.
5: Il rischio di cheating è proprio uno dei motivi principali di scetticismo verso i tornei online. Le misure adottate per prevenirlo sono ovviamente diverse rispetto a quelle nel gioco a tavolino. Ci puoi dire qualcosa di più in merito?
In entrambi gli eventi che ho arbitrato, ma anche in quelli che arbitrerò, le misure si sono basate su 3 canoni:
-
- Analisi sistematica del gioco (con un motore anticheating);
- Sorveglianza della persona del giocatore mediante videochiamata aperta per tutto il corso della partita;
- Sorveglianza dell’ambiente di gioco in cui si trova il giocatore, con lo stesso sistema;
Non sono certo che queste misure siano sufficienti, ma il livello di deterrenza è buono, e nel caso della Online Nations Cup il rischio di un danno reputazionale gigantesco era la misura anticheating più efficace in assoluto.

6: Il blocco forzato delle attività agonistica a causa della COVID-19 ha stimolato un deciso aumento del gioco online e l’organizzazione di tornei con formati molto diversi da quelli a cui siamo abituati. Pensi che anche dopo la fine dell’isolamento, che tutti ci auguriamo vicina, i tornei online entreranno a far parte del calendario agonistico?
No, non sono parte del calendario agonistico neanche ora, quando l’esigenza è più sentita. Dubito lo saranno nel futuro prossimo: per ora è un’attività unrated, promozionale, o di spettacolo, se si vuole; in qualche modo ha una sua ufficialità e pure dei premi non indifferenti, ma non è attività agonistica a tutti gli effetti.
Le piattaforme, però, lavorano in questa direzione e ambiscono a diventare delle playing venues virtuali.
7: Secondo te la FIDE e i maggiori organizzatori di gioco online hanno ormai codificato regole e formati per i tornei online o c’è ancora spazio per l’inventiva degli organizzatori e per sperimentare nuove formule?
Ci sono idee generalmente accettate, dall’uso pedissequo del motore alla videochiamata, ma immagino che lo spazio per la fantasia sia ancora molto ampio.
8: Come pensi evolverà il ruolo dell’arbitro per i tornei online? Rimarrà sempre fondamentale la capacità di trovare soluzioni di buon senso a situazioni talvolta spinose?
Si, l’arbitro è prima di tutto il conoscitore dell’ambiente agonistico, dei bisogni dei giocatori, delle loro debolezze, delle loro paranoie, delle loro reazioni. Non è la bocca della Legge di Jehring, non è l’algebrista che decide secondo un sillogismo di Leibniz. È soprattutto un conciliatore, decide secondo diritto e secondo equità: conosce le regole, ma le sa adattare a un contesto. Non gli interessano le virgole, ma la visione d’insieme.
L’arbitro è la prefazione del Regolamento, prima che i suoi articoli.

9: Tornando alla FIDE Online Nations Cup, ci puoi dire qual è stato il gradimento da parte dei giocatori? In fin dei conti giocare in squadra senza avere i compagni nella scacchiera accanto deve essere stato qualcosa di inusuale per tutti.
Ognuno di noi era assegnato a una squadra, io ero assegnato alla Russia: conoscevo già il capitano Alexander Motylev e quasi tutti i giocatori e ho registrato la loro soddisfazione. Immagino e spero che sia valso anche per gli altri.
10: Come hanno svolto il loro ruolo i capitani delle squadre, oltre a decidere la formazione? Erano in grado di suggerire ai loro giocatori se accettare una proposta di patta, per esempio?
No, anzi, era esplicitamente proibito.
Sono stati soprattutto dei selezionatori e degli allenatori.
11: Ci puoi dire come è stata la tua esperienza con i colleghi arbitri? Anche voi, in fin dei conti, vi siete visti solamente online…
Con Gerhard ci conosciamo da circa dieci anni. Conoscevo anche Nuno Andrade e Sabrina de San Vicente e dall’esperienza del Sitges conoscevo anche Luciano Reitter.
Fra arbitri, generalmente, ci si capisce quasi subito: il rapporto è stato cordiale e collaborativo.
Raramente mi sono trovato male in un gruppo di arbitri, fisico o virtuale che fosse: da ogni torneo e ogni campionato arbitrato, ho portato con me degli amici, di più di cento provenienze differenti e dalle vite e origini più disparate. Con altri arbitri e gruppi di arbitri in Italia come all’estero ho trascorso momenti di tempo libero, di svago, pranzi, cene, perfino vacanze dopo i tornei: quelli nuovi che ho conosciuto in questa occasione si aggiungono a questa grande famiglia di amici.

12: Recentemente abbiamo pubblicato un’intervista al GM Luca Shytaj, che ci ha offerto la sua idea degli scacchi dopo la pandemia. Da appassionato di scacchi, e non da arbitro, tu come la vedi?
In Italia c’è generale agitazione ma negli ambienti internazionali che frequento ce n’è meno.
Noi, e non intendo noi movimento scacchistico italiano, ma noi popolo italiano, abbiamo una visione troppo burocratica della vita: stiamo già pensando a improbabili protocolli, ipotetiche partite con visiere, separatori in plexiglas, mascherine, guanti… uno scenario francamente poco plausibile e un po’ spettrale, oltreché legato a un modo di pensare catastrofista che poco mi appartiene. E non è una critica a chi queste cose deve fare per dovere istituzionale o vuole fare perché è pur sempre un modo di guardare al futuro, è una constatazione sul nostro modo di pensare.
In altri ambienti l’interrogativo principale è molto più concreto, non si sta pensando a scrivere protocolli, ma a quando i confini saranno nuovamente percorribili: la vera domanda è questa. Gli scacchi sono un movimento a vocazione internazionale, per cui la chiusura dei confini ha impattato in modo violento e prepotente.
A ben ricordare a inizio epidemia, si giocò metà del match dei candidati, e penso sia stato giusto farlo iniziare, con l’implementazione di alcune misure di buon senso (termometri, disinfettante e niente strette di mano), e nessuno si è ammalato. Poi decisioni governative impreviste hanno costretto la FIDE a sospenderlo.
In scala molto ridotta, anche in Italia si sono improvvisamente interrotti dei tornei che si svolgevano l’ultimo weekend di febbraio, ma come si poteva prevedere che l’autorità avrebbe bruscamente impedito la prosecuzione delle attività?
Sospendere attività in mancanza di decisioni in tal senso delle autorità costituite, o non ricominciarle per una sorta di sindrome di Stoccolma, mi sembra poco razionale.
Per ora va così, ma credo che, quando la burrasca sarà passata, semplicemente torneremo a giocare come prima.
Poi, nessuno prevede il futuro!
Grazie Marco, è stato un piacere intervistarti e conoscere il punto di vista di uno degli “attori nascosti” di tutte le manifestazioni scacchistiche, online e a tavolino.
Grazie a te, e un saluto ai lettori di UnoScacchista!