Il complicato e interminabile parto delle ‘Olimpiadi scacchistiche’
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(Adolivio Capece)
Devo dire che quando ho letto il post Il Vento dell’Est ci riporterà le Olimpiadi, di Riccardo, pubblicato il 23 dicembre, non mi sono trovato d’accordo su un paio di affermazioni.
Vediamo la prima. Leggiamo:
“E le Olimpiadi? La denominazione più corretta di questo grande torneo dovrebbe, anzitutto, essere preferibilmente quella usata da A.Chicco e G.Porreca nel loro “Dizionario Enciclopedico degli scacchi”, ovvero: “Campionato del mondo a squadre”, almeno fin tanto che questa manifestazione a squadre scacchistica non entrerà a far parte effettiva dei Giochi Olimpici, il che potrebbe avvenire (si dice) con l’edizione del 2026 o del 2028.”
Beh, no. O meglio sì e no. La dizione ‘Olimpiadi’ fu approvata dal CIO nel 1952, anche se poi i responsabili del Comitato, come vedremo, hanno fatto dei ‘distinguo’ sull’utilizzo del termine.
La seconda:
“Rimaniamo all’ufficialità, che vede la prima Olimpiade (seguitiamo per praticità a chiamarla così) essersi disputata a Londra nel 1927 /…/ si potrebbe tornare più indietro, ovvero al torneo per squadre nazionali svoltosi a Parigi nel 1924 e vinto dalla Cecoslovacchia: anche Parigi fu quasi una prova generale per le Olimpiadi.”
Beh, no. O meglio sì e no. Quello di Parigi fu indetto come torneo individuale, e la classifica per Nazioni venne definita nel ‘Regolamento’ come ‘sussidiaria’.
Quanto a ‘prova generale per le Olimpiadi’ sarà invece – così sarà definito nel bando – il torneo per squadre nazionali di Londra 1927: prova generale per le Olimpiadi ufficiali del CIO che si tennero in Olanda nel 1928.
Proseguiamo con ordine: mi scuso con i Lettori se devo prenderla un po’ alla lontana…
Partiamo dal fatto che soprattutto grazie all’opera del campione Alexander Alekhine, che nel 1921 aveva ottenuto il permesso di lasciare la Russia e si era trasferito a Parigi, nel programma delle ottave Olimpiadi moderne (allora non c’era ancora la differenziazione tra estive e invernali) organizzate nella capitale francese tra le 19 discipline sportive (atletica, scherma, nuoto, ginnastica, canottaggio, ciclismo, ecc) furono inseriti anche gli Scacchi, con un “torneo per dilettanti”.
Quindi gli scacchi ufficialmente specialità olimpica!
Dal numero di giugno 1921 de L’Italia Scacchistica, apprendiamo che la Federazione Italiana aveva lanciato una sottoscrizione per far fronte alle spese dei giocatori italiani che avrebbero preso parte al Torneo Olimpico di Parigi, ovvero Luigi Miliani, Massimiliano Romi, Stefano Rosselli del Turco e Giovanni Cenni.
Tutti Maestri ma rispondenti alla definizione ‘Amateur’ richiesta dal Regolamento, con la quale si intendeva “qualsiasi giocatore che non ritragga dagli scacchi un beneficio pecuniario costante”.
I partecipanti al torneo di Parigi furono 54 in rappresentanza di 18 nazioni.
I giocatori più noti in gara erano l’olandese Max Euwe e il belga Edgard Colle; c’era poi il famoso artista francese Marcel Duchamp (che tra l’altro fu il primo ad affermare ufficialmente che “Gli scacchi sono uno sport”).
Furono giocati gironi di qualificazione e finale: Romi (che ancora non aveva ‘italianizzato’ il nome e risultava quindi Romih e anche, come per esempio scritto nei comunicati ufficiali della Federazione, Romich) vinse il girone alla pari con l’argentino Palau, ma fu classificato secondo avendo perso l’incontro diretto e quindi fu escluso dalla finale.
Per la cronaca il torneo finale fu vinto da Herman Mattison della Lettonia.
Alla fine fu stilata anche la classifica (sussidiaria) per Nazioni sommando i risultati dei giocatori di ciascuna (ma non tutti i Paesi avevano in gara 4 giocatori): vinse la Cecoslovacchia, l’Italia risultò sesta.
“Sul Torneo di Parigi come manifestazione a squadre ci sono opinioni discordanti” scrisse Arpad Foldeak nel suo ‘Chess Olympiads’ (traduzione inglese dell’originale ungherese scritto nel 1966), “Sia perché molte nazioni avevano meno di 4 giocatori, sia perché giocatori di una stessa nazione si incontrarono tra loro. Da ricordare per esempio che i due ‘rappresentanti la Russia’ erano rifugiati che vivevano a Parigi e specificarono che la loro era una iscrizione individuale.”
En passant ricordiamo che durante il torneo, il 20 luglio, una settimana prima della conclusione delle Olimpiadi, si ritrovarono per dare vita alla Federazione Mondiale, la FIDE (acronimo del francese Federation Internationale Des Echecs), i rappresentanti di 15 federazioni scacchistiche nazionali; per l’Italia era presente il parmense Terenziano Marusi, accompagnato dal catanese Alberto Fidi: entrambi erano musicisti (diplomato al Conservatorio in composizione e organo il primo, maestro di canto il secondo), appassionati di scacchi e dirigenti della Federazione Scacchistica Italiana fondata quattro anni prima. Primo presidente della FIDE fu l’olandese Alexander Rueb.
Ricordiamo che in seguito il 20 luglio sarà scelto dall’UNESCO come giornata mondiale degli scacchi, proprio in quanto è il giorno in cui fu ufficialmente costituita la FIDE.
Fu evidentemente grazie all’inserimento tra le specialità olimpiche che nel 1925 la Federazione Scacchistica Italiana entrò nel CONI (dapprima “in prova” poi definitivamente dall’inizio del 1927) ma con il nome ASI (Associazione Scacchistica Italiana).
Alla fine del 1926, avuta conferma della ratifica, Alberto Fidi, allora segretario generale della Federazione, scrisse: “Il Comitato Direttivo della Federazione Scacchistica Italiana è orgoglioso di poter essere chiamato a svolgere d’ora innanzi il proprio compito sotto l’egida e le direttive del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, che è emanazione ed espressione del glorioso governo nazionale /…/ e sarà lieto di poter inquadrare le sue attività nell’armonico e disciplinato complesso di opere che indirizzano il Paese verso mete sempre più eccelse /…/ perché raccogliere in un sol fascio ogni forma di energia significa centuplicarne i risultati; perché esulare dalla chiusa e sterile formula “lo sport per lo sport” per spaziare nel campo ben più vasto e fecondo della grandezza dell’intera Nazione, significa nobilitare la propria missione.”
L’inserimento tra le discipline olimpiche e nel CONI provocò però ampie discussioni sulla qualifica di ‘dilettante’ per i giocatori di scacchi, tanto che quando nel 1928 la FIDE provò a far inserire di nuovo il Nobil Giuoco nella nona edizione delle Olimpiadi inizialmente ricevette un rifiuto: gli scacchi infatti in un primo tempo non furono inseriti tra le gare previste nel programma olimpico proprio soprattutto per la questione ‘dilettanti-professionisti’; ma poi vi furono ammessi dato che la medesima questione riguardava anche altri sport.
Tuttavia quando fu finalmente deciso di far effettuare anche la manifestazione scacchistica gli organizzatori si resero conto di non avere il posto per alloggiare i giocatori (oltre un centinaio): gli alberghi e molte case private di Amsterdam erano già tutti prenotati e anzi per garantire il necessario numero di posti letto erano anche state requisite tre grosse navi ormeggiate nel porto (per la cronaca gli italiani e le italiane che avrebbero partecipato alle varie gare – atletica, scherma, boxe, ginnastica, ciclismo, canotaggio, ecc, – furono proprio alloggiati su una di queste navi).
Così, pur mantenendo le date per avere la concomitanza con le Olimpiadi del CIO che si svolgevano ad Amsterdam, gli scacchi furono ‘dirottati’ su L’Aia, la capitale olandese: del resto, come si legge nella cronaca su L’Italia Scacchistica, L’Aia era “la sola città al mondo dove gli scacchisti abbiano un loro palazzo. Esso consta di tre piani con annesso un grazioso giardino ed in esso comodamente trovano posto sale di gioco, uffici, biblioteca.”
Durante la manifestazione agonistica si tenne il Congresso della Fide e ancora la questione ‘dilettanti-professionisti’ venne alla ribalta. Tuttavia “una proposta intesa a modificare lo Statuto della FIDE nel senso che nei futuri incontri internazionali non venga più fatta distinzione tra professionisti e dilettanti venne aggiornata al Congresso dell’anno successivo.”
Nel frattempo, però, nel 1927, nella seconda metà di luglio, dal 18 al 29, venne organizzato a Londra un torneo internazionale a squadre, chiamato “Torneo delle Nazioni”, che avrebbe dovuto essere “preparatorio per le Olimpiadi”. Ricordiamo che nell’occasione fu organizzato anche il primo campionato mondiale femminile.
Dobbiamo ricordare che nel 1926, in occasione del Congresso FIDE che si tenne a Budapest, erano stati organizzati vari tornei individuali (un magistrale, un open e un femminile) e un torneo per “squadre nazionali composte da 4 giocatori”; si iscrissero in 6 ma alla fine giocarono solo in 4; pur essendo la manifestazione organizzata dalla FIDE fu deciso di non considerarla come ufficiale.
Oggi come sappiamo prima Olimpiade degli Scacchi viene considerato il torneo a squadre di Londra, mentre quello del 1928 in Olanda risulta come la seconda Olimpiade degli Scacchi.
A proposito di Londra scrisse L’Italia Scacchistica:
“Lunedì 18 luglio alle ore 12 nella Central Hall di Westminster, il Rev. A. Gordon Ross, Presidente della British Chess Federation, diede il benvenuto a tutti i giocatori. Subito dopo ebbe luogo il lunch di 140 coperti nel quale si svolse una animata conversazione in tante lingue, da ricordare la costruzione della Torre di Babele, /…/
Una limonata fresca tenne il luogo dello spumante in considerazione dell’imminenza del gioco. Alle 14.30 precise uno squillo di campanello segnò il principio del Torneo. /…/
La stampa di ogni Paese ha avuto ogni agevolazione per seguire le varie fasi del torneo e gli italiani ebbero la grata sorpresa di trovare giornalmente nel loro massimo organo sportivo “La Gazzetta dello Sport” i singoli risultati, cosa che, mai avvenuta per l’innanzi, speriamo non resti una lodevole eccezione.”
Per la cronaca il torneo fu vinto dall’Ungheria con 40 punti, davanti alla Danimarca 38.5, terza la squadra dell’Impero Britannico con 36.5. L’Italia si piazzò al 10’ posto con 28.5 (5 incontri vinti, 4 pari, 6 persi). Punteggi individuali: Monticelli 9, Sacconi 8, Rosselli 7, Romi 4.5.
Un Comunicato Ufficiale della Federazione riportò:
“Osserviamo subito però che nessun genere di comparazione si può fare tra questi singoli risultati, perché ognuno ha giocato con avversari differenti. In generale Rosselli e Romih si alternavano al 1’ e 3’ posto, mentre Sacconi e Monticelli si scambiavano il 2’ e 4’; anche questo però ha un valore molto relativo perché specialmente verso gli ultimi giorni del torneo anche le altre squadre alternavano il loro ordine. /…/ All’Italia nocque non avere riserve; nocque pure non essere abituata alla velocità di gioco prescritta. In Inghilterra da molti anni si gioca alla velocità di 20 mosse all’ora, mentre i tornei magistrali italiani vengono giocati a 15 mosse all’ora.”
Nel successivo Comunicato Ufficiale si legge:
“Gli italiani giocarono indistintamente tutti gli incontri, senza l’aiuto di alcun giocatore di riserva, non essendosi potuto inviare a Londra i giocatori di riserva predestinati. Nonostante questa sfavorevole circostanza, nonostante che nelle squadre straniere comparissero veri e propri professionisti del gioco e tra essi campioni di fama mondiale, tra i quali ci limitiamo a citare Reti, Euwe, Maroczy, Tarrasch, Grunfeld, ecc, la squadra italiana ottenne una onorevolissima classifica, mantenendosi alla testa di tutte le nazioni latine. /…/ I risultati tecnici, molto lusinghieri trattandosi di un incontro preparatorio per le Olimpiadi, ci permettono di ben auspicare per l’anno venturo quando la squadra sarà preparata con le riserve e sarà allenata in tempo.”
Come si vede, fu scritto chiaramente “trattandosi di un incontro preparatorio per le Olimpiadi”, ovviamente le Olimpiadi ufficiali del CIO del 1928 in Olanda.
Nell’occasione del torneo di Londra 1927, il mecenate inglese George Frederick Hamilton-Russell (1867-1941, nell’immagine di apertura) e la moglie Lady Margaret offrirono una coppa d’oro da assegnarsi alla nazione vincitrice.
Così il Torneo delle Nazioni fu chiamato anche ‘Coppa Hamilton-Russell’ e con questa denominazione vide svolgersi le edizioni successive a cominciare da quella del 1930 ad Amburgo e quella del 1931 a Praga: in queste ultime venne abolita la clausola dell’obbligo che i giocatori fossero dilettanti.
E questa fu probabilmente la causa dell’esclusione degli scacchi dalle Olimpiadi ‘vere e proprie’. Del resto molti commentatori e molti storici hanno affermato che gli scacchisti non hanno mai avuto problemi di distinzione tra professionisti e dilettanti.
Arriviamo così al 1932.
Si doveva stilare il programma per le Olimpiadi del CIO; questa volta i responsabili del Comitato decisero di togliere dal programma olimpico tutti gli sport che potevano dare adito a sospetti di professionismo: così uscirono, tra gli altri, calcio e tennis ed anche gli scacchi, dato che nei tornei erano previsti premi in denaro e soprattutto, come detto, dato che la Federazione Internazionale non sembrava particolarmente interessata alla distinzione tra professionisti e dilettanti.
Di questa estromissione approfitterà nel 1934 il Governo Italiano dell’epoca (che non considerava vero sport una ‘attività della mente’), che decise di spostare la Federazione dal CONI all’OND (Opera Nazionale Dopolavoro): un declassamento, anche se all’epoca si cercò di non presentarlo agli scacchisti come tale.
Il Torneo delle Nazioni, ovvero Coppa Hamilton-Russell, proseguì così con le edizioni di Folkestone 1933 e Varsavia 1935.
Nel 1936 le Olimpiadi del CIO furono organizzate a Berlino. La Germania, che puntava ad essere riammessa nella FIDE da cui era stata estromessa per i motivi politici, organizzò nelle stesse date quella che fu definita ancora una volta ‘Olimpiade degli Scacchi’: la manifestazione fu ospitata nel Parco delle Esposizioni di Monaco, anche per festeggiare i cento anni di fondazione del locale circolo scacchistico.
Per la concomitanza con il Torneo di Nottingham mancarono molti dei più forti campioni e la squadra inglese non partecipò.
Si giocava su 8 scacchiere, 21 le nazioni in gara (tutta l’Europa più il Brasile): prima Ungheria (che vinse tutti gli incontri), seconda Polonia, terza Germania. L’Italia si piazzò al 18° posto con 3 incontri vinti e tre pareggiati su 20. La cronaca del torneo parlò di un successo grandioso e di grande signorilità nell’organizzazione, con imponenti ricevimenti offerti dal Borgomastro e dal Ministro della Propaganda del Reich.
E tuttavia …
… e tuttavia l’evento non fu considerato dalla FIDE come ufficiale, per cui la settima edizione del Torneo delle Nazioni fu quella giocata a Stoccolma nel 1937 e l’ottava quella successiva di Buenos Aires 1939. Poi scoppiò la guerra per cui si riprese solo nel 1950 a Dubrovnik.
Poi nel 1952 si giocò ad Helsinki e in questa occasione per la prima volta giocò l’Unione Sovietica, che vinse (e poi avrebbe vinto tutte le successive edizioni fino a quando si smembrò, cioè fino a quella del 1990, tranne il 1976, quando non partecipò perché si giocava in Israele e il 1978 quando fu a sorpresa superata dall’Ungheria).
Ma nel 1952 oltre alla partecipazione dell’Urss ci fu un altro ‘colpo di scena’: su L’Italia Scacchistica del 1952 (settembre-ottobre, pag. 220) nel resoconto del 23′ Congresso FIDE di Saltsjobaden è scritto infatti che “il CIO ha autorizzato a chiamarsi ‘Olimpiadi’ il campionato a squadre di scacchi delle nazioni.”
La notizia fu riportata anche da altre Riviste straniere.
Da quel momento le edizioni del Torneo delle Nazioni ovvero della Coppa Hamilton-Russell furono chiamate, anche con effetto retroattivo, Olimpiadi.
Ma la storia non finisce qui ed anzi ancora una volta mi coinvolge personalmente, almeno per quel che concerne l’edizione 2006 della manifestazione che come è noto fu giocata a Torino e nella quale, come altrettanto noto, ebbi l’onore di gestire l’Ufficio Stampa.
Prima dell’inizio della competizione mi venne affidato l’incarico di occuparmi del francobollo commemorativo. Deciso il disegno, la pratica venne inviata alla Direzione delle Poste Italiane; ma uno dei responsabili, quello che doveva dare il definitivo benestare, quando lesse ‘Olimpiadi degli scacchi’ bloccò tutto e mi chiese una formale autorizzazione del CIO ad usare appunto il termine ‘Olimpiadi’.
Gli dissi che non c’erano problemi, forte di quanto riportato dall’Italia Scacchistica nel 1952.
Così mi misi in contatto con Ginevra per avere l’ok ufficiale. Trovai un funzionario del CIO che parlava anche italiano e chiesi la conferma.
Ma ebbi una triste sorpresa: dopo qualche giorno il funzionario mi disse che non si trovavano verbali che confermassero la cosa e che quindi il CIO non poteva basarsi solo su quanto scritto su una rivista di scacchi e quindi non poteva dare il benestare all’uso della parola ‘Olimpiadi’ per il francobollo della manifestazione scacchistica.
Non poteva perché, mi spiegò con una argomentazione arzigogolata, essendo un francobollo considerato alla stregua di un documento ufficiale dello Stato ed essendo l’uso del termine ‘Olimpiadi’ riservato – almeno nei documenti ufficiali – alle specialità inserite nel programma olimpico ufficiale del CIO, non si poteva usarlo per gli scacchi.
Perciò nessun problema ad usare la dizione ‘Olimpiadi degli Scacchi’ nei comunicati stampa, nelle locandine e nei manifesti, su striscioni e tabelloni, e così via, ma non nei documenti ufficiali e affini, e tra gli ‘affini’ rientrava appunto un francobollo celebrativo. Bah!
Così, nonostante alcuni tentativi, non fu possibile superare l’ostacolo burocratico e quindi nostro malgrado per il francobollo fummo costretti a dirottare sulla più classica dizione, quella del Dizionario Enciclopedico, ovvero ‘Campionato del mondo a squadre di scacchi’.
Che poi, all’atto pratico, per la tradizionale giornalistica ‘mancanza di spazio’ (date le dimensioni del francobollo…) all’atto pratico divenne “Mondiale a squadre di scacchi”.
P.S.
Adolivio lo tace per modestia, ma lui stesso partecipò ad una edizione ‘olimpica’, quella di Skopje 1972, anche come giocatore. E vi lasciò un segno positivo con un “3 su 3” che fu fondamentale nella fase di qualificazione. Campione si laureò una fortissima Unione Sovietica con Petrosjan, Korchnoi, Smyslov, Tal, Karpov e Savon.
Ancor prima Adolivio prese parte ad un “Campionato del mondo a squadre per studenti”. Accadde a Ybbs, in Austria, nel 1968. Il team italiano era composto da Rosino, Albano, Capece e G.Castiglioni, e si classificò al 22° posto. Vinse quell’edizione studentesca l’URSS di Tukmakov, Kuzmin, Dzindzichashvili, Kupreichik, Kapengut e Georgadze.
(nota di Riccardo M.)