Uno Scacchista

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Radjabov: “Meglio pattare che perdere punti Elo”

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Teimour Radjabov al SuperBet 2021 (foto di Lennart Ootes dal sito ufficiale del Grand Chess Tour)

(Uberto D.)
Sembra un’affermazione ovvia, ma dipende dal tipo di patta di cui stiamo parlando. E’ evidente come in molti degli ultimi tornei giocati, Radjabov abbia spesso scelto la strada di patte rapide, specialmente con il Bianco. Se ciò poteva essere forse giustificabile nei tornei Rapid del Meltwater Champions Chess Tour, non lo è di certo nel primo torneo “sulla scacchiera” che Radjabov sta giocando nel 2021. E allora?

Come ho scritto nel mio report dalla recente FTX Crypto Cup, comincia a dare molto fastidio agli organizzatori e al pubblico l’abitudine di giocare patte molto brevi buttando là quasi ostentatamente le solite varianti che portano ad una rapida ripetizione di mosse. Se in qualche caso (stanchezza, necessità di interrompere una serie di sconfitte, risultato ormai acquisito o pura tattica nei match) può essere comprensibile anche se non giustificabile, le prime quattro partite di Radjabov nel Superbet Chess Classic Romania sono state una serie di partite senza energia: 18, 30, 25 e 21 mosse senza nessun guizzo e giocate velocemente. Al di là delle inutili pensate di Radjabov in posizioni evidentemente note (altro aspetto fastidioso), i suoi avversari, Caruana, Giri, Vachier-Lagrave e Mamedjarov, hanno riflettuto mediamente per soli 25 minuti a partita.

Ieri, dopo l’annunciata patta con il connazionale Mamedjarov, Radjabov ha così spiegato il suo atteggiamento:

“Il mio calendario di impegni si sta rivelando troppo fitto. Negli anni passati ero abituato a giocare pochi tornei, con abbastanza tempo per recuperare e prepararmi. Quest’anno sto giocando un torneo dopo l’altro (UD: si riferisce al Champions Chess Tour) e non ho modo di studiare e cercare nuove idee. A questo livello se non giochi in maniera convinta finisci male e non ho nessuna intenzione di giocare per lo spettacolo e perdere. So bene che gli spettatori preferiscono partite brillanti… io ne ho giocate molte, ma alla fine non ero invitato ai tornei perché non avevo abbastanza punti Elo. Adesso devo pensare al punteggio; non mi piace giocare così, ma è una scelta da professionista e non mi importa cosa ne pensano gli altri.”

Si può essere d’accordo o no con Radjabov, ma il rischio, secondo me, è che alla fine gli organizzatori non lo inviteranno perché gioca troppo poco e non per il punteggio Elo.

Leggendo un commento di Douglas Griffin alle affermazioni di Radjabov mi è tornato in mente un passaggio di Kotov in uno dei suoi celebri libri, “Allénati come un Grande Maestro“.

Ecco cosa scriveva il grande giocatore sovietico (nella traduzione di Giancarlo Bernardi per la prima edizione – Prisma Editori):

“Come in ogni aspetto del nostro complicato mondo odierno, il sistema Elo ha i suoi pro e contro (…) Eppure dal nostro punto di vista gli svantaggi di questo «totale spirito aritmetico» sono tali da cancellare ogni vantaggio. (…) C’è poco spazio qui per la bellezza e la nobiltà della partita. Ottenere più punti possibile e salire in graduatoria, questa è la preoccupazione principale della maggioranza dei giocatori moderni (…)”

E ancora:

“In sostanza, però, chi criticherebbe un grande maestro per il suo eccessivo pragmatismo, dato che il suo punteggio, la sua graduatoria, determinano il proprio standard di vita, l’invito a un prossimo torneo, come anche eventuali ingaggi per esibizioni simultanee? Ogni giorno in Occidente ci sono dei GM di talento che girano di nazione in nazione, passando da un torneo all’altro. Giocano affannosamente, senza mettercela tutta. Se a un torneo va male, può andare meglio al prossimo. (…) Non c’è tempo per le analisi delle partite, visto che è già ora di partire per un’altra competizione.”

E infine:

“Il giocatore che fa degli scacchi un gioco di aritmetica, che gli procura un reddito ragionevole, non raggiungerà mai la cima del Monte Olimpo. (…) La maggioranza, purtroppo, compresi molti giovani GM, ha completamente rigettato l’approccio analitico. Per questo sono stati puniti dagli scacchi stessi, e tale punizione consiste nella loro graduale trasformazione in giocatori di routine, distruggendo tutte le brillanti prospettive che il loro talento naturale prometteva”.

Parole nette, che appartengono ad un’altra era (il libro fu scritto nel 1981), ma che dimostrano come Kotov avesse chiaramente visto i rischi del punteggio Elo come criterio principale per gli inviti ai tornei. Non è certo questa la situazione che sta vivendo Radjabov a cui va riconosciuto quanto meno il coraggio di aver dato una spiegazione onesta e scomoda a un comportamento che tutti criticano.


Nel frattempo, con la prossima classifica di luglio, Carlsen potrà festeggiare i 10 anni consecutivi di primato nella lista Elo…  niente male per un giocatore che non ha mai fatto del punteggio Elo il suo obiettivo principale.

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