Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Carlos Torre e gli scacchi come “belleza y armonìa” (3)

5 min read

(Riccardo M.)
Siamo all’ultima puntata della sagra dedicata a questo piuttosto misterioso giocatore centroamericano. E’ proprio vero che negli scacchi se ne vedono di tutti i colori, pur essendo un gioco in bianco e nero; ma che “la più bella partita della mia vita” possa essere una partita perduta non l’avevo mai sentito prima.

Come non avevamo mai sentito che “la più bella partita della mia vita”, vista dal lato del vincitore Edwin Adams e pubblicata un po’ ovunque, potrebbe essere stata una partita quasi certamente mai giocata. Paradossale!

Ma, scherzi a parte sulla famigerata Adams-Torre, quanto davvero era forte Carlos Torre? Possiamo forse intuirlo da un particolare: quando un giocatore del livello di un Carlsen o di un Alekhine firma una patta con un giocatore molto più in basso nelle classifiche, lo fa di solito dopo che l’avversario si è difeso strenuamente e felicemente per un bel po’ di mosse; ma quando vediamo, come a Baden Baden 1925, che Alekhine accetta immediatamente la patta proposta da Torre dopo appena 14 mosse, beh, questo è un indubbio segnale di quanto il russo temesse la nuova stella messicana.

Ecco quella partita:

Carlos Torre-Alekhine
Baden Baden, 16.04.1925

Era il secondo turno, 17 aprile del 1925, e nel libro del Torneo così scrisse Siegbert Tarrasch: “Auf Vorschlag von Weiß als remis abgebrochen” (“e qui terminata con una patta su proposta del Bianco”). Alekhine, che avrebbe concluso quel torneo da vincitore con 12 vittorie e 8 patte e che non aveva mai visto Torre prima di allora, è forse rimasto impressionato dalla conduzione dell’apertura da parte del Bianco? O da tutto il bene che si diceva di quel giovane giocatore americano? In effetti, a guardare la posizione verificatasi dopo quelle 14 mosse, potremmo considerarla sufficientemente buona per il Bianco.

Le originalità in apertura di Carlos erano all’ordine del giorno in quei circa diciotto mesi tra la fine del 1924 (quando vinse un torneo a Detroit davanti a Reshevsky) e i primi del 1926, quando scoppiò il dramma di Chicago, momento in cui poi gli sarebbe stato attribuito un Elo teorico di ben 2668 punti. Oltre l’Attacco Torre, fu chiamata in suo onore “Difesa messicana” anche un’altra apertura: 1.d4,Cf6 2.c4,Cc6 (altrimenti detta “Tango dei Due Cavalli”).

Dicevamo del suo valore assoluto. Ebbene, quei 18 mesi di tornei di alto livello (con i suoi 21 anni) sono forse pochi per misurarne le capacità; non dimentichiamo comunque che affrontò in tre diverse partite tre campioni del mondo (Lasker, Capablanca e Alekhine) ottenendo una vittoria e due pareggi e neppure dimentichiamo che in quei 18 mesi fu capace di vincere con maestri di grande valore come Marshall, Verlinsky, Levenfish, Samisch, Duz Chotimirsky, Reti, Mieses, Yates (2 volte su 2) e Gruenfeld (2 volte su 2).

Carlos era tuttavia molto critico verso se stesso, e sulla sua celebre partita del “mulino” contro Lasker (La “immortale messicana” della nostra prima puntata) si espresse così: “non la considero una buona partita, perché entrambi abbiamo commesso diversi errori; anzi, è stata una delle mie peggiori e probabilmente la peggiore di Lasker.”

Per chi volesse approfondire sulla vita di Carlos Torre, ricordo che nel 1977 uscì un volume, a firma di Gabriel Velasco, intitolato “Vida y partidas de Carlos Torre”, dove è riportato, tra l’altro, questo pensiero dello stesso Carlos: “I viaggi e la vita fra tornei di alto livello sono qualcosa di intenso, ma alienante. Io ho preferito tornare nel mio paese per lavorare con mio fratello in qualcosa di più stabile. In fin dei conti ho solo abbandonato gli scacchi competitivi, ma mai l’amore per questo bellissimo gioco”.

Si dice, tra le altre cose, che nel 1972 Torre abbia seguito col massimo interesse la sfida Fischer-Spassky, con un segreto ma spiccato tifo per lo statunitense.

Un altro lavoro su Carlos Torre vede la firma di Gilberto Repetto Milàn, suo cugino di secondo grado: “Torre y sus contemporaneos”. L’autore morì nel 1976, ma il suo manoscritto fu recuperato da un fratello e il libro vide la luce in Messico, e con tiratura limitata (500 copie), soltanto nel 2005. In pochi lo possiedono, e pare sia un piccolo gioiello in quanto contiene 40 partite tutte commentate dallo stesso Carlos. Può essere consultato presso la libreria dell’Università Autonoma dello Yucatan (Messico).

Ricordiamo poi che la mamma di Carlos si chiamava Maria Repetto e che molto spesso nelle pubblicazioni il nome di Carlos è accompagnato dai cognomi di entrambi i genitori: Torre e Repetto. Ebbene, approfondendo intorno alla vita di Gilberto Repetto Milàn e della sua famiglia, si può anche scoprire un’altra cosa interessante, ovvero che nel sangue di Carlos Torre c’era anche un pizzico di italianità: il bisnonno di Carlos era un commerciante genovese! La madre di Carlos, María Concepción Virginia Repetto Torre (nata il 17.9.1876 e andata in sposa a Egidio Torre Solìs) era infatti figlia di Juan Luis Repetto Badía e nipote di Juan Repetto Simonet, nato a Camogli (Genova) il 2.6.1811 e morto a Ciudad del Carmen l’11.8.1877.

A proposito di libri, lo stesso Carlos Torre Repetto fu autore di un piccolo volume pubblicato nel 1928, ma scritto a Leningrado nel 1926, dal titolo Desarrollo de la habilidad en el Ajedrez , un lavoro molto chiaro e conciso che, a detta di chi lo lesse, non faceva certo pensare di trovarsi di fronte ad un personaggio per il quale poi a lungo si sarebbe parlato di esaurimento nervoso o addirittura di manicomio (benché almeno di “salute delicata” a partire dal 1926 non si può non parlare). In questo libello Carlos insiste particolarmente sulla necessità, per il giocatore di scacchi professionista, di trovare un piano di gioco solido e di cercare di applicarlo in modo coerente.

Ora, tornando alle belle partite, terminiamo questo viaggio tra i ricordi del campione messicano mostrandovi una sua miniatura giocata a Mosca contro il russo Solomon Borisovich Gotthilf.

Torre-Gotthilf
Mosca, 22.11.1925

Tutto molto delicato e naturale, quasi in punta di piedi e rispettando l’avversario.

Del resto, il suo biografo Daniel Velasco scrisse che Torre era una persona timida e gentile, che guardava agli scacchi come un artista e non come un lottatore: “quando vinceva una bella partita, l’unica cosa che lo preoccupava, e talvolta lo faceva perfino soffrire, era il fatto che potesse aver ferito l’animo del suo avversario”.

Carlos Torre avrebbe poi così commentato questo gioco di Mosca con Gotthilf:

“La belleza de esta partida se encuentra en su armonía, armonía de concepción y armonía de ejecución, porque la belleza y la armonía son una.”

Sì, è vero, bellezza e armonia negli scacchi sono una cosa sola! Grazie, Carlos!

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: