[R] Prendiamo un caffè al Bar del Fico
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R I S T A M P A
(Riccardo M.)
La più parte dei giovani di oggi nemmeno immagina quanto in questi anni si viva (generalmente e mediamente) meglio e di più degli anni dell’immediato dopoguerra, i primi che io possa ricordare. Le conquiste della scienza, in primis, hanno portato a ciò. E non solo quelle. Non dimentichiamolo mai.
(L’Antico Caffè Greco a Roma, dipinto di Ludwig Passini-Kunstler)
Ma non dovremmo dimenticare mai neppure gli insegnamenti della storia, se non vogliamo ripetere certi terribili errori di un lontano (forse troppo) passato. Sfortunatamente, come scriveva qualcuno, le cose più preziose vengono apprezzate soltanto quando ci vengono a mancare. Ed io temo che avesse ragione Hegel a dire che “dalla storia impariamo che non impariamo dalla storia”.
Ciò non significa che tutti i momenti della vita di oggi siano superiori o più godibili, o più costruttivi, confrontando analoghi aspetti e situazioni, rispetto a quelli di un tempo.
Tra le abitudini del passato che oso rimpiangere, da appassionato di scacchi, è quel ritrovarsi, al pomeriggio e alla sera, di giocatori e amici scacchisti presso i Caffè cittadini. Davanti ad una scacchiera. A discutere e scherzare su aperture e varianti, su gloriose immortali e su fesserie colossali. A scommettere cento lire che “…. qui posso dar matto anche con due Cavalli di meno!”, o simili.
In riferimento alla sola mia città, Roma, ho parlato, in altri articoli apparsi altrove in questi anni, di esempi del passato (‘800 e ‘900) quali il Caffè de’ Scacchi in via di San Claudio e il Caffè Fassi in Corso d’Italia. Poi del recente esperimento, di breve durata purtroppo, del Bar Caffè Liszt all’EUR (inverno 2013/14).

E da molto più tempo che non si vede giocare all’Antico Caffè Greco (fondato nel 1760) in via dei Condotti, uno dei primi ad aver aderito con entusiasmo alla costituita (1920) Federazione Scacchistica Italiana. Il 31 ottobre del 1920 scrivevano il segretario della FSI G.Orlandi e il vice-presidente Luigi Padulli che “…. con vero compiacimento segnaliamo la nuova cordiale e spontanea adesione alla FSI del Circolo Scacchistico “Caffè Greco” di Roma, dataci anche come doveroso atto di omaggio all’illustre Presidente Miliani”.
In via XX Settembre sorse nel 1925 il Circolo Scacchistico Caffé della Breccia, presso l’omonimo Caffé. Era, come avrete immaginato dal nome, nelle vicinanze di Porta Pia, davanti al Ministero delle Finanze. Ne parlava lo scrittore Mario Soldati nel suo “Storie di spettri” (1962): “da parecchi anni è diventato un bar qualunque, dove i giocatori non sono più ammessi”, scriveva Soldati. Alle sue vivaci proteste, il padrone del locale replicò: “E che li tenevo a ‘ffà? Se prendeveno tutto il posto, staveno tutto il giorno, e nun consumaveno gnente!” Peccato, perché fin dal 1925 vi avevano aderito alcuni forti giocatori della città, fra i quali Ugo Calà e Romolo Ovidi.
Invece resiste ancor oggi in pieno centro (alle spalle di Piazza Navona, da via del Corallo a via di Monte Giordano) il Bar del Fico, con i tavolini riservati agli scacchisti nella caratteristica antistante Piazzetta del Fico, adorabile in specie nella bella stagione. Fateci un salto, se potete, ma rigorosamente nel pomeriggio: un gelato e un caffè sono ancor più buoni se abbinati ad un’Olandese o ad un Controgambetto Albin (*).

Ma perché “del Fico“? A cosa dobbiamo tale curioso toponimo? Ci viene in soccorso l’insostituibile “vicolario” dello scrittore (1923-2009) Giorgio Carpaneto (“I vicoli di Roma“, 1986), appassionato cultore della città. Leggiamo insieme: “Il toponimo potrebbe derivare da un albero di fico o da un’insegna d’osteria o dall’abitazione o bottega di un vasaio chiamato “fico” per corruzione della parola latina “figulus” (vasaio). Tuttavia, un albero di fico si trovava nel cortile della casa Trevisani a nn. civici 8 e 9. Nell’Ottocento vi era un teatrino detto “Del Fico” o “delle Muse” aperto dal poeta romanesco Adone Finardi. Si ha pure il ricordo di “vicolo della Fica”, che si spiegherebbe col fatto che la zona era abitata da meretrici. Anticamente anche il vicino “vicolo delle Vacche” fu chiamato “vicolo del Fico”.
Spostiamoci ora di quartiere. Riporterò senz’altro un giorno su questo sito il mio articolo sullo storico Caffè Fassi (*). Oggi mi limito a trascrivere una breve descrizione storica, importante ben più delle mie, dei Caffè/Scacchi di Roma: quella che proviene dalla penna di Serafino Dubois (Roma, 1817-1899), il più forte giocatore romano (ma forse pure italiano) di ogni tempo.
Alcune di queste “chicche” e tanto d’altro si trovano nel prezioso libricino in cui Bruno Arigoni, con presentazione di Alessandro Sanvito, ha raccolto meritoriamente le memorie del bravissimo Serafino Dubois: “Quarant’anni di vita scacchistica – Pagine di Storia degli Scacchi – 1840/41-1881 (Aetas, 2007)”.
Fin dal 1837 il Dubois frequentava il “Caffè di San Carlo al Corso” (poi detto “Caffè di Roma”), successivamente anche il “Caffè de’ Scacchi”, il “Caffè dei Pastini” (che chiuse nel 1851) e il “Caffè Antonini”.
Pensate che al Caffè Antonini (scrive Dubois) nel 1851 “si giuocava dalle 11 della mattina fin quasi alla mezzanotte, e la sera sopratutto si vedevano in moto quattro, cinque e talvolta sei scacchiere. Vi si contavano non meno di 25 o 30 giuocatori di varia forza, compreso il buon caffettiere ANTONINI, dilettante passionato del gioco ma non forte”.
Si arrivò così al 1852 …. E continua il Dubois:
“Un valente straniero avemmo quest’anno al Caffè Antonini nel MACKEY del Club di Manchester, col quale giuocai poche partite riuscite tutte a mio vantaggio. Giuocai pure al suddetto Caffè con un Australiano, uomo di statura colossale di cui non ricordo il nome…. Nell’aprile di quest’anno si fecero a mia istigazione e sotto la mia direzione due piccoli tornei all’Antonini, il primo fra 8 giuocatori e l’altro fra 16, il secondo dei quali fu vinto dall’Ing. ALTOBELLI. Il premio era formato dalle poste dei concorrenti, ognuno de’ quali contribuiva per quattro “paoli romani” (poco più di due lire). E’ questo forse il primo esempio di Tornei ad uso moderno che si sia fatto in Italia.
Fu questo il periodo più fiorente del nobil giuoco, il quale veniva coltivato in molti altri Caffè, come il Caffè dei Giubbonari, il Caffè Nuovo sotto il Palazzo Ruspoli in piazza San Lorenzo in Lucina, il Caffè in Via Sistina convegno dei dilettanti ed artisti tedeschi, il Caffè dell’Africano sulla Piazza S.Carlo al Corso, ora scomparso, dove facevano capo il PIERI già segretario del Municipio, il conte LOVATTI, il vecchio PAPI, GIGLI, CARLUCCI e il TROUVE’ concessionario del Gaz, morto poi assai ricco; il Caffè dell’Orologio sulla piazzetta della Chiesa Nuova dove si vedevano fino a tre scacchiere in moto con i giuocatori però assai deboli, tantoché quando all’Antonini o al Pastini si voleva dar la baja ad un giuocatore che era in vena di far spropositi, gli si diceva che sarebbe stato relegato in pena all’Orologio, il che veniva anche espresso con la frase latina “damnatus ad bestias”. Il Caffè della Chiesa Nuova propriamente detto era sulla piazza di S.Maria in Vallicella (ora è scomparso), frequentato da vari buoni dilettanti come l’Abate FABIANI, dotto e pio ecclesiastico, PIERI giuniore, NASINI, il ragioniere LOLLI e i fratelli VANNUTELLI. Finalmente si giuocava anche al Caffè del Genio nell’antica Via Papale ora in Parione vicino agli altri due sopracitati”.
Poco più avanti troviamo un’altra specie di “chicca”:
“1853. Verso questo tempo venne a stabilirsi a Roma il Principe di Villafranca. Siciliano, bell’uomo, noto per le sue galanterie, il quale allora conviveva con la moglie d’Alessandro Dumas, donna altiera ed esigente, dalla quale ebbe non poco a soffrire …” [1].
Imperdibile questo libricino di Bruno Arigoni!
E adesso chi viene a prendere un caffè con noi al Bar del Fico? (**)
[1] Probabilmente il Dubois si riferisce ad Alessandro Dumas padre, e quindi alla moglie Marguerite Ferrand in arte Ida Ferrier, un’attrice (1811-1859) da lui sposata nel 1843 e che nei fatti conduceva una vita assai libera e indipendente.
(*) Abbiamo pubblicato il post nel novembre del 2018: https://unoscacchista.com/2018/11/21/storia-del-caffe-fassi/
(**) E’ passato del tempo dalla prima stesura di questo articolo, e questa seconda è stata parzialmente ampliata; ma non so se ancora oggi, nel 2021, si giochi a scacchi al Bar del Fico. Mi riprometto di tornarci per dare un’occhiata.
Grazie mi è piaciuto e nel mentre, pensavo al mio tentativo di tanti anni di piazzare una scacchiera qua e là da un bar
All’ altro, la faccia del gestore che mi faceva osservare che per un caffè tenere occupato 2 ore un tavolo non andava bene. Io rispondevo 1 caffè ogni partita va bene? In tono scherzoso ovviamente.
Grazie a te, Giuseppe. Naturalmente sei invitato anche tu a prendere un caffé!