I preti scacchisti fino al secolo XIX
10 min read
Papa Leone X
(Riccardo M.)
Devo premettere che quasi ogni “prete scacchista” qui di seguito citato meriterebbe un articolo a sé stante, anche se della vita di alcuni di loro sono giunte a noi assai poche informazioni.
Mi auguro di non aver dimenticato troppi nomi, ma di certo parecchi altri saranno esistiti, soprattutto al di fuori del nostro Paese. Intanto mi piace qui parlare brevemente di ciascuno, in un unico articolo. Sono 17 personaggi. Vediamoli.
Jacopo da Cessole (intorno 1295)
Fu un frate dominicano, nato in un piccolo paese del Piemonte: Cessole d’Asti. Incerto è il periodo storico in cui visse, sappiamo soltanto che alcune carte del XV secolo parlano dell’anno “1295”, ma non sappiamo se questa è stata la data della sua morte o la data della stesura della sua opera di rilievo, il “Liber de moribus hominum et officiis nobilium super ludo scachorum”, altresì noto come “De Ludo scachorum” e le cui prime edizioni stampate apparvero sul finire del XV secolo.
Spiega lo storico Adriano Chicco che “il ‘De ludo’ non era un trattato teorico sul gioco degli scacchi, ma un libro di morale, contenente una serie di ammaestramenti spirituali, spiegati con ‘exempla’ applicati al gioco degli scacchi”. E aggiunge: “Dopo il ‘500 le edizioni del Liber, in latino o in varie altre lingue, si moltiplicarono. Probabilmente nessun altro trattato medioevale ebbe la straordinaria fortuna che accompagnò per quasi tre secoli il ‘sollazzevole giuoco degli scacchi’ di fra Jacopo. Nonostante la povertà del contenuto tecnico, il trattato contribuì non poco ad attenuare l’iniziale ostilità della Chiesa verso un passatempo che i Concilii considerarono sempre con una certa diffidenza”.
Marco Gerolamo Vida (1490 – 1566)
Cremonese, fu allievo dei canonici lateranensi di San Pietro in Po, quindi (1519) priore di San Silvestro in Monte Corno, priore a Frascati e infine (1532) vescovo di Alba. Suo è il più celebrato poemetto scacchistico di tutti i tempi, lo “Scacchia ludus”, scritto in età giovanile (1513) e pubblicato la prima volta come di autore anonimo, poemetto che ebbe poco meno di 300 edizioni fra latino e altre lingue (italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, fiammingo). Ecco, come esempio, i versi che vedono Giove versare i pezzi sulla scacchiera:
Disse e sullo scacchier da un’urna versa
Da man maestra lavorato bosso
In forma umana: un bianco e nero esercito.
Sedici pezzi ha l’uno, ed altrettanti
Pari di forze e di valor ne ha l’altro.
Il poemetto entusiasmò un personaggio importante, e cioè…
Papa Leone X (1475 – 1521)
Ovvero Giovanni di Lorenzo de’ Medici, un papa più politico che religioso, molto discusso e molto incline alla cultura, alla buona cucina, ai fasti e anche agli sprechi. Lui sostenne che “Scacchia ludus” del Vida non poteva non essere stato ispirato divinamente. Leone X commissionò al Vida la stesura di un nuovo poema, stavolta sulla vita di Cristo, dal titolo “La Cristiade”, poema che il Vida pubblicò nel 1535, sotto il papato di Clemente VII (Giulio de’ Medici).
Il biografo di Leone X, William Roscoe, scrisse che Giuliano “était grand jouer d’échecs, et pouvait faire les coups le plus difficiles”. I suoi scacchi erano d’oro e d’argento e il Papa stava (così si leggeva in una lettera di Baldassare Tudini da Pescia) “… la maggior parte del dì in camera sua a giocare ad scacchi …”.
Spero soltanto che quei preziosi pezzi non abbiano fatto la fine delle stoviglie d’argento utilizzate nei banchetti vaticani e romani di quegli anni, stoviglie che, come per primo osò fare il banchiere Agostino Chigi, venivano gettate nel Tevere dopo ogni portata (… e subito dopo raccolte da qualcuno con delle miracolose “reti da pesca”).
Ruy Lopez de Segura (sec. XVI)
Sacerdote spagnolo, autore di un’opera fondamentale per la teoria del gioco degli scacchi, il “Libro de la invenciòn liberal y arte del juego del Ajedrez”. Oltre ad esporre per la prima volta con chiarezza le regole del gioco e mostrare alcune posizioni e trucchi, Ruy Lopez fece l’apologia di un gioco che considerava “fra tutti nobilissimo”. Non si faceva pregare dall’esagerare, scrivendo ad esempio che “il gioco degli scacchi non solamente è laudabile, ma è ancora necessario alla conservazione della vita”. L’opera ebbe un successo notevole e fu tradotta in varie lingue, in italiano dal Tarsia nel 1584, in tedesco dal duca di Brunswick nel 1616. Ruy Lopez venne considerato il primo vero teorico degli scacchi. Ma la fortuna più grande del prete spagnolo, nativo di Zafra, resta quella di aver dato il suo nome ad una delle aperture più utilizzate nella storia del nostro gioco: la Ruy Lopez o Apertura Spagnola.
Come giocatore sono note le sue sfide con l’italiano Leonardo da Cutro, che lui sconfisse largamente a Roma intorno al 1570, ma dal quale perse le due successive sfide di Madrid, la seconda delle quali, “la bella”, venne giocata alla presenza del re di Spagna Filippo II.
Pietro Carrera (1573 – 1647)
Prete di Militello, presso Siracusa, avviato agli studi ecclesiastici dal padre artigiano, conobbe a Palermo nel 1597 il famoso giocatore Paolo Boi “il Siracusano”. Divenne cappellano della parrocchia di Santa Maria Stella, a Militello, e poi cappellano di Donna Giovanna d’Austria, moglie del marchese di Militello. Donna Giovanna amava le persone colte e i letterati, e il Carrera anche per lei scrisse la “Pessopedia”, una descrizione in versi di una partita a scacchi, ma soprattutto (1617) venne stampato il suo “Il gioco degli scacchi di don Pietro Carrera diviso in otto libri”. Si trasferì a Canicattì nel 1624, dopo la morte del marchese di Militello.
Personaggio polemico, perfino “aspro e aggressivo”, non è troppo valutabile la bravura del Carrera come scacchista: perse un match da Mariano Marano nel 1620, ma bisogna dire che quest’ultimo venne battuto da Girolamo Cascio il quale a sua volta aveva perduto in anni precedenti parecchie partite col Carrera.
Mariano Marano (prima metà del sec. XVII)
Altro giocatore siciliano di quegli anni, sacerdote a Sortino in provincia di Siracusa, dove sembra che regolarmente superasse ogni avversario. Quando si trasferì a Napoli (1625) continuò ad eccellere, al punto da essere invitato alla corte del Re di Spagna Filippo IV, davanti al quale, come scrisse il Salvio, più volte “giocò, con molto gusto del Re, e vinse tutti”. La sua smisurata passione per il gioco, e la relativa ambizione di primeggiare, furono criticate da Don Pietro Carrera, che evidentemente non le riteneva troppo compatibili con l’abito talare.
Giovanni Girolamo Saccheri (1667-1733)
Nativo di Sanremo, sacerdote e insegnante di matematica a Pavia. Giovanissimo (1685) era entrato a far parte della Compagnia di Gesù. Di lui ci narrava così Adriano Chicco, citando uno scritto di un tal Padre Ceva: “Egli sapeva condurre contemporaneamente tre partite senza vedere lo scacchiere; non solo, ma sebbene i tre giochi fossero intavolati in diversi modi, il più delle volte li finiva tutti e tre insieme con dare lo scaccomatto. Di più, ripeteva poi a memoria tutte le mosse, finché riconduceva tutti i pezzi al primiero lor posto”. Come un vero maestro, insomma.
Stefano Battiloro di Piedimonte (? – 1754)
Don Stefano fu un prete del casertano, di Piedimonte d’Alife. Era piuttosto sordo, tanto da esser noto col nomignolo di “Sordo di Piedimonte”, ma ugualmente è stato uno dei più forti scacchisti del Regno di Napoli nel XVIII secolo. Sempre il Ceva, in “Philosophia novo-antiqua” lo descriveva “impareggiabile nel giocar le pedine: le avanzava, le difendeva, le incrocicchiava in tal guisa ch’era inespugnabile”. Suo avversario principale nel napoletano era …
Scipione del Grotto (sec. XVII-XVIII)
Prete del salernitano, strappato al vizio delle carte con il quale aveva perso ingenti somme, è ricordato in un curioso aneddoto dal Chicco: “Nell’anno 1718 fu invitato dal conte Dann, Viceré di Napoli, a giocare con l’ammiraglio inglese Binck, che lo aveva voluto sfidare. Il nostro reverendo iniziò a giocare così storditamente da perdere le prime tre partite. Rimproverandolo il Viceré, e deridendolo, Scipione rispose: ‘Vostra Eccellenza mi ha ordinato di giocare, non di vincere’. ‘No -disse l’inglese- giocate da senno’. Allora Scipione gli vinse tutte le successive partite, e Binck, che non era un volgar giocatore, non si accorse mai delle minacce avversarie se non quando dovette constatare di esser matto”.
Studioso dei finali, pare che Scipione tenesse in casa ben 14 scacchiere per esaminare all’occorrenza 14 posizioni contemporaneamente.
Domenico Lorenzo Ponziani (1719-1796)
Canonico a Modena, è uno dei “tre grandi modenesi” del XVIII secolo insieme ad Ercole Del Rio e Giambattista Lolli. Avvocato dal 1745, divenne sacerdote solo nel 1764, all’età di 45 anni, e nel 1766 da Papa Clemente XIII fu nominato canonico della cattedrale di Modena. Persona di vasta cultura, con conoscenza di varie lingue, giocatore molto parco di partite, annotò invece negli anni varie osservazioni sul gioco e nel 1769 fu pubblicata, sotto il nome di “Anonimo Modenese”, “Il giuoco incomparabile degli scacchi sviluppato con nuovo metodo per condurre chiunque fino alle finezze più magistrali”.
L’opera fu più volte ristampata nei decenni successivi, prima in Venezia e poi a Roma. Le osservazioni di Ponziani sul gioco sono ancor oggi interessanti, peccato però che l’opera non poté avere ancor più successo, come avrebbe meritato, in quanto era basata sulle regole italiane del gioco.
Luigi Cigliarano (sec. XVIII)
Don Luigi era prete in Cosenza, pertanto anche la Calabria si mise in luce nel ‘700 accanto a Napoli e Modena. Chicco ricorda le sue brillanti sfide col Battiloro, in Napoli, prima che Don Luigi si trasferisse a Roma, dove morì intorno al 1780.
Benedetto Rocco (sec. XVIII)
Di lui si sa pochissimo, se non che fu abate in Napoli e che nel 1783 pubblicò una “Dissertazione sul gioco degli scacchi agli oziosi”.
Ho tralasciato fin qui di ricordare che il gioco degli scacchi in tempi più antichi era sempre stato osteggiato dalla Chiesa cattolica, in quanto considerato moralmente dannoso. A partire dal XIV secolo però, per la sua grande diffusione fra prelati di ogni livello, iniziò negli ambienti ecclesiastici ad essere non soltanto tollerato, ma persino favorito. Restò tuttavia in alcuni settori, per parecchi secoli, una certa diffidenza verso il nostro gioco, finché un altro appassionato Papa ….
Papa Leone XIII (1810 – 1903)
…. Contribuì nell’arco della sua vita a rimuovere i residui di tale diffidenza e dedicò personalmente molto tempo agli scacchi nei suoi ultimi anni, giocando preferibilmente con Fra’ Giulio “domenicano di grande sapienza ma di temperamento caldo”.
Allorché alcuni cardinali, sia pure rispettosamente, provarono a ricordargli la diffidenza degli “antichi dottori” verso gli scacchi, egli, sorridendo, a loro si rivolse con queste parole (A.Chicco): “So quel che voi dite. E posso assicurarvi che il vescovo Pietro, che primo tuonò contro gli scacchi, e con lui il Concilio di Treves, si ingannarono. La decisione del Concilio presto cadde in disuso, e Leone X apertamente dichiarò che non c’era nulla di male a giocare a scacchi. Il fatto che Martin Lutero, suo avversario, fosse uno scacchista appassionato, non vale a modificare il mio pensiero; infatti tanto l’uno che l’altro tuonarono contro i giochi d’azzardo, mentre loro stessi giocavano a scacchi”.
Philippe Ambrose Durand (1799-1880)
L’Abate Durand insegnò dapprima retorica al collegio di Falaise, più tardi filosofia al collegio di Lisieux. Era personaggio ben noto nei principali ambienti scacchistici parigini e collaborò alla Nouvelle Régence, al Palamède, alla Sphinx e alla Stratègie. Ma la sua fama è legata alle opere preparate insieme a Jean Preti, ovvero “Stratégie raisonnée des ouvertures de jeu d’échecs” (1862) e Stratégie raisonnée des fins de partie du jeu d’échecs” (1873).
Durand lavorò in particolare intorno alla figura della “opposizione”. Non volle mai partecipare di persona a tornei in quanto probabilmente la sua austera veste di religioso gli sembrava incompatibile con la pubblicità e mondanità delle manifestazioni scacchistiche.
Francesco Madonna (sec. XIX)
Con questo cognome, il destino di Don Francesco era segnato. Parroco di Squillace, “la cura delle anime dei suoi parrocchiani non gli lasciò molto tempo da dedicare al suo gioco favorito; nei suoi ultimi anni risiedette a Montauro, dove aveva alcuni terreni; nel 1886, già quasi ottantenne, giocava ancora a scacchi, dimostrando una elasticità di mente insolita in un uomo della sua età” (A.Chicco).
George Alcock MacDonnell (1830-1899)
Irlandese di Dublino, il reverendo MacDonnell giocava spesso col nome di “Hiber” ed era noto perché la sua figura imponente metteva spesso in soggezione gli avversari. Fu fortunato per aver potuto dedicare alla sua passione scacchistica molto tempo, dal momento che i suoi superiori lo avevano relegato in una piccola e lontana parrocchia di provincia dopo che osò celebrare, nel 1872, il secondo matrimonio di un divorziato. Ma già dieci anni prima si era fatto assai valere, col suo 4° posto al torneo di Londra 1862, quando precedette nomi del calibro di Steinitz e Dubois. Sempre nel 1862 riuscì a pareggiare un match amichevole con Adolf Anderssen.
Esiste un “Attacco MacDonnell” nel Gambetto di Re accettato: 1.e4,e5 2.f4,exf4 3.Ac4,Dh4+ 4.Rf1,Cc6 5.d4,g5 6.Cc3,Cge7 7.g3
MacDonnell scrisse due operette contenenti aneddoti scacchistici: “Chess-Life Pictures” (1883) e “The Knights and Kings of chess” (1894).
Ecco una sua partita:
G.A.Mac Donnell – S.S.Boden
Londra 1861
Infine non resta che parlare di …
di … Di chi? Un momento! 16 personaggi vi ho fin qui presentato, come i pezzi di un giocatore. Chi è il 17° ed ultimo nome lo saprete soltanto domani, a partire dalle 7,00 ora di Roma, aprendo il nostro Blog. Non dimenticatevene!
Fonti:
- Adriano Chicco “Gli Scacchi e la Chiesa” in Italia Scacchistica” ottobre 1938
- A.Chicco-G.Porreca “Dizionario Enciclopedico degli scacchi”, Mursia 1971
- A.Chicco-G.Rosino “Storia degli scacchi in Italia”,
- “Rivista Scacchistica Italiana”, marzo-aprile 1904
- Adolivio Capece “Storia degli Scacchi”, De Vecchi 1973
- M.Fox-R.James “The Complete Chess Addict”, Faberv and Faber, London 1987
Estimado amigo:
Mi felicitación por este fantástico artículo !!!
Un saludo muy cordial.
José maría Gutiérrez Dopino
Un cordial saludo para ti también, Josè!
(Riccardo)