Il Caffè delle Giubbe Rosse a Firenze, Montale e gli scacchi
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(Adolivio Capece)
Probabilmente Eugenio Montale, il grande poeta ligure premio Nobel per la letteratura 1975, non sapeva giocare a scacchi e forse non conosceva neppure le regole-base, eppure come abbiamo detto nei post relativi a Clarice Benini scrisse una poesia ad argomento scacchistico.
Montale ebbe occasione di vedere all’opera dei giocatori di scacchi, anche di buon livello, quando viveva a Firenze e frequentava il Caffè delle Giubbe Rosse in piazza Vittorio (oggi piazza della Repubblica). Montale si era trasferito a Firenze nel 1927, assunto dall’Editore Bemporad e nel 1929 ebbe la nomina a direttore del Gabinetto Letterario ‘P. Vieusseux’, carica da cui venne rimosso ai primi del 1939, non essendo iscritto al partito fascista.
Il Caffè delle Giubbe Rosse era un punto di riferimento fisso per molti letterati e artisti dell’epoca, sia fiorentini sia ospiti di passaggio in città, che vi si ritrovavano verso mezzogiorno per un aperitivo.
Ma nello stesso Caffè allora c’era anche la sede del Circolo Scacchistico Fiorentino: quindi Montale poté seguire partite e tornei, magari intrattenendosi a parlare con i protagonisti del campionato assoluto fiorentino dell’aprile 1939, vinto da Stefano Rosselli del Turco (allora direttore de L’Italia Scacchistica), davanti a Vincenzo Castaldi, con Clarice Benini settima.
E se le donne scacchiste fanno notizia oggi, figuriamoci nel 1939: di certo la bella ventiquattrenne allora campionessa italiana e due anni prima seconda al mondiale femminile, era un ‘personaggio’ che non passava inosservata al Caffè delle Giubbe Rosse.
I biografi di Montale sostengono che si innamorasse facilmente e sembra quindi che ci abbia provato anche con la giovane scacchista che stupiva tutti per la sua bravura. Ovviamente non ci fu storia, non tanto per la differenza di età ma per il fatto che Montale era già ‘impegnato’, dato che aveva una storia sentimentale con Irma Brandeis (Klizia o Clizia) una giovane americana di origine ebrea, studiosa di Dante, che Montale conobbe durante il suo soggiorno fiorentino e nello stesso tempo il Poeta corteggiava anche Drusilla Tanzi, sua futura moglie.
Ma piace pensare che sia stata Clarice a dare l’ispirazione per la poesia ‘Nuove Stanze’ che fa parte del secondo libro di Montale, ‘Le Occasioni’.
Inizialmente l’Autore, in una lettera al critico ed amico Gianfranco Contini, aveva indicato come titolo ‘Amore, scacchi e vigilia di guerra’, dato che il mondo correva verso il dramma della Seconda Guerra Mondiale.
La Martinella di cui si parla nel testo è la campana di Palazzo Vecchio in Piazza della Signoria a Firenze. “Suona solo per indicare vituperio” ammoniva Palazzeschi. Si dice che il suo ‘fioco-tocco’ sia risuonato anche il 9 maggio 1938 in occasione della visita di Adolf Hitler alla città.
Ha scritto il critico Luigi Blasucci che “Nuove stanze è una lirica dalla lettura assai complessa, al centro della quale sta la figura di una donna, più precisamente della donna”.
Splendide le immagini degli Alfieri e dei Cavalli che ‘stupefatti’ magicamente osservano la ‘spirale del fumo’ di sigaretta della misteriosa giocatrice che lenta sale da un posacenere di cristallo e della ‘scacchiera di cui puoi tu sola / comporre il senso.’
Nella poesia vengono citati Alfieri, Cavalli, Torri e Pedoni (Montale scrive ‘pedine’) ma non il Re e la Donna. Il critico Silvio Ramat ha fatto notare che la Donna, dopo il Re il pezzo più importante per la sua libertà di movimento, rappresenterebbe Clizia, mentre il poeta stesso sarebbe il Re che spera di non venir messo in posizione di scaccomatto.
Che il ricordo del Nobil Giuoco sia rimasto impresso in modo vivo in Montale lo prova anche un’altra poesia della raccolta ‘Altri versi’ (Sono passati trent’anni) scritta nel 1979, in cui ricorda il Caffè degli scacchisti.
La poesia è dedicata non a uno scacchista ma al ‘patrologo’ Charles S. Singleton, letterato di fama internazionale, che Montale stesso definì “l’americano che ci spiegò Dante“, ed ebbe tra le sue allieve Irma Brandeis, alias Clizia.
Infine possiamo notare che Montale deve aver conosciuto anche Mario Monticelli, anzi quando lavoravano entrambi al Corriere della sera (Montale fu assunto a fine gennaio 1948) sembra che abbiano diviso la stessa stanza; inoltre all’inizio Montale scrisse vari articoli per le pagine dell’estero, redazione di cui il nostro campione divenne il capo.
“Nuove stanze” (1939) in ‘Le occasioni’
Poi che gli ultimi fili di tabacco
al tuo gesto si spengono nel piatto
di cristallo, al soffitto lenta sale
la spirale del fumo,
che gli alfieri e i cavalli degli scacchi
guardano stupefatti; e nuovi anelli
la seguono, più mobili di quelli
delle tue dita.
La morgana che in cielo liberava
torri e ponti è sparita
al primo soffio; s’apre la finestra
non vista e il fumo s’agita. Là in fondo
altro stormo si muove: una tregenda
d’uomini che non sa questo tuo incenso
nella scacchiera di cui puoi tu sola
comporre il senso.
Il mio dubbio di un tempo era se forse
tu stessa ignori il gioco che si svolge
sul quadrato e ora è nembo alle tue porte:
follia di morte non si placa a poco
prezzo, se poco è il lampo del tuo sguardo,
ma domanda altri fuochi, oltre le fitte
cortine che per te fomenta il dio
del caso, quando assiste.
Oggi so ciò che vuoi; batte il suo fioco
tocco la Martinella ed impaura
le sagome d’avorio in una luce
spettrale di nevaio. Ma resiste
e vince il premio della solitaria
veglia chi può con te allo specchio ustorio
che accieca le pedine opporre i tuoi
occhi d’acciaio.
“Altri versi”, 1979
Sono passati trent’anni, forse quaranta,
in un teatro baracca si riesumava
una noiosa farsa dell’aureo Cinquecento.
Ne comprendevo assai poco ma tutto il resto
era per me decifrato da un provvido amico straniero
che poi scomparve. Lo avevo già visto al Caffè
degli scacchisti. Allora non sapevo
che non esistono rebus per il Patròlogo.
Ma un nome solo sfaccettato anche se unico.
/…/